Non so se vi ricordate i vecchi film noir anni ’40 e ’50. O anche i film di guerra sempre di quel periodo, specialmente quelli della Seconda guerra Mondale. Non sto parlando dei classici, dei capolavori dove il lavoro di sceneggiatura, di regia e di interpretazione degli attori davano vita a qualcosa di unico e irripetibile. Parlo dei prodotti di bottega, quei film solidi, girati con professionismo ma che rispettavano una serie di regole non scritte ma ferree per far sì che lo spettatore si sentisse a proprio agio. Erano pellicole dove gli elementi narrativi erano ben codificati e dove non c’erano sorprese. Erano film quasi lombrosiani. Alcuni elementi caratterizzavano SEMPRE i personaggi negativi, e altri caratterizzavano SEMPRE quelli positivi. Ad esempio le brave ragazze non fumavano mai prima del matrimonio. E dopo le mogli fumavano, se capitava, solo perché nervose o perché il marito gli offriva una sigaretta. E comunque non usavano mai e poi mai il bocchino. Solo la femme fatale lo usava, femme fatale che alla fine veniva punita dal destino. Quindi, se io spettatore vedevo un’attrice usare un bocchino per fumare, sapevo che faceva parte della schiera dei “negativi”. Questo tipo di narrazione di intrattenimento rivolta alla produzione di massa, viveva di cliché. I cliché sono negativi? Beh, sicuramente sono degli elementi narrativi che nelle intenzioni del narratore aiutano lo spettatore a non perdersi nel corso della narrazione. La narrativa di genere si fonda su un uso ragionato dei cliché. Scerbanenco, uno dei padri del giallo italiano, diceva “il mio è un mondo dove tutti i baristi sono pallidi”. Ed è ovvio: i baristi sono pallidi perché lavorando di notte, di giorno dormono, quindi non prendono mai il sole. Un barista che gestisca una bettola in un quartiere malfamato e che sfoggi un’abbronzatura, come avrebbe detto Sherlock Holmes, “ci dice molto di sé”, perché va contro il cliché. Ma torniamo a noi. Come dicevo nei noir o nei film diguerra di quel periodo l’omosessualità era sempre una connotazione negativa. Nei noir i gay erano tratteggiati con atteggiamenti e movenze effeminate, e nella migliore delle ipotesi erano personaggi negativi in quanto deboli, facili prede delle pulsioni negative. E perconverso, se si voleva ammiccare allo spettatore come a fargli capire “guarda che questo è cattivo”, il personaggio o vestiva in modo troppo ricercato, o emanava un alone di “gayezza”. Pensate agli ufficiali nazisti.
Un nazista non è mai davvero romantico verso una donna, o se lo fa è perché la donna in questione è un’esponente dell’aristocraziaprussiana, perversa quanto il nazista. Ma se l’eroe di guerra alleato era maschio, virile e in grado di dominare la situazione con la forza e il coraggio, è ovvio che il nemico, oltre ad essere malvagio di per se stesso, spesso fosse tratteggiato con elementi che alludevano a una omosessualità. Anche qui era un cliché, basato su un ragionamento semplicistico ma efficace: Nella morale corrente dell’epoca essereomosessuali era negativo, i cattivi dei film sono negativi, QUINDI tra i vari cliché con cui prossimo connotarli per renderli chiaramente evidenziati come negativi dallo spettatore l’essere omosessuali (velatamente, in modo solo allusivo, ovvio) ci sta benissimo.
Salto in avanti di settanta/sessant’anni. Siamo nel 2021. Oggi succede esattamente l’opposto. Oggi se vuoi connotare n personaggio come positivo lo dichiari - o lo sveli - omosessuale. E questo non nei film di autore, o provocatori, o di “rottura”. Questo nei prodotti seriali di largo consumo. Nelle serie TV mainstream, per capirci. Primo esempio: Chicago Fire, serie TV arrivata alla nona stagione che segue le storie della Caserma 51, una caserma di vigili del fuoco di Chicago. Nel doppio episodio che chiude la settimana stagione e avvia l’ottava muore un personaggio del nucleo storico della serie. Lo sostituisce una recluta, un ragazzo di colore fresco di accademia. Il caposquadra lo prende sotto la sua tutela, e a un certo punto per rafforzare i legami con lui lo invita a bere qualcosa, dicendo “porta la tua ragazza!”. Il ragazzo dice un po’ imbarazzato “veramente… il mio ragazzo”, rivelando di essere omosessuale. Il capo squadra assorbe la notizia e ribadisce l’invito. Cosa è successo? È successo che per connotare POSITIVAMENTE questa volta un personaggio lo si è dichiaratoomosessuale. Altro esempio: The Good Fight, stagione 5 episodio 6. Le due protagoniste della serie, che segue le vicende di uno studio legale sempre a Chicago, si ritrovano vittime di una campagna denigratoria secondo cui sarebbero amanti. Bene, i proprietari dello studio legale non trasecolano di fronte alla notizia, ma guardano con maggior favore le due, perché il presunto rapporto lesbico (oltretutto interrazziale) è segno di inclusività e va a beneficio dello studio. Terzoesempio: Loki, serie TV del 2021. Loki è il dio degli inganni, personaggio A PRIORI negativo da secoli nella cultura vichinga, scandinava, e poi nei fumetti di qualsiasi casa editrice che ne abbia prodotto una versione. Nel 2021 però la Marvel decide di realizzare una serie TV in cui Loki DEVE essere positivo. Quindi? Quindi gli uffici di marketing lasciano trapelare la notizia che Loki potrebbe essere bisessuale, prendendo quella che nel mito era una connotazione negativa “Loki è talmente perverso che da mutaforma qual è si muta in giovenca per accoppiarsi con gli stalloni!”, tramutandola in connotazione positiva. Sì. Ma rimane sempre un cliché. Il panorama delle serie mainstream USA trabocca di esempi del genere. Prendiamo ad esempio White Canary o Sarah Lance, personaggio della serie Legends of Tomorrow. In questo caso l’uso del cliché gay per connotare positivamente un personaggio è paradigmatico. Sarah Lance nasce come personaggio negativo nella serie Arrow, facente parte della Lega degli Assassini. Poi muore. Torna in vita grazie al Pozzo di Lazzaro, che nell’universo narrativo DC Comics è un modo con cui i morti possono tornare in vita. Grazie a questa seconda possibilità Sarah Lance da cattiva diventa positiva. Entra nel gruppo delle Leggende, e addirittura ne diventa il leader. A questo punto per completare il passaggio da personaggio negativo/assassino a personaggio positivo la produzione decide nella terza stagione della serie di farla innamorare. Mossa normale, no? Una storia d’amore rende più facile empatizzare con il personaggio. Sarah però si innamora di una donna, Ava Sharpe, agente di una delle tante agenzie di spionaggio/controllo sociale del mondo super erotistico DC Comics. Quindi Sarah Lance completa il suo percorso da assassina a personaggio positivo (e capace di sentimenti profondi) grazie all’essere presentata come omosessuale innamorata & ricambiata. Ripetiamo per chi non voglia capire: il problema NON è la storia d’amore lesbica. Il problema è l’uso di tale elemento come cliché. SICCOME la voglio connotare in senso positivo, ALLORA la presento come omosessuale, ribaltando di 180# il cliché passato. Ovviamente il fenomeno non nasce solo nel 2021. È interessante come sia possibile individuare alcuni momenti precisi nella storia della TV mainstream in cui si è passati da cliché negativo a cliché positivo. Credo di poter dire che il punto di partenza sia stato Giustizia e Lealtà (Ain’t No Love) 13esimo episodio della 15esima stagione di Law & Order – i Due volti della giustizia, trasmesso negli USA il 12 gennaio 2005, e la prima volta in Italia il 28 dicembre 2008. Negli USA al tempo della messa in onda toccò quasi i 15 milioni di spettatori (14.69), ossia un risultato di tutto rispetto. Alla fine dell’episodio il procuratore di New York Arthur Branch licenzia l’assiste del viceprocuratore Serena Southerlyn (interpretata da Elisabeth Röhm) perché ritiene che non sia in grado di fare il suo lavoro, in quanto sarebbe troppo “morbida verso gli accusati”, e questo le impedirebbe di essere professionale nell’esaminare le prove. La Southerlyn rimane colpita dal licenziamento e chiede “è perché sono lesbica?”. Branch replica quasi offeso: “No. Ovviamente no!”.
L’episodio è rimasto celebre tra gli appassionati della serie perché l’orientamento sessuale del personaggionon era mai stato toccato prima, quindi la frase fu vista come un grossolano errore di sceneggiatura. È però interessante notare come quello che fino a quel momento sarebbe stato un elemento considerato negativo (Una funzionaria pubblica omosessuale? Impossibile!), qui viene considerato un elemento ININFLUENTE. E l’accusa “Consideri il mio orientamento sessuale un elemento talmente negativo da dovermi licenziare?”, viene respintasdegnosamente. È la prima volta che, sia pure in modo molto goffo, l’argomento emerge e fa fare un primo passo nel cammino da cliché negativo a cliché positivo. Qui passiamo da elemento negativo a elemento che non si considera.
Il secondo passaggio si ha con la serie The Good Wife e precisamente con il personaggio di Kalinda Shrma (interpretato da Archie Panjabi). La serie, durata 7 stagioni, ha debuttato il 22 settembre 2009 negli USA con 13.71 milioni di spettatori, Nelle prime sei stagioni uno dei personaggi principali del cast è stata Kalinda Sharma, investigatrice per lo studio legale Lockhart- Gardner. Kalinda è un personaggio sì positivo, ma con lati inquietanti. Capace di atti di violenza, è spesso colei che toglie le castagne dal fuoco dello studio legale, senza paura di sporcarsi le mani. È un personaggio positivo, ma vicinissima al confine con la tipologia dell’Anti-eroe. Una specie di “Mr Wolf Risolvo problemi“ ma per i buoni. Bene, Kalinda è presentata come personaggio apertamente bisessuale, e nei sei anni di permanenza nella serie spesso la vediamo in situazioni intime con donne. È interessante notare che non siamo ancora alla dichiarazione d’intenti gay = positivo a priori. Kalinda è un personaggio positivo ma ambiguo, e il suo essere bisessuale è parte di questa ambiguità. In ogni caso non deve nasconderlo. È quindi un passo ulteriore. Se nel 2005 siamo passati da negativo a ininfluente, quattro anni dopo facciamo un altro passo: da ininfluente a interessante (Kalinda è un personaggio interessante anche in virtù della sua bisessualità). Un altro elemento che merita di essere osservato sta nel fatto che nel riscrivere il cliché, se ne recuperano tutti gli stereotipi seppure di segno opposto. Sarah Lance non solo è praticamente imbattibile, è proposta come una sciupa femmine. Nessuna donna nei paraggi sembra resisterle, Regina Maria Antoniettta e la Ginevra del ciclo Arturiano,comprese. Ad alimentare questa sua capacità seduttiva c’è poi tutto il corollario di situazioni tipiche:come farebbe qualsiasi seduttore incallito si scambia occhiate di intesa coi colleghi maschi che cameratescamente rispondono con battutine complici.Ammicca suadente quando punta una preda. Sarah, uccide e seduce come un uomo. Meglio di un uomo.Qualcosa di simile, seppure in modo meno dozzinale si verifica con Kalinda, così come accade in largamisura coi personaggi femminili combattivi. Si pensi ad Atomica bionda. Il nuovo modello della donna d’azione prevede che sia tostissima e lesbica.
Fermiamoci qui perché non stiamo facendo una esegesi degli ultimi 15 anni di serialità televisiva. Il punto è che lo spostamento di senso da un cliché negativo a uno positivo è avvenuto, e lo si può rilevare. Non è una invenzione
E qui arriviamo al dunque. Il cliché, che negli intenti di chi lo usa è un elemento comodo, perché abbrevia i tempi di comprensione dello spettatore, in realtà è uno strumento troppo comodo, è indice di faciloneria. Il cliché prende UNA parte e l’assolutizza rendendola il TUTTO (volendo il cliché è una perversione della sineddoche). Tutti i baristi sono pallidi. Tutte le donne che fumano le sigarette col blocchino sono infide. Tutti quelli che usano gli occhiali da sole all’interno di una camera sono sospetti. E tutti gli omosessuali sotto sotto sono negativi. Era sbagliato, non perché nella realtà non potessero esserci omosessuali negativi, o effeminati, o che usavano camice con lo sbuffo e andavano nei locali per gay a South Manhattan. Ma perché non tutti gli omosessuali lo facevano. Il cliché prende la parte e la rende il tutto, in modo assoluto e dogmatico.
Ma allora se il cliché era sbagliato nel raffigurare la gayezza come elemento negativo, è altrettanto sbagliato quando si usa l’essere omosessuali come elemento positivo in sé. Esistono omosessuali bravi, belli, buoni ma perché sono esseri umani bravi belli, buoni, non IN QUANTO CHE SONO omosessuali.
Se l’uso del cliché era sbagliato in senso negativo, volendo conservare un minimo di onestà intellettuale, è sbagliato anche in senso positivo.
Però adesso chi glielo dice alle società di produzione cinetelevisive che fanno Rainbow Washing un giorno sì e l’altro pure?
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