Prodotto nel 2019, ma lanciato da poco, Hard Night Falling è un indiavolato action movie che, al netto di certe ingenuità di scrittura, si lascia guardare per diversi motivi. Innanzitutto il ritmo indiavolato. E poi certi personaggi tostissimi, sia nel campo dei “buoni” che tra i villain di turno.
Spicca in tal senso la presenza di un redivivo Dolph Lundgren: l’iconico Ivan Drago della saga di Rocky, che in realtà non ha mai smesso di “spiezzare in due” la gente, visti i tanti ruoli rimediati anche negli ultimi anni, è qui un agente dell’Interpol implacabile con delinquenti e terroristi ma attaccatissimo alla famiglia. Nonostante abbia ben poche occasioni di incontrare la figlia adolescente e soprattutto la moglie, quest’ultima fin troppo trascurata in passato, tanto da aver optato per la separazione. Il pretesto per rivedersi tutti verrà dalla festa esclusiva organizzata da un magnate nella sua ricca dimora in campagna, festa destinata però a finire in un bagno di sangue: alcuni criminali professionisti, dopo aver preso di mira il proprietario della villa e altri loschi imprenditori suoi amici, faranno infatti irruzione prendendo tutti i presenti in ostaggio. Vorrebbero difatti entrare in possesso di certi valori custoditi dall’ambigua e truffaldina combriccola di affaristi. Toccherà proprio all’agente Michael Anderson ovvero a Dolph Lundgren, sostenuto nell’operazione di soccorso dalla sua squadra, fare piazza pulita liberando gli ultimi ostaggi. E sarà anche un bel modo, questo, di rimettere le cose a posto con moglie e figlia...
Basica nello svolgimento, un po’ confusionaria a livello di background dei personaggi principali, la trama di Hard Night Falling paga a volte l’approccio un po’ superficiale ai dialoghi e alle situazioni di maggior complessità, relative all’intrigo internazionale che sta dietro alla vicenda. In compenso l’italiano Giorgio Bruno, che nel cinema di genere ha già una certa esperienza sia come produttore che da autore vero e proprio (suoi ad esempio lo zombie movie Almost Dead e l’inquietantissimo They Talk, uscito pochi mesi fa in sala), sa come conferire registicamente un peso alle scene d’azione, valorizzando sia la location campagnola che gli scontri tra le diverse fazioni.
Il più volte menzionato Dolph Lundgren col suo carisma calamita ovviamente l’attenzione del pubblico. Ma anche sul versante degli assalitori merita di essere assegnata qualche menzione speciale. Ci sono infatti bei volti, anzi, più giusto definirli gran brutti ceffi, proprio in quel commando entrato di forza nella villa. A partire dal duo asiatico che ne ha assunto la guida: il braccio destro del capo Jun-Ha, interpretato dall’attore di origine coreana Yoon C. Joyce, ed il capo stesso della banda, Goro. Ad impersonare quest’ultimo il gettonatissimo caratterista nipponico Hal Yamanouchi, forte della sua lunga esperienza internazionale, che appare qui assai divertito (al pari del pubblico) nel dar vita a un cattivo decisamente sopra le righe, istrionico, dotato di stile, le cui battute folgoranti tengono vispa l’attenzione dello spettatore dalla sua prima apparizione fino al pirotecnico finale.
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