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LA CINA HA NEL MIRINO TAIWAN E INTANTO PROVOCA L'AUSTRALIA

Aggiornamento: 15 giu 2021

Richiesto di un giudizio a proposito dell’Unione Sovietica durante la guerra fredda, Winston Churchill la definì: «un enigma, avvolto in un mistero». Un giudizio che risulta difficile adattare alla Cina, i cui leader hanno chiarito più volte il loro obiettivo: sostituire l’ordine mondiale liberale con uno basato sul loro sistema autocratico. Un obiettivo chiaro che la Cina sta raggiungendo estendendo la propria influenza geo-politica su quanta più Eurasia e Africa possibile.

Un obiettivo che la Cina sta perseguendo ricorrendo alla politica della carota e del bastone. Da una parte ricorrendo alla Belt and Road Initiative e realizzando grandi investimenti in ogni continente, dall’altra tornando a provocare Taiwan, considerata dal 1949 “provincia ribelle”, perché parte della madre patria sottratta alla sovranità cinese dai superstiti della fazione nazionalista capeggiata da Chiang Kai-shek, lo sconfitto da Mao Zedong nella guerra civile.

Recentemente il Global Times, il quotidiano cinese che fa capo al Partito Comunista, ha avvisato l’Australia che il suo esercito sarà il primo ad essere colpito nel caso di un conflitto su Taiwan. «L’esercito australiano è troppo debole per essere un degno avversario della Cina, e se osa interferire in un conflitto militare, ad esempio nello Stretto di Taiwan, le sue forze saranno tra le prime ad essere colpite», si legge nell’articolo.


L’articolo rende ancora più esplicita la minaccia e, per quanto citi espressamente l’Australia, è rivolto ad ogni potenziale avversario della Cina: «L’Australia non creda di potersi nascondere dalla Cina in caso di provocazioni. Il paese si trova nel raggio d’azione del missile balistico a raggio intermedio DF-26 dotato di testata convenzionale». Si tratta di un missile intercontinentale con un raggio da 3.000 a 5.500 chilometri in grado di colpire l’Australia, ma anche Giappone e Corea del sud.


Paradossalmente, la Cina non ha bisogno di esercitare la propria superiorità sul mare o nel cielo e utilizzare la forza delle armi per realizzare il disegno di riprendersi Taiwan. Alla Cina basterà convincere il suo principale avversario statunitense che il prezzo per difendere l’isola ribelle è troppo alto e così scoraggiare qualunque azione volta a reagire alle sue mire espansionistiche nel continente asiatico.


E’ stato il teorico prussiano Carl von Clausewitz ad aver stabilito che il valore di un obiettivo politico, è il risultato delle risorse che un Paese deciderà di investire e per quanto tempo, al fine di raggiungerlo. Se il prezzo della difesa di Taiwan fosse considerato troppo alto dagli Stati Uniti, o se i cinesi decidessero di spingerlo quanto più in alto consente la loro economia, i leader politici statunitensi potrebbero concludere che il mantenimento dello status quo non vale quel costo.


La domanda che si pongono i vertici politici cinesi accompagna le pianificazioni operative dell’Esercito popolare di liberazione. Essa dice: quante vite americane, quante portaerei, cacciatorpediniere o fregate, possono permettersi gli USA per mantenere il controllo del Mar Cinese meridionale e orientale? Se tali costi fossero maggiori di quanto si è disposti a sostenere, allora i leader statunitensi potrebbero aderire al precetto di Clausewitz e rinunciare da subito all’azione.


Le continue minacce cinesi, volte a stabilire l’egemonia politico-militare in Asia, rischiano di disarticolare la politica delle alleanze nel teatro e, in futuro, anche costringere un alleato consolidato degli Stati Uniti come Tokyo, a chiedersi se Washington sia in grado di mantenere davvero la promessa di difendere le Isole Senkaku, un arcipelago disabitato a nord est dell’isola di Taiwan attualmente amministrato dal Giappone.


Per ora all’aggressiva politica estera cinese basta insinuare il dubbio e intanto accrescere la propria superiorità marittima e aerea, limitandosi a condurre continue provocazioni militari. La flotta statunitense è oggi largamente superiore a quella cinese, ma coloro che sulla carta appaiono più deboli non hanno bisogno di prevalere sugli oceani. Devono solo insinuarsi nella mente dei loro nemici, distorcendo a loro vantaggio il calcolo costi/benefici.

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