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Pier Luigi Manieri

La Grazia Obliqua. Sonorità dark dal vivo, prima della zona rossa

Aggiornamento: 23 mar 2021


 

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si reinventa. Ma chiariamolo subito, bisogna averne capacità e sensibilità. Il post punk è ancora vivo, alla faccia di quanti davano quella stagione per estinta, da consegnare alla storia se non all’oblio senza eccessivi riguardi. M’imbatto nei La Grazia Obliqua, le cui tensioni musicali riflettono senza troppi preamboli le atmosfere plumbee e le sonorità algide e dolenti di divinità oscure che hanno nomi come The Cure, Joy Division, Bauhaus combinate con la sintesi elettronica di Depeche Mode e Softcell. Nei testi riecheggia un certo lirismo epico che non è estraneo ai primissimi Litfiba e CCCP, ma nel complesso, il tutto, parole e musica risulta personale con un marcato rimando alle radici e all’identità, il che non è poco. Hanno all’attivo un discreto numero di concerti, 2 ep rispettivamente pubblicati nel 2017 e nel 2018, un cd uscito nel 2019 “Canzoni per tramonti e albe al crepuscolo dell’Occidente”, un altro ep pubblicato nel 2020 intitolato “Oltre” (che a breve stamperanno anche in vinile) e sono in piena lavorazione del nuovo album “Canzoni d’amore e morte e altri eventi accidentali” che uscirà, emergenza Covid permettendo, nella seconda metà del 2021. In mezzo, jam session di valore come quella con Paolo Taballione dei leggendari Carillon del Dolore.


La Grazia Obliqua sono: Alessandro Bellotta (voce e chitarra acustica), Alessandra Trinity Bersiani (tastiere, voce, flauto, programming e percussioni), Massimo Bandiera (basso e voce), Gianluca Pinelli (chitarra), Valerio Michetti (batteria). Domani (sabato 13) si esibiranno al RedRock Via del Casale Santarelli 123/c, Roma. Ingressi contingentati in base alle disposizioni vigenti riguardo le attività di intrattenimento e somministrazione cibo e bevande, quindi prenotazione consigliata. Il concerto si terrà in orario pomeridiano. Come ogni mezzo d’informazione che si rispetti, approfondiamo la notizia e per farlo, ne parliamo con Valerio.

Ciao, per quelli che non vi conoscono ancora, facciamo un po’ di storia magari partendo dal nome

Ciao Pier Luigi, mah… sai che in realtà noi non spieghiamo mai il nostro nome? Lasciamo alle suggestioni di chi ci ascolta il gusto di creare un proprio immaginario evocativo e più rappresentativo, La Grazia appartiene a tutti in maniera trasversale, Obliqua, se preferisci…

Uhm… un alone di sintomatico mistero… tu sei membro fondatore?

Sì, un cammino piuttosto lungo in cui vari musicisti hanno attraversato La Grazia Obliqua comunque, ci sono state diverse fasi creative, io appartengo al momento fondante in cui la line up dell’epoca decise di scrivere materiale originale di proprio pugno, da allora sono cambiati alcuni elementi del progetto però l’attuale formazione: Alessandro Bellotta, Alessandra Trinity Bersiani, Massimo Bandiera, Gianluca Pinelli e il sottoscritto Valerio Michetti, è rimasta stabile (e per me è la migliore) già dalla seconda metà del 2019

La New Wave, nelle sue declinazioni, dark, new romantic , sinth pop, è un genere che ha ancora qualcosa da dire? Le vostre influenze?

La New Wave e il Dark sono generi musicali interessanti e ancora validi se declinati attraverso la propria sensibilità artistica e contaminati con altre influenze, perdono valore quando manieristicamente si riducono a sterili esercizi di stile, fotocopie prive di originalità, il già sentito è sempre la morte della musica per me. Le nostre influenze sono molteplici, abbiamo tutti un background davvero eterogeneo, io posso raccontarti i miei riferimenti che vanno dai Bauhaus agli Who passando per Bela Bartok, Miles Davis e i CSI.


Da batterista, i tuoi riferimenti personali? Copeland, Moon, Collins, Taylor, Mason...

Come batteristi i miei amori sono tantissimi ma su tutti: Joe Morello, Tony Williams, Lenny White, Keith Moon, Phil Collins, John Bonham, Carl Palmer, Bill Bruford, Gene Hoglan, Sean Reinert, Danny Gottlieb, Mark Giuliana La poetica a chi guarda? E quali tematiche vi interessano maggiormente e perché?

La nostra poetica racconta lo sguardo che abbiamo sull’uomo e il mondo che lo circonda, i testi sono scritti maggiormente dal nostro cantante Alessandro Bellotta che è l’autore principale, poi da me che spesso collaboro e da Massimo Bandiera... ci rivolgiamo a chiunque voglia ascoltare pensieri liberi, punti di vista senza pregiudizi e non abbia timore di abbandonarsi al potere salvifico della parola

Veniamo dal Sanremo senza pubblico, che ne pensi della vittoria dei Maneskin?

Non penso un granché della vittoria dei Maneskin a Sanremo, non è il tipo di musica che mi piace, sono prodotti validi dal punto di vista commerciale e ben costruiti ma per me appartengono più alla tv dei talent show che alla musica, se sono in gamba faranno altro e ce li ricorderemo fra 10 anni sennò saranno stati l’ ennesimo fenomeno pop effimero che al prossimo Sanremo tutti diranno di non ricordare chi aveva vinto l’anno precedente, per me un riferimento di successo duraturo, tanto commerciale quanto di contenuti artistici, sono i New Order, giusto per dire un nome, ecco quella per me è una carriera musicale degna di considerazione


Mah… personalmente non sarei così drastico, il talent (che in assoluto non mi appassiona per non dire che lo detesto, specie per tutto il plot lacrimevole e da lavata di panni che lo anima, ma questo è il mio gusto personale) è solo un mezzo, come poteva esserlo il Cantagiro. Dipende con quale storia musicale ci arrivi. Ovvio che per una questione di numeri, le gemme sono sempre in un numero di molto inferiore alla fuffa, ma questo è nelle cose. Nel loro caso, sanno suonare, sul palco si muovono con sicurezza, i testi hanno degli spunti, sono ancora molto giovani. Ho la sensazione che nei loro confronti ci sia una certa prevenzione. Quanto al tuo esempio, ti meriti un bravo! I New Order non si ricordano mai abbastanza (e ritorniamo ai Joy Division). Chiusa la digressione, rientriamo a bomba: il concerto in versione diurna che sensazioni ti dà?

Nessuna sensazione in particolare, un palco è un palco, sempre...


Uhm, laconico ma con le idee chiare. Per me, che se escludiamo i mega set tipo live Aid, i concerti li ho sempre visti immerso nel buio, ed è così che li concepisco, questa soluzione del pomeridiano è una necessità che diventa virtù ma un certo effetto straniante lo percepisco. Ma è anche vero che è pur sempre una possibilità e chissà che magari, una volta in pianta stabile non diventi un modo diverso ma comunque piacevole di assistere ad un live. In ogni caso, da lunedì è di nuovo zona rossa, perciò ogni lasciata è persa. Chi ha orecchie per intendere…

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