Il 14 novembre 2021 i Maneskin sono arrivati primi nella categoria migliore gruppo Rock ai MTV European Music Award (EMA) 2021, superando gli altri contendenti, ossia Green Day, Liam Gallagher, Pearl Jam, Tame Impala e The Killers.
È interessante notare che negli ultimi dieci anni i vincitori della categoria sono stati Thirty Seconds to Mars (2010), i 5 Seconds of Summer (2019) e poi i Green Day con due vittorie (2015 e 2019), Linkin Park con tre (2011, 2021, e 2014) e Coldplay con quattro (2015, 2016, 2017, 2020). Parliamo di gruppi punk-pop (i Green Day), Power pop (Coldplay), o ex Nu Metal passati a un pop rock più classico (Linkin Park) che dominano le classifiche mainstream (pensiamo a Viva la Vida dei Coldplay o Wake me up when september ends dei Green Day). Tutti i vincitori dei MTV EMA degli ultimi dieci anni sono gruppi che in carriera hanno venduto milioni di copie. I Green Day oltre 75 milioni, Linkin Park e Coldplay hanno superato 100 milioni, mentre i Thirty Seconds to Mars e i 5 Seconds of Summer ad oggi rispettivamente circa 30 e oltre 15, il che ovviamente è di ottimo auspicio per i Maneskin.
E venendo al titolo: Greta Van Fleet. Sapete chi è? Nessuna. O meglio, nessuna di vivo. È un gruppo di classic rock USA che prima della pandemia aveva ridato vita all’annoso dibattito che ciclicamente dal 1976 agita il mondo degli addetti ai lavori USA, UK e nostrani: ma il rock è morto, sì o no? E se è morto, perché cavolo si rifiuta di ammetterlo e cerca sempre di risorgere?
I Greta Van Fleet, gruppo composto da giovanissimi che amano sonorità alla Led Zeppelin e hard rock anni ’70, e non si vergognano di suonarle hanno avuto un buon successo col primo disco, e a quel punto la critica ha iniziato a dividersi nei soliti due campi: gli estatici adoratori dei novelli messia, e gli spietati detrattori dei ridicoli rimasticatori di pietanze ormai andate a male.
Ok, ma cosa c’entra questo con i Màneskin potreste chiedervi? Un po’ di pazienza, e tutto vi verrà chiarito.
Cos’era l’intrattenimento nel 1951? Un industria. Tin Pan Alley sfornava canzoni seguendo formule precise, che incontravano i gusti immediati di chi voleva qualcosa di facile consumo, gradevole e rimpiazzabile rapidamente con qualcos’altro di ugualmente gradevole e di facile assimilazione. Idem per Hollywood e Broadway. La struttura dell’industria dell’intrattenimento era militare, rigida, dogmatica. SI fa quel che si è sempre fatto, perché quel che si è fatto finora ha prodotto ricchezza, grazie al pubblico che lo gradisce. Colpi di testa e anarchia non sono bene accetti.
Cos’è l’intrattenimento nel 2021? Un’industria. Non esistono più centrali uniche di produzione come potevano essere all’epoca Tin Pan Alley per le canzoni, Hollywood per i film e Broadway per le commedie musicali, ma la struttura è la stessa. Si produce quel che il pubblica consuma, perché è dal consumo reiterato, costante, e sempre maggiore che arrivano i ricavi. Ai tre centri di produzione poi se ne sono aggiunti altri: la TV, Netflix, lo streaming, Internet… ma il concetto è sempre lo stesso: qui si lavora, non si sta a perdere tempo.
Quindi da un lato abbiamo l’industria e dall’altro il pubblico. Solo che crescendo e cambiando il pubblico, perché gli stimoli dell’ambiente in cui è immerso il pubblico lo fanno mutare, anche l’industria deve sempre stare sul chi vive, e adeguare la sua produzione ai gusti della gente. E questo procedimento non è lineare. È qui che si innestano i vari fenomeni culturali che cambiano i contenuti prodotti dall’industria dell’intrattenimento. Dalla mistura tra tendenze culturali, sociali, progressi tecnologici, inventiva musicale, creatività del singolo ogni tanto emergono come per magia nuovi modi di fare intrattenimento, che tentano di intercettare i nuovi gusti del pubblico. Alcuni durano lo spazio di un mattino, altri diventano tendenze, e pochi danno vita a nuovi generi destinati a durare nel tempo e ad adattarsi al mutare die gusti del pubblico. Il rock è stato uno di questi. Nato con Bill Haley ed Elvis Presley è ancora vivo, malgrado molti critici lo ritengano ormai morto e incapace di dire nulla di nuovo.
Attenzione: anche il rock è industria. Non è pura e semplice espressione della creatività individuale, come potrebbe dire Kant nella sua Critica del Giudizio. Il rock entrando nel mondo dell’intrattenimento a pagamento diventa lavoro che produce salario per chi lo fa e, in caso, ricavi per chi lo gestisce e lo commercializza.
I Màneskin quindi sono in questo processo. Non sono un gruppo di amici che suonano in spiaggia la sera davanti al falò. Hanno deciso di entrare nella struttura industriale di produzione di intrattenimento per il grande pubblico, accettandone pregi e difetti, libertà e limiti.
Cosa c’entrano i Greta Van Fleet però? Perché il dibattito sui Màneskin per chi segue il mondo del rock non è nulla di nuovo. C’è sempre qualcuno che guarda Tizio e dice “vabbè, ma è tutto copiato da XXXX e YYY”. E in gran parte è vero. Una delle frasi fatte più usate dai critici è “Ormai non c’è più nulla di originale. È tutto una copiatura di qualcos’altro”. Può essere, o forse la frase andrebbe tradotta nel vero senso “A me questa cosa non piace, perché non la capisco/ mi fa sentire vecchio/ mi fa ricordare quando ero ragazzo e divento triste”. Nei critici musicali italiani, quasi tutti over 50, c’è molto di Egò, il critico gastronomico di Ratatouille, che schifava tutto quel che mangiava, perché perso nel ricordo sognante della ratatouille della mamma. La critica musicale italiana spesso e volentieri soffre della Sindrome della Madeleine di Proust.
Ora i Màneskin vincono all’Eurovision Song Contest (ESC), e la cosa non va bene. Come si permettono di vincere mezzi nudi, così androgini, così… sguaiati, mentre il Volo non c’era riuscito con lo smoking e il cravattino e il bel canto all’italiana? O Mahmood, così perfettamente politically correct? Non è bello. Ma se queste obiezioni sono stupide (e lo sono) lo è anche la posizione di chi dice “i Maneskin hanno finalmente portato il rock nell’ESC!”. È dal 2006 quando i Lordi, gruppo hard rock finlandese, hanno vinto l’ESC in Grecia che il rock è presente sul palco dell’ESC, anche nelle declinazioni goth, dark, industrial e hardcore. Solo che finora non aveva mai vinto, ma c’era. Inoltre non è nemmeno storicamente corretto dire che i Maneskin abbiano portato il sesso sul palco dell’ESC, con tutine di pelle aderenti, petti nudi e sudore. Rapportato ai tempi quando nel 1981, nell’edizione di quell’anno dell’ESC i due componenti maschili dei Bucks Fizz tolsero in diretta televisiva la gonna alle due ragazze del gruppo inglese, lasciandole in body nel corso della canzone Making your mind up, provocarono uno sconcerto molto maggiore dei Maneskin nel 2021.
E quando David Bowie nel corso dello Ziggy Stardust tour nei primi anni ’70 si inginocchiava davanti al chitarrista Mick Ronson, lasciando intendere indicibili rapporti tra l’androgino alieno e il suo fedele musicista, eravamo (e siamo ancora) anni luce avanti a qualsiasi provocazione di questi quattro ragazzi del 2021.
Iggy Pop, ai tempi in cui era l’Iguana, si abbandonava a performance con gli Stooges che oggi provocherebbero la chiusura immediata di qualsiasi sala di concerti. E se oggi Mick Jagger, ricco e arzillo pensionato 80enne, si diverte a suonare dal vivo con quattro nipotini italiani che lo omaggiano nelle movenze, quando lui, Jim Morrison, Elvis Presley o Ozzy Osbourne avevano 20 anni il palco andava a fuoco, e Las Vegas era adatta solo a cantanti come Tom Jones o Liberace.
Solo che come si diceva il rock è industria, e chi accetta di giocare il gioco del rock allora oggi lo deve fare rispettando le regole dell’industria, e le regole sono chiare: nel mainstream non esiste trasgressione, non esiste alternatività, non esiste rottura degli schemi. Esiste il mercato, e quando enti nel mercato, giochi secondo le sue regole. Ed è il mercato che ti assegna un ruolo.
I Màneskin oggi svolgono questo ruolo. Fanno rock glam, proponendo cose (oggettivamente già sentite dai critici ultra 50enni) a un pubblico di 15/20enni per cui sono nuovissime. Ed è giusto che sia così. Non c’è nulla di male nel dare al pubblico quel che il pubblico vuole. Il problema è che quando il pubblico vorrà qualcosa di diverso o ti evolvi cambiando te stesso e musica che proponi, o rimarrai con un seguito di fedelissimi che via via diminuirà fino a ritrovarti nel calderone della “nostalgia”.
Rolling Stones, Status Quo, AC/DC…loro sono riusciti a resistere 50 e passa anni proponendo sempre la stessa formula. Ma tutti gli altri, ovunque, a un certo punto si sono evoluti, hanno provato a cambiare, ampliando orizzonti e tentando strade nuove. Sarà lì che si vedrà se è il mercato a decidere che hai fatto il tuo tempo, o potrai farti valere.
Godetevi il successo Màneskin. Solo un consiglio: estote parati.
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