Da ieri, giovedì 16, a sabato a 18 dicembre, il palco del prestigioso teatro di Testaccio, ospita la tappa romana del nuovo spettacolo di Marco Predieri “Il Costruttore di Valigie”,scrivere di uno spettacolo di cui si è curata la regia è probabilmente un inedito che ci concediamo perché in casi come questo, è al servizio del testo di un attore che ha fortemente personalizzato lo spettacolo. Parlarne con lui è quindi una sorta di appendice delle tante conversazioni che hanno accompagnato questa esperienza umana e professionale.
Cosa ti ha spinto a pensare e poi a realizzare questo spettacolo?
Ho scritto questo spettacolo durante il secondo lock down, forse spinto non solo da un'esigenza di tornare in scena anche "in sicurezza" se vogliamo (da ipocondriaco uno spettacolo da gestire in due era la soluzione meno invasiva), ma, battute a parte, soprattutto da un bisogno che già comunque stava nascendo in me, da prima, quello di raccontare un po' più me stesso direttamente e non solo attraverso i personaggi che vesto in scena. Non raccontarmi per un fatto di ego, per carità, anche se non escludo che possa influire, ma piuttosto perché volevo capire e aiutare se sia ancora possibile che emerga in noi il desiderio di farsi narratore della vita, e suo osservatore, in un tempo congruo, senza cioè corse e mediazioni tecnologiche, un tempo che forse ormai solo il teatro e incontrarsi qui di persona ci può offrire. Sicuramente il forzato distanziamento, la perdita di una funzione sociale di noi attori e viaggiatori della storia umana, nei mesi di assenza dalla quotidianità, dalla società civile, ha reso questo mio desiderio una necessità. Con un pizzico di immodestia considero questo spettacolo un po' una mia personale maturazione umana e artistica, anche grazie alla regia di Francesca Nunzi che lo ha impreziosito... Ma forse è anche un modo facile di sfruttare il pubblico per confessarmi e risparmiare i soldi dell'analista... Ovviamente scherzo. Ma è un po' anche un'auto analisi, tra serio e faceto, con momenti anche di grande ironia
Cosa pensi che vogliano mettere nella loro valigia i giovani d’oggi, specie quelli che vogliono intraprendere questo mestiere?
Beh... intanto spero che ancora esistano dei ragazzi che abbiano voglia e passione di scoprire il teatro e i suoi linguaggi non solo per soddisfare la voglia di salire in scena ma il bisogno di farsi affascinare da questa magia che esiste da che l'uomo ha iniziato a stare ritto sue due zampe e a raccontare se stesso. Poi cosa vorrei che mettessero i giovani di oggi nelle loro valigie? Domanda complessa ma forse lo è meno la risposta. Curiosità. Pare banale, ma in una società che in un click offre già tutte le risposte il rischio è che prevalga la pigrizia anche verso la voglia indagare, scoprire, capire il mondo attorno a noi. E oltre alla curiosità vorrei che recuperassero il tempo... Tempo per se stessi, tempo per capire, tempo per formarsi e maturare. Anche questo oggi che si può diventare "famosi" in pochi giorni perché si azzecca un balletto su tick tock non è affatto scontato. Si bruciano le tappe, ma non si costruisce più è il rischio poi per questi ragazzi è che presto arrivi anche la botta della disillusione. Ecco in scena racconti anche questo e lo faccio con l'amore di un uomo, ornai, anche se eterno bambini, che avrebbe voluto essere padre ma il destino, per ora gli ha riservato altro... In questo altro però c'è quella forza comunicativa che ho bisogno di liberare e mettere a disposizione.
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