E così la scrittrice ha colpito ancora. Recupera uno dei suo cavalli di battaglia, il disimpegnante Cattolicesimo. Dopo San Giuseppe “maschio beta”, punta la bersaglio grosso. Quello che garantisce i titoli sui giornali. Michela Murgia contro Gesù! Titolo da B movie per un personaggiƏ minore. Cosa la spinga a consegnarsi mani e piedi allo sberleffo è un mistero che neppure la mitomania può svelare nella sua interezza.
Pensiamo che per spiegare Michela Murgia, ammesso che sia di qualche interesse farlo, sia necessario ricorrere a Lombroso. Difficile, altrimenti, dare un senso logico al pensiero della scrittrice sarda. Michela Murgia è sciatta esteriormente non meno di quanto lo sia nei suoi processi dialettici. Sì dirà, ma come? È malata, attaccarla sull’aspetto è da meschini. Esattamente. È da meschini. Occhio per occhio. La sofferenza dovrebbe essere del resto, un’opportunità per sciogliere certe convinzioni costruite sul pregiudizio ma in lei non sembra albergare alcun ripensamento. Ma quel che è peggio è che la sua è una polemica talmente bassa dal negarle persino il titolo di eretica. Un pensiero privo di struttura, privo di estetica, nell’accezione di bellezza, del tutto estraneo all’etica. Michela Murgia si esprime per slogan. Sarebbe probabilmente stata un ottimo copy writer se solo avesse chiaro che l’intento non è quello di scoraggiare ma di avvicinare. Vero è che la psicologia inversa procede proprio per contrapposizione ma immaginare che possa essere il suo caso è praticamente impossibile. Le va riconosciuto di essere fortunata. In nessun altro contesto storico avrebbe trovato spazio su La Stampa. Giulio Anselmi non lo avrebbe concesso. E di certo non sotto Arrigo Levi, che da ebreo e comunista non banalizzava il concetto di culto. Neppure con Carlo Rossella, che veleggiò disinvoltamente da sinistra a destra ma mai da sprovveduto. Invece con Giannini, sì. Giannini dà sovente la sensazione di essere una quinta colonna. Un sabotatore scaltro e diabolico. Se ne sta lì, sulla poltrona più alta, col recondito intento di affossare La Stampa in modo irreversibile. Solo così si spiega la quantità di interventi autolesionisti, solo così ha una sua ragione l’ospitalità offerta a profusione a un personaggio talmente gretto dal risultare patetico come Michela Murgia. Resta irrisolto il dilemma.
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