Le rivoluzioni possono prevedere “l’assalto al Palazzo d’inverno”, la minaccia di trasformare “l’aula sorda e grigia in un bivacco per i miei manipoli” e il putsch che si muove in corteo partendo da una birreria.
Quanto è accaduto Washington con l’assalto a Capitol Hill, presenta singolari analogie con ciò che è all’origine di tre movimenti che in Europa sono saliti al potere ricorrendo alla violenza levatrice di storia.
Purtroppo, come diceva il filosofo Karl Marx, che fu l’ispiratore di una di queste rivoluzioni: “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”.
Storicamente, il ricorso alla forza trova una giustificazione in ogni movimento rivoluzionario. Quando contribuisce a rompere lo status quo e per ciò stesso viene mitizzata come il momento fondativo di una rivoluzione.
Mai si era visto prima, un moto di piazza svilupparsi al termine di una “rivoluzione”, quando il suo leader sta per uscire di scena. Ricorrendo allora alla sociologia, ciò a cui abbiamo assistito è una profezia che si auto avvera.
Secondo il sociologo statunitense Merton, «una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l'avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità».
Con due apprendisti stregoni ad evocare questo bruttissimo finale di partita: Donald Trump e i mass media. Il primo ha, forse, bruciato in poche ore la sua eredità politica e minato il partito che lo aveva portato alla Casa Bianca ma che da lui ha progressivamente preso le distanze contribuendo a creare le premesse per l’affermazione di Biden. Il quale, da bravo democratico ha dimenticato di riconoscergli l’onore delle armi ma piuttosto, ha proseguito coi toni che ne hanno contrassegnato l’intera campagna elettorale.
Quanto ai media, i “guardiani della democrazia” potranno finalmente deporre le armi e tornare ad osservare distaccati e assolutamente scevri da pregiudizi l’operato del nuovo presidente.
Grazie alla duplice vittoria in Georgia, Biden potrà ora governare contando sulla maggioranza nei due rami del Congresso e con una opposizione frastornata e giustamente timorosa di allargare la frattura con il Paese.
Del resto, dopo il collasso di Trump è proprio la necessità di un rapido ritorno alla normalità ad imporci di tornare subito ad avere notizie sul ripristino dell’orticello della Casa Bianca e sui due pastori tedeschi di famiglia.
Solo così il mondo sarà salvo e potrà tornare a dormire sonni tranquilli.
P.S. Quanto alla “vulgata” dei brogli elettorali, giova ricordare che si tratta di una costante delle elezioni statunitensi, se è vero che già nel 1849, il grande scrittore Edgar Allan Poe pare sia caduto in mano a procacciatori di voti.
Il 3 ottobre 1849 a Baltimora, si votava il rappresentante dello Stato del Maryland al Congresso e la campagna fu condotta dai partiti attraverso metodi che prevedevano il sistematico ricorso ai brogli.
Del resto, non c’erano elenchi elettorali: bastava presentarsi a un seggio e giurare di non aver ancora esercitato il proprio diritto di voto, per cui ciascun elettore può potenzialmente, votare più di una volta.
Ubriacato nelle bettole che fiorivano attorno ai seggi, Poe fu portato in giro a votare più volte, fino a quando in preda ad una crisi di delirium tremens fu abbandonato per strada, morendo pochi giorni dopo. Vittima della sua dipendenza e della democrazia americana.
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