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Rublo, la mossa di Putin

Aggiornamento: 15 apr 2022


All’orizzonte si sta materializzando una guerra nella guerra: la guerra dell’energia.

A rimetterci saranno principalmente i Paesi non autosufficienti. L’Italia è uscita a suo tempo dal nucleare. In realtà, il nucleare lo ha comunque ma in modo passivo, le centrali francesi sono a pochi passi dai nostri confini. L’Italia non trivella il suo tratto di Mediterraneo. Lo lascia perforare dagli Stati che vi si affacciano. Si estrae persino in quella vasca da bagno che è l’Adriatico, come sta facendo appunto, la Croazia. L’Italia a propulsione PD ha cartolarizzato, dismesso, svenduto, privatizzato le sue aziende nel settore energetico, una linea politica miope che ha badato al presente ma non al futuro. E il futuro sembra essere arrivato. Sembra che l’ iniziativa di Putin di pretendere pagamenti in rublo abbia colto di sorpresa Draghi. Il che se fosse vero, sarebbe sorprendente visto che per tutta la vita si è occupato di denaro e cambi valutari. La Merkel è forse anche più sbalorditiva. Ha dichiarato che “Non è corretto modificare termini contrattuali precedenti al conflitto”. Come a dire che ci si può isolare economicamente, culturalmente, sportivamente, politicamente, ma non sul piano finanziario. Per quello valgono gli impegni presi precedentemente. Germania e Italia sono i due principali clienti della Gazprom. Le reazioni di entrambi, inteneriscono per l’eccezionale ingenuità che sottendono. Le sanzioni e gli embarghi rendono carta straccia sia il dollaro che l’euro, le due valute con cui la Russia ha finora accettato di essere pagata. Insomma, nella partita a scacchi tra Russia e resto del mondo, mosse e contromosse si susseguono incalzanti. Quella russa è un inedito assoluto, e lascia pensare che l’Europa sia caduta nella rete che essa stessa ha lanciato. Non possiamo fare altro che attendere le contromosse di Bruxelles e NATO.


Un mese fa il ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani, dichiarava “Nel 2021, l'Italia ha consumato 71,34 miliardi di metri cubi di gas, di cui il 37,8 per cento in arrivo dalla Russia attraverso i gasdotti che hanno la loro porta di ingresso al passo del Tarvisio. Il secondo fornitore è l'Algeria, con una quota del 28,4% attraverso il gasdotto sottomarino che approda in Sicilia a Mazzara del Vallo. Il Mare del Nord contribuisce ormai con una piccola quota (2,4%) così come il gas che proviene dalla Libia (4,3%, porta di ingresso a Gela). Negli ultimi anni hanno assunto sempre più importanza il Gnl, dopo la realizzazione degli impianti di Livorno e Rovigo che si sono aggiunti allo storico rigassificatore di La Spezia. Rovigo è il più importante, qui arriva il gas dal Qatar e ormai copre il 9,8% del fabbisogno italiano. Quote inferiori per Livorno e La Spezia, entrambi all'1,4%. “


Dalla Libia solo il 4%, una quota ridotta decine di volte rispetto alle importazioni precedenti al 2011, anno che segnò la caduta del regime di Gheddafi, e anche dei nostri interessi in quel Paese.

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