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The covenant: legame promessa impegno. Disponibile su Prime Video

Pier Luigi Manieri

Aggiornamento: 12 nov 2023

Il sergente John Kinley è a capo di una unità che dà la caccia ai fabbricanti di bombe talebani, durante  il conflitto in Afghanistan. Dopo la morte del suo, gli viene assegnato un interprete, Ahmed, molto bravo ma dal carattere non facile. Dopo averlo esaminato Kinley  punta su di lui. L’interprete è un tipo sveglio che sa il fatto suo tant’è che risolve più di una  situazione critica.  La più critica di tutte, al punto da segnare lo snodo della vicenda, è  una fuga attraverso il territorio sotto il controllo talebano. Una marcia forzata ai limiti delle possibilità ma grazie alla quale porterà in salvo se stesso e il sergente, rimasto ferito durante uno scontro a fuoco.


Ritchie più Gyllenhaal è una coppia capace di tutto, anche di sovvertire i canoni del cinema bellico di matrice biografica degli ultimi 20 anni. La regia minimizza il rigore della camera fissa e si concede movimenti di macchina cinematografici ed efficaci. Indugia su ampie inquadrature e rinuncia all’estetica documentaristica e da reportage. La fotografia è intensa e suggestiva ma non satura. La stessa colonna sonora si sottrae a quelle sonorità stranianti e dilatate volte a restituire la suggestione alienante dei desertici teatri di guerra che convenzionalmente contrassegnano questo genere di titoli. Il contrappunto scritto da Christopher Benstead è a tutti gli effetti un felice ritorno al componimento strutturato per assecondare le diverse fasi del film.


Guy Ritchie confeziona una mirabile parabola sull’onore, mette in scena dei personaggi che se non esistessero realmente, andrebbero inventati. In questo film di guerra, il conflitto tra americani post 11 settembre ed estremismo islamico passa in secondo piano per lasciare campo alle rese dei conti personali. Hamed  è troppo scaltro, risoluto e bravo nell’uccidere per essere solo un meccanico. Infatti è un ex trafficante di eroina a cui i talebani hanno ucciso il figlio. Con John stringe un patto tra uomini veri, basato sulla sopravvivenza di entrambi. 


Quando John si risveglia in un letto d’ospedale e da lì, col congedo e medaglie fa ritorno a casa dalla moglie e i figli, il film vira verso l’action. e sposta il punto di vista su di lui. L’eroe a stelle e strisce non si rassegna alla burocrazia, non si rassegna alla ragion di Stato. Il sergente Kinley non riesce a dormire perché avere onore non è una cosa che si può scegliere. Per fortuna sua e anche per quella di Hamed, anche la signora Kelley ne è piuttosto fornita. A questo punto John agisce. Presenta il conto al suo colonnello, al quale ricorda di aver salvato la vita. E poi fa quello che sa fare meglio. Se per Gyllenhaal questo è il secondo film di guerra dopo Jarhead per Ritchie è l’esordio assoluto. Questo film di un Guy Ritchie maturo, lontanissimo dal British pulp di Lock’n & stock, Rockrolla e dalle vorticose suggestioni vittoriane dei suoi Sherlock Holmes, vira su un cinema più intenso. Sospeso tra autorialità e intrattenimento.


Si parlava di onore, quello che non hanno avuto gli USA abbandonando l’Afghanistan al suo destino è condannando a morte più di trecento interpreti e le loro famiglie, a cui avevano promesso il visto, nel silenzio della comunità internazionale. The Covenant che come recita la didascalia che chiude questa magnifica opera, significa legame, promessa, impegno rende loro giustizia.


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