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Brahmāstra: Part One - Shiva Sbarcato anche in Italia l’immaginifico kolossal sfornato da Bollywood!

Aggiornamento: 4 ott 2022


Da un po’ di tempo c’è una novità nel circuito UCI di cui non sono in tanti ad essersi accorti. E tra quei pochi, dettaglio non trascurabile, la maggior parte - pur vivendo in Italia - risulta originaria del subcontinente indiano. Ci riferiamo al fatto che sale come quella di Parco Leonardo, presso Fiumicino, periodicamente propongono un po’ in sordina alcuni tra i più allettanti lungometraggi prodotti negli ultimi anni a Bollywood, destinati comunque a sostare nella multisala un giorno, al massimo due. Strana operazione commerciale, che però qualche domanda finisce per portela, se ti fai catturare da tale rito: come mai, ad esempio, si fa tanta fatica da noi a distribuire regolarmente gli esiti più pirotecnici di una cinematografia come quella indiana, per certi versi più creativa e ricca di soluzioni narrative di tante produzioni mainstream, visibilmente stanche, ripetitive e standardizzate, che si realizzano oggigiorno in Europa o in America? Tale interrogativo richiederebbe un approfondimento serio e meticoloso. Qui ci limitiamo a constatare che, quando all’UCI di Parco Leonardo importano qualche esotico blockbuster targato Bollywood, il più delle volte ci si rende conto all’istante di essere gli unici “occidentali” in sala, attorniati da sparuti gruppi di giovani o da intere famigliole i cui tratti somatici parlano chiaro: India o terre limitrofe. Ed è stato così anche lunedì 12 settembre, quando ci siamo imbattuti nell’immaginifico, scoppiettante Brahmāstra: Part One – Shiva.


Il film di Ayan Mukerji, cineasta piuttosto giovane ma con diversi successi commerciali alle spalle (a partire dal lungometraggio d’esordio Wake Up Sid, vincitore inoltre di diversi premi) presenta poi un ulteriore motivo di interesse: l’essere il primo capitolo di un’ambiziosa trilogia, per la quale (a riportarlo sono ovviamente siti in Inglese o in lingua Hindi) si stanno addirittura ipotizzando spin-off e altre estensioni di uno specifico “universo cinematico”, già ribattezzato Astraverse; tutto ciò emerge dalle particolari coordinate di una saga action-fantasy che ha nella lotta per il possesso degli Astra, potentissimi oggetti di origine soprannaturale e correlati infatti ad analoghe armi presenti nella mitologia Hindu, il proprio fulcro. Ecco, questi brevi cenni possono far subito intuire un aspetto che ci ha galvanizzato parecchio, nel corso della visione: cogliere cioè la volontà di fare il verso alla Marvel e più in generale ai cinecomic d’oltreoceano, inserendo però nei passaggi chiave del racconto chiari riferimenti alla Tradizione, sia essa quella Induista oppure altre di origine sempre asiatica. La cosmogonia tracciata nel prologo rimanda in qualche misura a quel mondo. Divinità come quella dea Kālī che da una prospettiva diversa era nota anche a Salgari fungono da ispirazione, in determinati frangenti, per i personaggi principali. E il protagonista non a caso si chiama Shiva. Stando alle dichiarazioni del regista, alcuni tratti di tale eroe sono legati anche a Rumi, grande poeta persiano, le cui massime pare abbiano in parte contribuito a costruire la poetica della nascente trilogia.


Bollywood però vuol dire anche musica, danza, coreografie fantasiose. E ciò che rende particolarmente godibile la visione di Brahmāstra: Part One – Shiva è pure il passare repentinamente, con disinvoltura, da sequenze d’azione tinte di soprannaturale degne in ciò di far concorrenza alla Marvel, tanto da uguagliarne o persino superarne l’impatto visivo e cinetico, a quei balletti che coinvolgono in rituali di amicizia, corteggiamento e spirito solidale l’intera comunità. Tale è ad esempio l’iperbolica, trascinante danza posizionata più o meno all’inizio del racconto, subito dopo il prologo epico/mitologico: un’ardita coreografia che svela il carattere generoso del protagonista facendolo danzare a turno con tutte le masse convenute, pure qui non è un caso, a una sentita festa religiosa. Divertente e sfacciato, il kolossal indiano anche nell’affrescare la tempistica del colpo di fulmine che lega Shiva alla bella di turno, non lesina siparietti così deliziosamente ingenui, naïf, da ricordare qualche vecchio “musicarello” con Nino D’Angelo! E di sicuro aiuta qui l’appeal sbarazzino dell’attore protagonista, quel Ranbir Kapoor che nei panni di Shiva pare quasi un Ben Affleck dalla carnagione scuretta. Adorabili gli sketch con l’amata Isha a.k.a. Alia Bhatt, finanche per quell’insistere sulle umili origini di lui e sulla ricchezza della ragazza che fa tanto Titanic, nonché messaggio sull’auspicata solidarietà tra classi sociali (e caste) diverse, così spesso presente nelle produzioni indiane. Sempre a proposito del Titanic, la sfacciata citazione che ritrae loro due nell’arcinota posa romantica, sulla prua della barca diretta a Varanasi, non può non strappare un sorriso.


E per dirla tutta anche nella parte più smaccatamente fantasy, quella che porterà il nostro eroe e la sua complice sulle tracce di altri leali guerrieri magici, concepiti dagli autori sotto la guida di un Guru e sulla falsariga dei classici Bramini, così da difendere assieme a loro gli oggetti sacri da chi li vorrebbe usare per smodata sete di potere, regna un citazionismo tanto ramificato quanto picaresco e disinvolto, negli esiti. Dal Signore degli anelli a Harry Potter, passando ovviamente per gli Avengers di supereroica memoria, sono davvero pochi i cicli recenti che non beneficiano di una citazione, una traslitterazione o almeno un ammiccamento. Ciò dovrebbe limitare l’autonomia dell’opera, almeno in teoria. E qualche passaggio un po’ troppo infantile effettivamente si ravvisa. Ma la scioltezza del racconto, gli incredibili balletti e i poteri dei personaggi legati strettamente alla Tradizione finiscono per riscattare le tracce più deboli, regalando un intrattenimento trascinante, caleidoscopico e in parte differente da quello cui siamo abituati alle nostre latitudini. Aspettiamo quindi speranzosi che il novello Astraverse, dopo aver acceso tanta curiosità col primo episodio, si sviluppi e si espanda, mettendo a fuoco altri aspetti di un sostrato mitico abilmente sospeso tra l’India in movimento di oggi e i suoi più remoti retaggi culturali.

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