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Chi vince tra giochisti e risultatisti? La geometria


Zdenek Zeman che torna per la terza volta sul luogo diletto, a Pescara, offre il destro per provare a dirimere una delle grandi questioni su cui agli appassionati sportivi di ogni tempo ama discutere: chi pensa di prediligere il lato estetico dello sport contro chi ritiene di badare al sodo contando i titoli. Entrambi ragionamenti fallaci, come vedremo.

Per fare un esempio pratico, però, serve tornare alla stagione calcistica 2021/2022. La polemica si infiamma nuovamente circa un anno fa, quando al boemo più italiano di tutti viene chiesto, dal solito giornalista in vena di originalità, se gli piaccia di più Sarri o Mourinho. Scontata la risposta: Sarri, anche perché “Mourinho ha deluso finora le aspettative. Non sul piano dialettico, ma nella qualità del calcio che esprime. La Roma ancora non si capisce cosa voglia fare, in campo”.

Quando c'è odore di polemica gratuita, che possa portare un titolo bomba e di conseguenza costituire un motivo di attrazione per lettori altrimenti disinteressati, ovviamente l'italico giornalista non si fa alcuno scrupolo. E così alla successiva conferenza stampa al portoghese diretto interessato viene chiesta una replica, che non si fa attendere: “Non ti aspetti che un tecnico con venticinque titoli possa rispondere a uno che ha vinto due volte la serie B. Se mi fate una domanda su Trapattoni o Capello va bene, ma Zeman per favore, non posso rispondere ”.

Ed ecco che, dal nulla, è stata artificialmente rinfocolata una questione che, con un minimo di raziocinio, si riuscirebbe a sviscerare in fretta, senza bisogno di attivare i rispettivi pubblici di riferimento che si riversano sui social schierandosi dall'una o dall'altra parte. Perché sì, è bello stare lì a discutere, ma è altresì innegabile che esista una risposta chiara e insindacabile ad entrambe le fazioni, chiamate con le cacofoniche definizioni rispettivamente di “giochisti” e “risultatisti”.

Per comprendere come, bisogna ampliare il proprio raggio e partire dalle parole di un terzo tecnico straniero il cui passaggio nel nostro Paese è stato (e già l'aggettivo è riduttivo) cruciale. A proposito della cosiddetta “mentalità vincente”, concetto fumoso del quale la summenzionata polemica si nutre, il coach di pallavolo Julio Velasco ha infatti detto: “Se io riesco a far sì che un giocatore migliori una sola cosa vuol dire che la squadra migliora in sette cose. Una squadra che migliora in sette cose non è la stessa squadra ma un po' meglio: è un'altra squadra”.

Applicando questa prospettiva alla diatriba in questione, quest'ultima assume un risvolto completamente diverso: il valore di un allenatore non si traduce più né nella qualità del gioco espresso che ha fatto divertire gli spettatori allo stadio, né nel numero di trofei che ho portato in dote alla bacheca del suo club. Ciò che davvero differenzia un tecnico è la sua capacità di portare le risorse umane (l'espressione “materiale umano”, che il giornalista di cui sopra utilizza con entusiasmo, è di per sé un ossimoro) a sua disposizione ad un cambiamento positivo, raggiungendo risultati più elevati rispetto alle aspettative di partenza.

Volendo utilizzare termini geometrici, potremmo dire che in un segmento che va da un punto A, l'inizio della stagione, a un punto B, la fine della stagione, il valore di un tecnico si traduce nella lunghezza di quel segmento. Una riflessione di questo tipo, per giunta, apre anche la porta a una considerazione che per molti sarebbe risibile, se non proprio assurda: pur adoperando metodi opposti, Zeman e Mourinho si trovano sulla stessa sponda, ovvero quella di chi, in un contesto ricettivo ai cambiamenti (conditio sine qua non in qualsiasi ambito) migliora i propri team.

Se ripercorriamo mentalmente la loro carriera, abbiamo da una parte il Foggia degli anni Novanta e il Pescara del 2012, e dall'altra il Porto del 2004 e l'Inter del Triplete. Ora, non si tratta forse, in tutti e quattro i casi, di squadre che hanno raggiunto traguardi ben superiori rispetto alle attese della vigilia? Non ci troviamo forse di fronte a compagini che, con le giuste motivazioni e con i giusti metodi, hanno superato una concorrenza che era più corazzata?

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