Gli ultimi fuochi e le bocche da fuoco
- Lara Mignemi
- 1 giorno fa
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Gli ultimi fuochi, da opera immortale di Francis Scott Fitzgerald, diventa un’espressione per definire gli ultimi fasti, la conclusione di un’epoca o l’ultimo tentativo di una classe dirigente, casta o nomenclatura, rimanere a galla. Cosa ha a che fare il titolo del romanzo di Fitzgerald poi brillantemente adattato per il cinema da Elia Kazan, con questo articolo? Ha a che fare per il fatto che in questi giorni l’Ancient regime pare aver scatenato tutte le sue bocche da fuoco contro “il nuovo che avanza”. E lo farebbe mandando i suoi pezzi di grosso calibro, la onnipresente Geppi o Ippeg e il rivoluzionario Elio Germano, il quale in sostanza dà del camorristico all’operato del ministro. Partendo dal secondo, l’esternazione e la modalità fanno pensare che Germano non abbia idea né di cosa sia la Camorra (o forse confonde la finzione con la realtà) e forse non gli è chiarissimo cosa sia la democrazia.
La democrazia è quella cosa per cui chi viene eletto ha un mandato a governare. Germano probabilmente ha come modelli uno tra Franceschini o Veltroni o Melandri, o anche tutti e tre perché con loro sì che si è fatto tanto buon cinema. Se questo fosse il pensiero, sarebbe rispettabilissimo come lo è ogni opinione ma qui si è trascesi. Lo si prenda come giudizio di merito e non sula persona. Si è trascesi nei toni, nelle modalità e nei concetti e pure nel rispetto al luogo e circostanza.
Detto questo, si parla di cinema in crisi come se ciò fosse l’attualità ma il grosso del nostro cinema da decenni non ha sbocchi sui mercati esteri e questo indipendentemente dal ministro in carica, forse perché ciò che viene prodotto è pensato più per il salotto che per la sala, ma tutto ciò pare non lo riguardi perché in fondo, a Germano interessa che il cinema lavori. E ha ragione, a tutti interessa, se è vero che tre settimane fa erano attive sul suolo italiano, la miseria di cinque produzioni.
Ma è pure vero che oggi sono una quarantina. L’avvio dei set è dovuto sostanzialmente alla delibera pubblicata due mesi fa, mentre più in generale, il problema del cinema è nel Tax credit, fermi quello, fermi la macchina, ma quello che Germano evidentemente ignora è che i danni sono addebitabili a Franceschini. Siamo certi che sia un fatto di ignoranza e non di malafede, però anche l’ignoranza è inaccettabile, specie se si approfitta di un palcoscenico per aggredire le Istituzioni.

E qui veniamo al secondo capitolo della farsa. Ippeg Cucciari è brava, bravissima e bene fa a percorrere il registro della satira. Non chiami Armani per un abito istant fashion, non chiami Giotto per avere un quadrato, non chiami lei per un’analisi sui massimi sistemi. Ma ciò che stona è che lei, che pure non è sulla scena da eri, non ha mai attaccato i ministri di segno opposto. Questo genera il sospetto di faziosità, sicuramente non è così ma se ogni tanto puntasse la canna del fucile nella direzione opposta, anche certi malignetti pensieri si spegnerebbero.
Il Ministro Giuli, per Santamaria, Pesce, Zingaretti, Amelio e chi più ne ha ne metta, non avrebbe dovuto rispondere. Pensate un po’. Il Ministro deve subire ma guai se risponde. Non è bene, è maleducazione, se non proprio un’ingerenza. Poi però se non risponde, è un’implicita ammissione di colpa. E veniamo a Claudio Santamaria. Chi scrive lo reputa tra i primi 5 in Italia e lo è per il sui talento ma pure perché ha potuto lavorare. Ci sono decine di altri attori che tale privilegio ritengono di non averlo avuto. Ugualmente bravi ma forse meno ben portati? O se vogliamo, meno fortunati. O meno inseriti nei salotti giusti?
Ecco, Giuli parla anche a difesa di quelli che sono rimasti indietro. Quelli senza rendita di posizione. E tuttavia questo non ha nulla a che fare con l’occupazione vaneggiata da Germano, a meno che lui non sappia che, tanto per fare qualche esempio di pluralismo, l’ eterno Barbera è a Venezia, Steve Della Casa è stato nominato lo scorso anno, Conservatore del CSC - Cineteca Nazionale, Mario Sesti è Responsabile della Comunicazione del Centro Sperimentale di Cinematografia, Chiara Sbarigia è Presidente di Cinecittà Spa, ora in quota Lega ma con certificati trascorsi Dem, Elvira Del Guercio è programmer del Torino Film Festival e del Sicilia Queer FilmFest (una che a una tavola rotonda sul cinema e letteratura di genere, nell’esaltare Ursula Le Guin ha esordito così: “scrittrice femminista”. Come se “femminista” sia un aggettivo qualificativo della statura della bravissima autrice della saga di Oltremare. Pensate se uno dicesse, “vi consiglio di leggere Jan Fleming, scrittore maschilista…”.
Questi sono solo alcuni dei professionisti che hanno mantenuto o ottenuto incarico sotto il mandato di quegli epuratori del Governo, ma ce ne sono moltissimi altri tra fondazioni, festival, commissioni, istituti, la domanda nasce spontanea: quando il MIC era guidato da Veltroni, Melandri e Franceschini, c’era la stessa apertura? Se siete in buona fede, la risposta non può che essere “no”, e non perché a destra manchino le figure spendibili e autorevoli, altra balla che pur ripetuta mille volte, rimane una balla, mantengono o ottengono incarichi e posizioni perché nella visione del centro destra, non vanno fatte discriminazioni.
Altro tema scottante, è l’indirizzo politico”, vale a dire “personaggi e avvenimenti dell'identità culturale nazionale italiana”, che tanto fa indignare…domandona, ma quel bellissimo film che è Il Nibbio, senza questo tema sarebbe stato mai girato? È un male che ciò sia stato fatto? Tra l’altro il film ha incassato quasi un milione, quindi il pubblico ha dato un parere molto chiaro nonché favorevole. Da Il Nibbio a FolleMente, film campione d’incassi cofinanziato dalla Regione Lazio: al suo interno compaiono Che Guevara e Frida Kahlo, non esattamente due icone della destra italiana e internazionale. Eppure sono lì. In un film sostenuto dagli intollerantissimi che per iattura governano pure la Regione Lazio. E quindi, gli stessi che sono regolarmente finanziati da decenni, chiedono a gran voce di essere ricevuti.
Volendo prendere in prestito l’immagine evocata da Germano, immagine che pare si possa utilizzare impunemente, questo sembra un tipico atteggiamento da clan. Prima si aggredisce il ministro, poi una volta messo alle strette si ottiene un posto al tavolo, mentre gli altri, quelli da sempre invisibili, protestano per il troppo spazio che i soliti noti ottengono pure oggi a loro discapito.
Ogni buona azione non resterà impunita.
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