Hanno cambiato nome più volte dal 1970 a oggi. Oggi le conosciamo come ATP Finals, un tempo si parlava di Masters. Sta di fatto che da quando è nato rappresenta uno dei tornei di tennis più importanti ed “esclusivi”, essendo appannaggio degli atleti ai primi posti delle classifiche mondiali.
Ebbene, al nostro Jannik Sinner è riuscita un’altra impresa memorabile in questo anno davvero magico per il tennis maschile azzurro, laddove anche grandi campioni come Panatta e Barazzutti avevano fallito, non raccogliendo nelle loro partecipazioni neanche un successo; ha cioè vinto il proprio match d’esordio al torneo, che quest’anno peraltro si svolge in Italia, al Pala Alpitour di Torino, bissando quindi l’unica vittoria azzurra in singolare che era stata di Matteo Berrettini nel 2019. In un incontro contro l’austriaco Thiem, giocatosi però a classifica del girone già compromessa. Mentre Sinner almeno teoricamente è ancora in lizza per andare avanti...
Ma come ci è arrivato l’altoatesino a gareggiare nella prestigiosa competizione? Qui il racconto diventa tanto avvincente quanto per certi versi straziante, perché come molti sapranno già il posto nel girone era proprio di Matteo Berrettini, infortunatosi all’esordio contro Zverev, non più in grado di scendere in campo. Nonostante ce l’abbia messa tutta per rientrare. Fortuna nella sfortuna, la riserva di questa edizione era un Sinner rivelatosi subito in grado di gestire sia il confronto con l’ostico polacco Hubert Hurkacz, sia un dopo-gara dalle implicazioni non meno “delicate”. Ed è lì che, dopo averci conquistato col gioco, è riuscito pure a commuoverci, sostituendo prima al tradizionale autografo sulla telecamera l’eloquente scritta “Matteo sei un idolo” con cuoricino annesso; e poi prodigandosi in un discorso, coerente con tali premesse, cui ha saputo dare un tono convincente, semplice e schietto. Il ragazzo, insomma, ha mostrato maturità in campo e fuori.
Venendo al dato sportivo, il polacco numero 9 del mondo (che aveva già perso nel precedente confronto col russo Medvedev) ha confermato di essere giocatore che va a fasi alterne. Se ispirato può essere un osso durissimo, viste l’intelligenza tattica e la potenza del servizio, se invece comincia a perdersi fa enorme fatica a ritrovare il bandolo della matassa. E constatati i punti deboli dell’avversario Jannik Sinner non ci ha pensato due volte, quando si è trattato di “aiutarlo” ad affondare.
Le prime fasi di gioco sono state invero più combattute di quanto lasci immaginare il punteggio finale. Il primo game se lo è portato a casa il polacco, grazie anche a un paio di servizi vincenti, che lasciavano presagire una difficoltà maggiore a ottenere il break. E anche dopo Hurkacz ha provato, attraverso qualche sporadico cambio di ritmo, a mettere a frutto le indecisioni dell’azzurrino sotto rete o in altre zone del campo a lui meno congeniali. Lo abbiamo detto altre volte: se avesse pure il tocco di Musetti, Jannik farebbe vedere i sorci verdi a chiunque....
Il suo gioco però è un altro. Ovvero quel metodico aprirsi il campo per affondare poi il colpo, sia di dritto che col rovescio bimane, che Hurkacz ha finito per soffrire un pochino di più a ogni gioco. Sebbene non siano mancati alcuni game ai vantaggi, l’italiano si è quindi portato a casa il set con un perentorio 6-2.
Punteggio destinato a diventare periodico. 6-2 6-2 il risultato finale, a favore di un Sinner che ha preso confidenza strada facendo, mentre il polacco ha tentato di rifugiarsi in qualche smorzata, dall’esito a volte non disrezzabile, ma per il resto ha sofferto enormemente le sventagliate di dritto e il ritmo crescente dell’avversario. Adesso per Sinner c’è il match conclusivo del girone con Medvedev, che ha battutto anche Zverev e ha dimostrato di essere uno dei tennisti più in forma di queste ATP Finals. Ma Jannik ha comunque il dovere di provarci e di onorare al meglio tale opportunità. Anche per portare avanti l’impegno preso, molto coscienziosamente, con lo sfortunato connazionale di cui ha rilevato la sfida.
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