La superiorità senza tempo di Cristiano Ronaldo, la rinnovata freddezza azzurra d’Immobile, la classe ultraterrena di Schick, la creatività ribelle e visionaria di Isak e Berardi, la spietata puntualità di Lukaku, le folate inarrestabili e corsare di Spinazzola e poco altro.
Questo primo giro di Europei itineranti non brilla per inventiva e fantasia, con molte stelle che devono ancora accendersi, emblematico è il ritardo di Kylian Mbappé, attesissimo ma al momento pervenuto a intermittenza. Un po’ meglio il geniale Griezman, ma neppure molto. Di Hazard e Werner si sono perse le tracce e Depay è senza infamia e senza lode. Una menzione la meritano Patrick Schick e il nostro campionato. Tanto i protagonisti di questa fase introduttiva quanto i gol sono quasi tutti “italiani”. In realtà, il ceco, autore del più bel gol di tutta la manifestazione (con buona pace per quel personaggio minore di Domenico Marocchino che per ragioni che sono estranee alla comprensione umana, è opinionista della Rai), si appresta a diventare uno dei più grandi rimpianti giallorossi di tutti i tempi.
Arrivato troppo presto, come lui stesso ha ammesso, forse andava atteso e protetto ma è anche vero che se costi quasi cinquanta milioni devi rendere molto e subito. D’altro canto se è stato pagato una follia non è colpa sua ma di quell’asso del calciomercato di Monchi. Comunque tutto questo è ormai storia, l’attualità dice che le stelle stentano al punto che forse le vere sono ancora quelle che stazionano appena oltre la linea di bordo campo: i commissari tecnici Andrij Ševčenko, Pavel Hapal, Roberto Mancini, Didier Deschamps, Gareth Southgate, Luis Enrique, Frank De Boer, Steve Clarke, Paulo Sousa, messi insieme formerebbero un dream team stellare, basti pensare che il centrocampo avrebbe qualità e grinta da vendere e l’attacco sarebbe stratosfericamente composto dallo Zar assieme al Mancio.
Messi in fila valgono una bacheca di un paio di centinaia di trofei. Figli di un altro calcio a cavallo tra gli ‘80 e gli anni 2000, meno ipertrofico, tattico, digitale e mass mediato ma più tecnico e avvincente, tant’è che il momento più emozionante di Italia Galles non è neppure il gol, comunque bellissimo realizzato da Pessina, ma il tacco di Mancini. Segue la traiettoria del pallone, indietreggia di qualche passo e imperturbabile nella uniforme ufficiale esibisce disinvolto il suo tocco. Neppure una spizzata per vedere se tacco e palla sono sulla stessa linea. Lo sa che andrà dove il mocassino lo attende. Su You Tube ha quasi venticinquemila visualizzazioni. Roberto Mancini: un classico moderno.
Comments