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Italia 0 Inghilterra 33: Sei Nazioni amaro per gli Azzurri all'Olimpico

Con l'eccezione della dignitosa partecipazione ai Mondiali in Giappone, nonostante i diversi cambi di allenatore degli utimi anni, a prescindere da qualche isolata impresa (vedi la vittoria del 2016 contro il Sudafrica, nello storico test match all'Artemio Franchi), la progressiva involuzione della palla ovale azzurra è fuori discussione. I tempi di Diego Domínguez appaiono sempre più lontani. E i risultati parlano chiaro: al Sei Nazioni non si vince più un incontro ormai dal 2015.

La sensazione è però che la dura batosta domenicale con gli inglesi all'Olimpico faccia più male di altre. Un po' paradossalmente, volendo. Perché in fin dei conti si era reduci da un esordio al Sei Nazioni 2022 almeno accettabile, con la sconfitta del 6 febbraio in Francia per 37-10, maturata dopo un primo tempo in cui i nostri avevano creato non pochi grattacapi ai Transalpini.


Impietoso invece il risultato dell'Olimpico: 33-0 per l'Inghilterra, che era reduce a sua volta da una controprestazione degna di Braveheart in casa degli scozzesi; e che di fronte agli Azzurri, invece, non ha perso un colpo, frenando qualsiasi velleità offensiva dei nostri grazie a una linea difensiva praticamente invalicabile e avvalendosi poi di un gioco alla mano tanto vario e rapido, da far volare in meta le frecce della "perfida Albione" al termine di folate inarrestabili. La spinta degli inglesi ha avuto il suo faro costante in un giocatore, non a caso "man of the match", che già da un po' viene segnalato tra i giovani più promettenti del panorama mondiale, per quanto con un mostro sacro come Owen Farrell nello stesso ruolo abbia beneficiato finora di un numero limitato di apparizioni, in nazionale: stiamo parlando di un autentico furetto che si chiama Marcus Smith. Tratti esotici (la madre è filippina), fisico sgusciante, il giovane mediano d'apertura all'Olimpico si è messo in luce non soltanto per la precisione al piede (solo una mancata trasformazione, nei calci piazzati, con alcuni palloni spediti in mezzo ai pali da posizioni angolatissime) ma anche e soprattutto per quel "sesto senso da ragno" nella gestione del gioco, da lui amministrato tramite passaggi fulminei, notevole intuito e letture precise dei movimenti dei compagni.

Cosa non ha funzionato, invece, in chiave azzurra? Rispetto alla precedente partita l'atteggiamento, innanzitutto. Quel misto di sfrontatezza in avanti e grande attenzione ai placcaggi con cui, almeno per un tempo, si era tenuta a bada la compagine gallica, ha lasciato spazio qui a un numero crescente di disattenzioni, amnesie, regali, iniziative isolate e poco coordinate col resto della squadra. Ed è un peccato, perché in qualche frangente sembrerebbe che il CT Crowley stia lavorando bene su certi fondamentali, dando ad esempio maggiore solidità al pacchetto di mischia. E non mancano neanche le eccellenze in rosa: Padovani si conferma ogni volta estremo di tutto rispetto, Ioane riesce a combinare potenza e numeri d'alta scuola quando danza in prossimità della linea laterale, gli stessi Ruzza e Cannone fanno valere a volte una straripante fisicità. Questo però è uno sport che non ama le sviste, l'approssimazione, i palloni giocati con leggerezza. Accade così come con la Francia che un pallone buttato un po' alla cieca da Varney diventi assist involontario ma irresistibile per le sgroopate vincenti degli avversari, oppure che Mori o il subentrato Fusco vanifichino qualche sporadica, discreta proiezione offensiva, caricando con generosità ma senza curarsi di avere sostegno da dietro, così da trovarsi poi isolati e facilitare il recupero palla da parte degli scaltri britannici. Senza contare, infine, che il ricambio generazionale tentato da Crowley può portare a innesti positivi, vedi nella partita con la Francia l'esordiente Menoncello, andato pure in meta, come anche a un possibile abbassamento della qualità complessiva: la minore esperienza dei giocatori più acerbi impegati nel secondo tempo con l'Inghilterra qualche danno ulteriore l'ha fatto.

Sebbene questa partita si configuri complessivamente come un passo indietro, rispetto all'esordio, il tentativo dell'allenatore di dare alla squadra più personalità, affiancando a senatori dagli standard più elevati qualche giocatore promettente ma da sgrezzare tatticamente, oltre che tecnicamente, sprazzi di buon gioco li sta creando. Ora tocca lavorare (e tanto) sulle lacune, sulle amnesie (personali e collettive), così da limitare al massimo quei pericolosi cedimenti, che finora hanno penalizzato gli azzurri proprio nei momenti in cui la squadra sembrava sostenere l'urto di avversari più titolati contrattaccando magari con qualche bella iniziativa. Il prossimo banco di prova per saggiare eventuali progressi sarà, il prossimo 27 febbraio, una trasferta a dir poco ostica come quella in terra irlandese. Speriamo che già lì si vedano meno cali di concentrazione e una condotta maggiormente grintosa, tipo quella vista nei primi minuti contro la Francia.

Stefano Coccia

***

Tabellino di Italia Inghilterra: 0 - 33

Italia: Padovani; Mori (15' st Marin), Brex, Zanon, Ioane; Garbisi, Varney (26' st Fusco); Halafihi (39' pt Negri, 15' st Pettinelli)), Lamaro, Steyn; Ruzza (32' st Zambonin), Cannone; Ceccarelli (1' st Pasquali), Lucchesi (12' st Faiva), Fischetti (7' st Traoré). Ct: Crowley.

Inghilterra: Steward; Malins, Marchant (34' st Ford), Slade, Nowell (16' pt Daly); Smith, Randall (15' st Youngs); Dombrandt, Curry (25' st Marler), Itoje; Isiekwe (15' st Simmonds), Ewels; Stuart (1' st Sinckler, 16' st Cowan-Dickie), George (25' st Chessum), Genge. Ct: Jones.

Marcatori: nel pt 10' Smith m Smith tr (0-7), 20' George m Smith tr (0-14), 40' George m Smith tr (0-22); nel st 5' Daly m (0-26), 34' Sinckler m Smith tr (0-33).


Spettatori: 31.000.

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