Settant’anni fa, all’inizio del 1953, in un Giappone ancora oppresso dalla dominazione americana, iniziava ad uscire per Kodansha, sulla rivista Shojo Friend un nuovo manga di un giovane autore che si era già fatto notare: Osamu Tezuka.
L’opera in questione si chiamava Ribon no Kishi, Il cavaliere con il fiocco, e voleva rivolgersi ad un pubblico nuovo, quello delle ragazzine, che pian piano si stava avvicinando al mondo del fumetto come lettrici.
Osamu Tezuka amava molto i fumetti americani, soprattutto Max Fleischer e il primo Disney, e aveva senz’altro apprezzato Biancaneve e i sette nani: ma nella scelta della sua protagonista volle fare qualcosa di nuovo.
Oltre quarant’anni prima di Mulan della casa di Topolino, infatti, Osamu Tezuka scelse un intreccio insolito per Sapphire, una principessa che si finge maschio per poter ereditare il trono del padre e sottrarlo alle mire del perfido zio, diventando una combattente contro le ingiustizie, in un’atmosfera fiabesca, ma dove non mancavano intrighi e morti molto reali: con questo manga Osamu Tezuka fece storia.
L’autore tornò sul suo personaggio preferito a più riprese: la prima versione del manga finì nel 1956 e tra il 1958 e 1959 realizzò un seguito, sui due figli della protagonista e del suo amato Frantz. Tra il 1963 e il 1966 presentò una sorta di remake della prima storia, con alcune varianti, e nel 1967 rilesse l’epopea della ragazza guerriera in chiave fantascientifica. Inoltre, nello stesso anno, diresse l’adattamento anime per la Mushi Production, 52 episodi che diventarono di culto nel corso degli anni.
In Italia, arrivò prima l’anime, con il titolo de La principessa Zaffiro nel 1980, con una sigla orecchiabile composta da Vince Tempera e la protagonista doppiata nella prima parte da Paola del Bosco, già Charlotte nel serial omonimo e futura Nausicaa di Miyazaki, e in seguito da Laura Boccanera, anima di Candy Candy e in seguito di Maria Antonietta in Lady Oscar, oltre che di svariate attrici come Jodie Foster.
Per il manga si dovette aspettare il 2001, per una prima edizione basata sull’opera del 1963, per Hazard Edizioni, e poi il 2019 con la nuova traduzione di J-POP, con anche I cavalieri gemelli.
Osamu Tezuka voleva intrattenere i piccoli lettori ma anche le piccole lettrici di un Paese allora in grande difficoltà: era originario di Takarazuka, la cittadina termale sede anche della celeberrima compagnia teatrale di sole donne, che recitano anche in ruoli maschili, e senz’altro questo aveva avuto un’influenza sul suo immaginario. D’altro canto, la donna guerriera fa parte della cultura giapponese e orientale in generale, sin dai tempi più antichi, con storie di combattenti di cui poi si è scoperta la veridicità grazie a ritrovamenti archeologici molto importanti soprattutto in Cina, ma anche nel mondo feudale di lotte in cui si dibatté il Paese del Sol levante per molto tempo.
Sapphire o Zaffiro se vogliamo dirlo all’italiana, è una ragazza che si finge maschio, secondo un archetipo che unisce comunque Occidente e Oriente, per ragioni dinastiche, e che in quel ruolo più libero, che le permette di vivere avventure straordinarie e di relazionarsi in maniera più diretta con le persone e gli animali, ci sta bene anche perché può portare avanti le sue battaglie per la giustizia contro vari tipi di cattivi, umani e non. Anche lei trova il suo principe azzurro, in un gioco degli equivoci molto simpatico, ma non è una damigella in pericolo che aspetta di essere salvata, anzi spesso è lei a salvare chi le sta accanto, a cominciare da Frantz.
Sapphire è stata oggetto in Giappone di spettacoli del Takarazuka, a testimonianza di un cerchio che si chiude, ed è tornata come guest star in alcune opere del maestro Tezuka, che continuò per tutta la vita, fino alla prematura scomparsa nel 1989, a ideare personaggi interessanti di ambo i sessi, con almeno un’altra guerriera, Primerose, all’inizio degli anni Ottanta. A lei si sono ispirate tutte le ragazze guerriere di cui sono pieni i manga e gli anime, a cominciare dalla più famosa, Oscar François de Jarjayes di Riyoko Ikeda, che prese spunto come modello appunto da Sapphire, in un contesto più realistico.
Tra gli espedienti fantastici introdotti da Osamu Tezuka per giustificare il carattere ardito della sua protagonista, in un Giappone in cui i ruoli tradizionali delle donne erano molto sentiti ed erano anzi acuiti dalla dominazione a stelle e strisce, c’era quello che il suo angelo protettore, Tink (Choppy nell’edizione italiana), l’aveva per sbaglio fornita di un cuore maschile. In realtà, il ruolo insolito di Zaffiro è spiegato dalle circostanze in cui si trova a vivere e ad agire: lei è comunque una ragazza e una guerriera, che alla fine troverà il suo lieto fine, come le principesse classiche della Disney, ma percorrendo una via insolita e appassionante. Ovviamente, come in altri casi, non sono mancate a distanza di decenni le riletture woke della sua vicenda, è stata addirittura vista come un personaggio trans ante litteram, ma come si sa queste cose lasciano il tempo che trovano.
Anche perché la sua popolarità e il suo ruolo importante di personaggio nuovo nel mondo del fumetto non solo manga non è certo scalfita da questo, e lo testimoniano i molti eventi di cui è protagonista, le mostre, anni fa una con Lady Oscar e una monografica adesso, e i gadget che continuano ad uscire, per i fan di tutte le età.
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