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Marco Gentili cannibalizza premi col suo Over the skyline

Aggiornamento: 7 gen 2022

Dall’HIIFF - Heart International Italian Film Festival, all’Hollywood Gold Award, al Sicily Art Cinema Festival


2121: a eccezione di avanzatissimi olo-telefoni e olo-notiziari ogni cosa sulla Terra, dalle automobili ai vestiti è cristallizzata al secolo precedente. Compresa l’umanità. Che ha debellato la Malattia Primordiale... Questo è lo scenario di Over the skyline, cortometraggio che sta facendo conoscere e riconoscere a colpi di premi cinematografici, il talento visionario di Marco Gentili, trentenne romagnolo appassionato di Kendo che con intelligenza mette a disposizione il linguaggio metaforico e trasfigurativo proprio della fantascienza per mettere in scena dubbi, errori e orrori dell’esistenza reale. Ma è poi così reale?

Ne parliamo con lui.


Ciao Marco, complimenti per il percorso che stai facendo, allora parlaci un po’ del tuo film, punti e ragioni per cui hai scritto e girato Over the skyline?

Ciao Pier Luigi, intanto ci tengo a ringraziarti per l’ospitalità, mi piace definire “Over the Skyline” non solamente un cortometraggio di Fantascienza, ma soprattutto la storia di moltissime persone contemporanee. Parla di un morbo che affligge tantissimi individui, che distrugge la persona dall’interno ma che paradossalmente costituisce per loro un beneficio, immersi come siamo nell’era dell’apparenza. Ma l’apparenza, figlia di un materialismo che ci portiamo dietro dal secondo dopoguerra, è destinata a sparire con il passare del tempo e questo risulta il vero problema di chi, interiormente, è marcio o, ancor peggio, vuoto.


L’idea sottende una riflessione e un’esperienza personale

Sì. nel corso degli anni, ho potuto vedere e costatare con i miei stessi occhi che questo morbo ha assalito moltissime persone anche molto vicine a me e la cosa, oltre che dispiacermi, non ha fatto altro che confermare il mio pensiero su questa modernità galoppante, che tanti al giorno d’oggi difendono a spada tratta. Viviamo in una società che è diventata IPER: iper veloce, iper moderna, iper tollerante, iper ignorante e tutto questo in nome di una modernità che teme come non mai il passato, dal quale essa stessa proviene ma che va combattuto; come le migliori civiltà barbariche ci hanno insegnato, ciò che ci ha preceduto deve essere distrutto. A differenza di questi individui, io come modello umano ho Leo Longanesi, che ne ‘’La sua signora’’ scriveva: “La miseria è ancora l’unica forza vitale del Paese. E quel poco molto che ancora regge è soltanto il frutto della povertà: bellezza dei luoghi, patrimoni artistici, antiche parlate, cucina paesana, virtù civiche e specialità artigiane sono custodite soltanto dalla miseria dove essa è sopraffatta dal sopraggiungere del capitale. Ecco che si assiste alla rovina del patrimonio culturale, artistico e morale perché il povero di antica tradizione vive in una miseria che ha antiche radici, in secolari luoghi, mentre il ricco è di fresca data, improvvisato, nemico di tutto ciò che lo ha preceduto e che lo umilia. La sua ricchezza è stata facile, di solito nata nell'imbroglio, nei traffici, sempre o quasi imitando qualcosa. Perciò quando l'Italia sarà sopraffatta dalla nuova ricchezza, noi non riconosceremo più il volto né l’anima”. Spero di aver reso l’idea…


Raccontaci la genesi e di come hai lavorato in piena quarantena

Quando ho iniziato a scrivere “Over the Skyline” avevo bene in mente il concetto fondante che volevo trasmettere; mi mancava solo un modo per trasporlo in maniera efficace in chiave fantascientifica. Un giorno, facendo una passeggiata contemplativa sul lungomare di Rivazzurra di Rimini, città dove sono nato, cresciuto e luogo d’ambientazione del corto, mi sono imbattuto in qualcosa che ho avuto sotto gli occhi per 32 anni: il mare. Sarà stato lo sciabordio delle onde oppure l’odore della salsedine di quella mattina di fine novembre, sta di fatto che ho individuato il perfetto parallelismo di cui avevo bisogno per esprimere al meglio il mio messaggio. A quel punto ho cominciato a stendere qualche idea. Quando ho trovato quella che mi affascinava maggiormente, complice anche il mio amore per i lavori di Christopher Nolan, ho contattato subito il mio carissimo amico Luca Arrighini, matematico di Brescia e in videochiamata ho cercato di spiegargli la mia idea, nella speranza di trovare un modo ‘’verosimile’’ per rendere tangibile ciò che avevo in mente. Ricordo come se fosse ieri, che quando ho confusamente esposto la mia teoria e ho spiegato a Luca come avrei voluto renderla in pellicola, lui mi ha detto: ‘’Ok Marco, si può fare, ma sappi che in Natura questa cosa non esiste!’’. Quella frase mi ha aperto una voragine: mi sono detto che quelle stesse parole sarebbero finite in sceneggiatura… e così è stato!


Dicono che dopo l’esperienza del covid la distopia sia narrativamente al tramonto, che ne pensi?

La distopia è al tramonto, per una società che vive in una distopia… e che vuole rimanerci! Un’affermazione del genere è tanto assurda quanto faziosa. La distopia e la Fantascienza stessa, sono argomenti e generi che non possono tramontare, perché sono uno strumento di denuncia sempre attuale, con una tale presa sul pubblico da innescare continuamente parallelismi con i tempi in cui lo spettatore vive. Prendiamo per esempio “V per Vendetta”: sono tantissime le persone che fanno il parallelismo con i tempi odierni. Per quanto io non sia un ‘’complottaro’’, è innegabile la somiglianza. Mettiamoci pure la grandezza di Alan Moore a scrivere questa graphic novel, ma quante maschere di Guy Fawkes vengono utilizzate nella vita reale, aggiungerei ‘’impropriamente’’, a scopo di denuncia? Ormai non esiste un solo movimento di denuncia che non scelga di usare quella maschera come simbolo. Forse è proprio questo, il problema: dalle distopie, come dalla Fantascienza o dal Fantasy, nascono i nemici di qualsiasi società in declino, ossia le idee; e da queste, nascono i loro figli, i simboli… e chiunque abbia vissuto nel ‘900 lo sa bene.


Una società che non accetta la morte...è una metafora dell’effimero culto di se stessi che dilaga negli ultimi anni?

Il culto di sé stessi, come ti dicevo prima, è una conseguenza del materialismo. Se io mi concentro su me stesso e lavoro esclusivamente per compiacermi, sono felice sul momento, ma la gioia che ne deriva, oltre ad essere estremamente egoistica, è anche molto effimera. In più, il materialismo ci ha allontanato da tutto ciò che proviene dal contesto naturale, proprio perché la natura non è controllabile né governabile da noi. Il materialismo vede l’essere umano al centro dell’universo, come una divinità, incapace di sbagliare, anzi, da venerare. Non a caso, basta fare un giro in una qualsiasi metropoli, per vedere un gran numero di pantheon che, a mio avviso, fanno a gara a quello che è il più ridicolo. E quando le piazze o le vie principali non sono sufficienti a colmare questo costante bisogno di compiacimento, ecco che questi individui insoddisfatti sbarcano sugli altari della modernità, i social network, dove tutti vivono una vita perfetta, scevra da ogni paura o avversità. La paura della morte è una conseguenza di ciò che ti ho appena detto: un Dio non può morire. Concludo con un pensiero: se hai sempre vissuto cercando compiacimento solo in ciò che puoi toccare, comprare o contare, è difficile non avere paura di ciò che avverrà dopo il trapasso, perché tutto ciò su cui hai basato la tua esistenza, lo dovrai lasciare di fianco al tuo corpo morto.


Sei giovane e pieno d’idee, avrai già in pentola il prossimo soggetto…

In realtà ne ho qualcuno in più! Non posso fare a meno della creatività e la voglia di esprimerla. Ora sto lavorando al mio primo lungometraggio, ma ho già pronti i soggetti di altri due lunghi e di una serie, ovviamente tutti di genere fantascientifico. Se vogliamo andare nel dettaglio, senza anticipare troppo, posso dirti che il mio primo film parlerà di mente… ho detto anche troppo!!!


Non ti sei ancora stancato di vincere premi?

Ora dirò una cosa che ti farà ridere: a me interessava superare “Neo-Gaia”, il cortometraggio che ho scritto e diretto prima di “Over the Skyline”. Quel corto ha ricevuto 7 selezioni e una vittoria a livello globale. Quindi, mi bastava avere una selezione in più o al massimo una vittoria in più, quel tanto che bastava per dimostrare a me stesso e al mio pubblico che ci fosse stata una crescita. Non mi sarei mai aspettato di ricevere 28 selezioni e di ottenere 13 vittorie… la crescita mi sa che c’è stata.


E mentre butto giù il pezzo arriva la notizia che ha vinto pure il Sicily art cinema festival. No, chiaramente non si stanca.

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