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Pier Luigi Manieri

Sport - La Muay Thai come li stile di vita: intervista a Mauro Bassetti

Aggiornamento: 25 gen 2021


È stato di recente insignito della preziosa Stella di Bronzo, prestigioso riconoscimento per meriti sportivi. E in effetti tra i segreti all’origine della dilagante voglia di Muay Thai c’è proprio lui. Il maestro Mauro Bassetti, alfiere e pioniere, come si definisce lui stesso, delle arti marziali.


Congratulazioni per il recente riconoscimento tributato dal CONI: la prestigiosa Stella di Bronzo al merito sportivo.


Ti ringrazio, sì confesso che è una grande soddisfazione. La dedico e la condivido con tutti quei missionari, volontari dello sport che sicuramente alcuni avranno fatto anche più di Me e non hanno avuto questa Mia opportunità.


Cosa celebra simbolicamente?


Beh, le motivazioni, senza peccare di presunzione, sono molteplici. Ho dedicato praticamente la mia vita allo sport da combattimento e alle arti marziali. Sono sulla scena da cinquanta’anni, di fatto sono un pioniere del Karate, Full Contact, Sanda, Muay Thai, M. M. A. etc... e soprattutto credo di aver ottenuto grandi risultati nella divulgazione di queste discipline. Sono presidente della FIMT Federazione Italiana Muay Thai dal 2015 e Direttore Tecnico della stessa dal 2006 al 2018 riportando numerosi risultati agonistici a livello mondiale IFMA, oltre avendo formato molti Maestri durante la mia carriera, sino ad oggi.


Negli ultimi anni la Muay Thai si è imposta nel panorama sportivo: può chiarire la differenza tra sport da combattimento e arte marziale?


La Muay Thai è l’unica arte marziale da combattimento totale. Ha più di 2000 anni. Comprende una sua ritualità e un certo misticismo. Le arti marziali hanno alla base una filosofia che le sorregge e le completa. Per essere riconosciuta da CIO, la Muay Thai, ha dovuto inserire tutte le protezioni per garantire la massima integrità per la parte sportiva agonistica, mantenendo nel combattimento quasi tutte le tecniche e proiezioni della Muay Thai.


Dalla Greco-romana, al pugilato, dallo Judo, al Karate e al Taekwondo, l’Italia ha una grande tradizione e da alcuni anni s’impone anche nella MMA, da cosa dipende tanto successo?


Dunque, direi che gli italiani abbiano una predisposizione diciamo, ereditaria da una cultura millenaria. Tu citavi giustamente la Lotta greco romana che è nostro patrimonio storico culturale. Credo che, tralasciando l’aspetto ginnico, che è pleonastico chiarire quanto sia centrale e imprescindibile, il nostro successo derivi dall’aver chiaro quanto le arti marziali siano fondamentali a livello educativo e come sviluppo dell’auto disciplina. Le arti marziali hanno, alla loro origine, la filosofia, il che le colloca in una sfera che ha a che fare con l’animo stesso di un individuo Vorrei anche sottolineare che alimentano la socializzazione. C’è poi un elemento competitivo e pugnace che è insito nell’uomo. E l’uomo ha bisogno di avere una sicurezza fisica ed interiore.

Tuttavia la tragica vicenda dell’omicidio di Willy Monteiro ha offerto ad alcuni ben pensanti l’occasione per teorizzare addirittura il divieto di praticare arti marziali. Queste pose sono ascrivibili all’ignoranza, all’ ideologia o è becero opportunismo per finire su un articolo?


Forse un po’ tutte e tre le ipotesi. Allora, diciamo che un’arte marziale non può essere sinonimo di violenza. È piuttosto un mezzo per canalizzare e ed educare qualsiasi forma di aggressività e violenza che un individuo potrebbe avere. L’insegnamento che ogni maestro dovrebbe trasmette o almeno mi auguro, che trasmetta è un vero e proprio comandamento alla disciplina e al rispetto del prossimo. Come lo sono i valori del rispetto della vita umana e l’offrire il proprio aiuto al prossimo. Non è consono abbinare le arti marziali e gli sport da combattimento alla brutale ed ingiustificabile violenza di quel fatto. Purtroppo un bisturi può salvare la vita o uccidere. Noi insegniamo l’educazione e non la violenza. Ciò che è accaduto dipende dagli individui. Non è l’arte marziale ma è ciò che hanno dentro. Una cosa tanto vile e meschina verso una persona più debole mi suscita repulsione e disgusto.


Caos norme covid, come stanno condizionando la pratica?


La chiusura delle palestre mi sembra una misura ingiustificata perché non ricordo casi eclatanti di focolai nelle palestre o centri sportivi. Inoltre occorrerebbe mettere a fuoco se uno lo ha preso dentro o lo ha portato. L’attività sportiva non è solo necessaria ma è indispensabile. Specie per lo sviluppo psicofisico dei giovani che per assurdo, in palestra sono maggiormente controllati. Nel nuovo ordinamento sportivo il ministro Spatafora ha tentato di tenere aperte le palestre, per es: salvaguardando l’attività agonistica e di incentivare i contributi. Dopo di che mi pare che sia passato tutto nelle mani del presidente Conte. Non si possono prendere decisioni cosi importanti ascoltando solo il CONI, cioè la parte politica, è necessario anche il punto di vista della parte tecnica e attiva. Gli enti di promozione sono stati separati dal Coni e assorbiti dal Ministero ma a deliberare sullo sport dovrebbero esserci dei tecnici accanto ai politici. Sarebbe necessario aprire un tavolo in cui coinvolgere un organismo simile a dei sindacati con dei rappresentati che operano nel campo sportivo. Inoltre c’è il rischio che scompaia il volontariato, che è invece la parte più sana dello sport e saranno valorizzati a scapito di quelli che hanno un’esperienza diretta, coloro che hanno dei titoli accademici. Darei più enfasi alla conoscenza tecnico pratica di coloro che operano nello sport piuttosto che all’accademica. Intendiamoci, lo studio superiore non va sminuito, anzi, ben vengano le specializzazioni, ma non è detto che un laureato in scienze motorie possa automaticamente parlare di anatomia ed effetti sulle articolazioni. L’ideale sarebbe che i due aspetti coincidano.


A dispetto di un carattere non proprio accomodante, è praticamente da sempre nei quadri dirigenziali, segno che la competenza paga, il suo attuale incarico federale in cosa consiste e in quali tratti distintivi è identificabile?


Speriamo che dopo quest’intervista il numero di non simpatizzanti non aumenti! (Ride) Sono dirigente federale e direttore tecnico nazionale della FederKombat, già FIKBMS, che comprende Shoot boxe, Savate, Sambo, Kickboxing e naturalmente la Muay Thai


La Muay Thai presenzierà alle Olimpiadi. Come presidente della Federazione Italiana. È stato un lavoro di tessitura particolarmente laborioso. In particolare gli Europei del 2010 IFMA sono stati propedeutici?


Abbastanza. Trenta tre nazioni. Cinquecento atleti. I nostri si sono distinti con ben cinque bronzi. Sono particolarmente orgoglioso di questi ragazzi, e se me lo concedi, per Antonio Albo, medaglia di bronzo che è un mio allievo. Fu un evento di grande presa mediatica. Nel 2016 è arrivato il primo riconoscimento del CIO, come sport olimpico, in forma provvisoria. Nel 2020 siamo diventati effettivi. Dovremmo entrare nel programma olimpico di Parigi 2024, e poi Los Angeles 2028. Ci auguriamo che il covid ci crei ulteriori slittamenti e difficoltà.

Numerosi sono gli allievi che hanno scritto pagine gloriose, i primi che le vengono in mente oltre ad Albo?


Beh, sicuramente Fabio Campo, campione del mondo professionisti e dilettanti di Sandà e medaglia di bronzo IFMA 2004. Sergio Tamburrelli, vice campione del mondo ad Alicante. Nino Sollazzo, campione del mondo Sandà,dilettanti. Ma mi occorre un’intervista specifica per ricordarli tutti. Ognuno ha fatto grandi cose.


Perché negli ambienti del Karate tradizionale l’apertura ai giochi olimpici è vista come la pietra tombale sul Karate?


È una storia lunga. Ho iniziato nel 69, è non c’era il controllo dei colpi. Il Karate manteneva tutti i colpi. Era concepito per utilizzare qualsiasi parte del corpo. Tettsui (pugno a martello n.d.r) Uraken (pugno col dorso/rovesciato n.d.r.), ed altri colpi. Il makiwara (attrezzo per allenare i pugni n.d.r.) è stato completamente dimenticato. Oggi per andare incontro a delle esigenze del riconoscimento CIO ed entrare nel circuito Olimpico è diventato un percorso obbligato per il combattimento agonistico, cosi si è arrivati a usare poche tecniche, rapidi e veloci solo per fare punto. Nel kyon e nei kata sono racchiusi l’intero bagaglio tecnico del Karate. Ma se poi non si utilizzano? Nella Muay Thai professionistica, i colpi ci sono tutti e si usano. Nel K1 sono tornando alle origini della Kick Boxing Japan, e questo sta a significare che per migliorare a volte bisogna guardarsi indietro.


Nel nostro dojo, i Maestri Azadeh, Ferralis e Ridente ci allenano seguendo il Karate tradizionale, perciò rispettandone l’intero bagaglio tecnico e lo spirito, detto ciò può tracciare una carrellata dei nomi più significativi delle varie discipline


Ho molta considerazione di Ferralis, che conosco personalmente e del Maestro Changiz Azadeh, che ha scritto pagine importati, e mi fa molto piacere che portino avanti un programma tradizionale.

Dunque tornando a quelli che hanno fatto la storia del Karate in Italia, senza dubbio sono: il M° Augusto Basile, i Maestri, Atsuo Yamashita., Yutaka Toyama, Hiroshi Shirai, Kanazawa Nobuaki e molti altri. Invece per il Full Contact, ne menziono alcuni, e sono : Massimo Liberati, Giorgio Perreca, Mario Carella, e poi Flavio Galessi, la Roccia di Bergamo, ci sarebbe da fare una lunga lista mi fermo qui.


Le affermazioni di atleti come Alessio Sakara, Gabriele Casella, Martin Meoni, Luigi Busà, e Molti altri, fanno bene a tutto il movimento…


Non ci sono dubbi. Sono fonti d’ispirazione. Insegnano ad inseguire i propri sogni e a sudare per raggiungerli.


Da che età un atleta può essere avviato alla Muay thai?

Da bambino, già a cinque, sei anni può iniziare in palestra a livello ludico educativo. 8 anni Senza contatto, attività sperimentale, 10 anni Contatto leggero Muay Thai Light, a 16 anni si può iniziare il Contatto pieno


Mi auguro che questa Intervista sia solo un’inizio di molte altre, da poter approfondire molte tematiche in questo mondo di Arti Marziali e Sport da Combattimento.


Ti ringrazio di questa intervista, e sono sempre a disposizione per provare a dare qualcosa attraverso la comunicazione che non basta mai, pertanto ci sentiamo alla prossima.

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