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AI nel fumetto: le ragioni a favore


“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Tutti ricordano lo storico monologo finale dell’androide Batty in Blade Runner. Ma pochi ricordano il sottinteso di quella frase e, probabilmente, di tutto il film: gli uomini hanno demandato tutto alle macchine, si sono impigriti, sono immobili mentre l’unica specie ad aver mantenuto la sete di conquista e una volontà di superamento dell’Io è quella dei robot. Colpa delle macchine, forse? No, colpa dell’uomo. E qui veniamo al dibattito che sta infiammando la rete: è giusto che esistano e vengano sfruttate delle AI che generano immagini? È una domanda a cui non ho una mia risposta, perché la trovo mal posta già in partenza. Per formazione tendo a non considerare mai le categorie “bene/male” e soprattutto diffido sempre dalla distinzione “giusto/sbagliato” che troppo spesso sfocia in categorie moralisteggianti che mal tollero. E proprio nel dibattito sulla tecnologia vedo, soprattutto negli ultimi tre anni, uno scontro ideologico tra chi tende a rifiutare a prescindere ogni progresso perché teme il rischio della disumanizzazione e chi invece accetta tout court qualunque forma di progresso come una sorta di strada verso un futuro messianico. Un dibattito in cui trovo difficile prendere posizione perché, ogni volta che lo faccio, vengo accusato da ognuna delle due parti di far parte dell’altra. Il problema che riscontro in questi due schieramenti è principalmente quello di oggettivare la tecnologia, di renderla insomma un qualcosa che vive di vita propria, un qualcosa che di per sé può prendere una strada anziché un’altra. E tutti dimenticano cosa è veramente la tecnologia: uno strumento. E ogni strumento è utile o distruttivo a seconda della mano che lo impugna e che sa padroneggiarlo. Se una determinata tecnologia prende una strada anziché un’altra, non è certo perché lo ha deciso essa ma perché gli uomini che la usano lo hanno reso possibile. Ad esempio, in Giappone tutti quanti aborriscono la bomba atomica perché è ancora vivissimo il ricordo del crimine disumano perpetrato nei confronti di Hiroshima e Nagasaki, ma il paese del Sol Levante è tra i primi produttori di energia grazie alle centrali nucleari. Nessuno pone la questione sul nucleare in sé. Ma su come viene utilizzato.

Sulla questione della AI capaci di creare da zero i disegni la penso uguale. Non ritengo che il dibattito giusto/sbagliato possa portare da qualche parte, mi porrei piuttosto la questione: a cosa possono servire? Come possono essere utili a me, ala società e soprattutto alla civiltà? Al momento non credo che la categoria dei disegnatori di fumetto possa sentirsi minacciata più di tanto. Non vedo ancora la capacità delle AI di poter creare da zero un fumetto con una capacità di gestione delle illustrazioni in tavole, con la maestria di far convivere disegni e balloon senza che uno tolga il dovuto spazio all’altro, soprattutto con la capacità di dare le giuste espressioni ai personaggi o di far convivere i diversi elementi di una vignetta in modo che ogni singola illustrazione veicoli tutto il messaggio che l’autore vuole dare con essa. Per ora le AI possono al massimo creare copertine e semmai, più che un fumetto vero e proprio, potrebbero servire per realizzare un libricino illustrato. Certo, non è detto che da qui a qualche decennio le AI non evolvano al punto da poter davvero realizzare un fumetto intero, ma in questo caso vedo che la strada che porta all’estinzione sia più quella intrapresa dai dodo de L’Era Glaciale, troppo intenti a difendere il loro “stile di vita” invece che a capire come affrontare il cambio di era. Allarmarsi perché una macchina può rubarmi un lavoro che comunque non sarà mai bello come quello che posso fare a mano, ricorda molto le rivolte operaie del XIX secolo contro le macchine in fabbrica. Tutti sappiamo che l’operaio non si è estinto ma che ha dovuto solo rimodulare le proprie competenze.

Puntualizziamo poi una cosa: le AI non “creano da zero” le immagini, ma rielaborano un pacchetto enorme di informazioni – e quindi disegni – già esistenti. Il che vuol dire che si basano su qualcosa che una mano umana ha creato in precedenza. Per quanto enorme possa essere questa mole di informazioni, è ovvio che serviranno sempre più contributi umani con il passare degli anni, il che non rende estinguibile il ruolo dell’illustratore. Ovviamente il rischio che ci si adagi su quello che già c’è, che non si crei nulla di nuovo e si usino solo le AI in un infinito loop di ripetizione sempre dello stesso materiale senza nuove creazioni è dietro l’angolo. Ma di chi è la colpa, se non dell’uomo che demanda alle macchine per pigrizia e arrendevolezza o, peggio, per mancanza di spirito creativo? Se ci pensiamo bene, la stessa cosa accade nel cinema contemporaneo e nel mondo dei comics Usa. Remake su remake, riproposizione pedissequa delle stesse cose, degli stessi argomenti, delle stesse situazioni. Mancano le idee, perché si è persa l’immaginazione creativa. Ma di certo non si può incolpare la tecnologia per questo. La battaglia da fare non è dunque contro le AI e contro chi le sviluppa, semmai va affrontata una battaglia culturale affinché l’uomo si riappropri della sua naturale propensione alla conquista di nuove frontiere con i mezzi che ha inventato, anziché cedere alla tentazione di accomodarsi con mezzi che gli rendono la vita più piatta. Se la tecnologia ha portato l’uomo a stare sul divano anziché a conquistare le stelle, non è certo colpa della tecnologia ma di una perdita di una spinta ancestrale che per millenni ha caratterizzato l’uomo, per lo meno l’uomo europeo. E questo sicuramente da prima che le AI venissero inventate.

Venendo al pratico, sono certo che queste nuove AI possano essere d’aiuto a qualunque artista. Possono essere un supporto esattamente come la computer grafica negli ultimi anni – se tornate indietro di qualche anno, sono certo che vi imbatterete in polemiche sul fatto che la CG avrebbe eliminato la naturalezza dei disegni, eccetera eccetera – possono essere usate come basi da rielaborare ma anche come spunti e idee. Io non sono un disegnatore, sono romanziere per hobby, ma non mi sognerei mai di fare una crociata contro una AI che riesca a scrivere storie, racconti, perfino romanzi. So invece che potrebbe essermi utile: in un momento di blocco creativo o in un momento in cui ho la necessità di una “illuminazione” per districare un nodo narrativo complesso, potrei dare degli input alla macchina e farle elaborare tre-quattro storie. Ovviamente non ne utilizzerei neanche una, ma da queste potrebbe uscire la scintilla che mi farebbe capire di cosa avessi bisogno e cosa stessi cercando. Chiunque scriva sa che la stessa cosa può avvenire leggendo un libro, guardando un film o anche assistendo a una scena o a un dialogo. Perché non sfruttare un ulteriore strumento? Solo perché un’idea sorta grazie a una AI non potrebbe essere all’altezza di un’idea sorta da un libro? Sarebbe un argomento sciocco, visto che la AI avrebbe a sua volta preso l’idea da un libro.

Ma le applicazioni delle AI grafiche possono essere infinite. Penso ad esempio a quando un autore che sta inventando un mondo redige la sua moodboard o la bibbia del suo universo narrativo. Quando lo fa non ha a disposizione schiere di fumettisti che lavorano per lui gratis e quasi sempre lavora ricercando immagini in rete che il più possibile ricordino l’idea che vuole veicolare. Anche qui, chiunque scriva sa quanta frustrazione possa portare il non riuscire quasi mai a trovare le immagini adatte. Magari avessi avuto una AI come quelle sotto accusa quando mi è capitato! Ma la stessa cosa varrebbe anche per un grafico impaginatore di una rivista indipendente di settore. Associare un’immagine a un articolo che non parla di cronaca ma di “concetti” non è mai facile. Non si può fare una locandina grafica da zero per ogni articolo, non si può chiamare un disegnatore per pagina, si può al massimo cercare negli archivi fotografici della rete sperando di trovare la giusta associazione. Ore e ore perse a trovarla. E magari la foto trovata ha un copyright. O magari riguarda cose che rimandano a concetti diversi che possono sviare. Le AI grafiche possono risolvere il problema. E così via. Per non parlare delle implicazioni cinematografiche e di animazione. Credo che più o meno tutti abbiano visitato le pagine che, con le AI, propongono delle rielaborazioni di vecchi film (dallo Star Wars nel Giappone feudale alle saghe arturiane in salsa western ai cartoni animati comici rivisitati come Dark Fantasy anni ’80 eccetera). Quello che stupisce è il realismo di certe illustrazioni grafiche. Di gran lunga migliori di molta CGI in 3D che si è vista ultimamente in molte animazioni scadenti, soprattutto sulle piattaforme streaming. Se queste AI potessero essere messe al servizio di animazione e cinema per effetti speciali, io credo che assisteremmo a un balzo in avanti di realismo cinematografico epocale. E no, il fatto che siano fatte al computer non le rende più fredde. Per quanto io sia un amante degli effetti speciali di Carlo Rambaldi, di Ray Harryhausen e perfino di Willis O’Brien, non tornerei mai indietro dopo aver visto gli effetti speciali computerizzati di un 300, di un Dune o di un Signore degli Anelli (quello vero, non la parodia di Prime, sia chiaro). Sposterei dunque il focus del dibattito sull’uomo anziché sulla tecnologia. Torniamo ad essere padroni di ciò che usiamo, riprendiamo quella sete di conquista che la vita comoda ci ha fatto credere di aver appagato, torniamo ad essere dominatori anziché schiavi degli strumenti che abbiamo a disposizione proprio perché il genio umano ce li ha resi disponibili. L’obiettivo è creare mondi, civiltà e bellezza. Che questo avvenga grazie a delle pietre focaie o a delle AI, poca importa.

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