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Assassinio sull’Oriente Express targato Branagh: un capolavoro rovinato dal politicamente corretto

In vista dell’uscita di Assassinio Sul Nilo rivediamo l’altra trasposizione cinematografica di Agatha Christie con più pecche che lodi.


Il 10 febbraio uscirà nelle sale italiane Assassinio sul Nilo la seconda fatica in salsa gialla di Kenneth Branagh che continua a voler dirigere ed interpretare film per soddisfare il proprio ego ipertrofico. Il trailer, che vede nel cast una sempre brava e bella Gal Gadot, sembra promettere bene e pertanto riesaminiamo l’altra pellicola ispirata ad uno dei capolavori di Agatha Christie Assassino sull’Oriente Express uscito nel 2017.

Assieme a 10 piccoli indiani è probabilmente il romanzo della giallista inglese che vanta il maggior numero di trasposizioni cinematografiche di cui la più fedele al romanzo è quella del 1974 che contava tra i suoi protagonisti Ingrid Bergam, Lauren Bacall e Sean Connery.

Branagh riesce a mettere in fila una serie di strafalcioni, soprattutto di tipo storico, che neanche uno studentello di cinematografia alle prime armi sarebbe stato in grado di fare. Cominciando dall’incipit che nel romanzo si svolge ad Aleppo lui lo trasporta a Gerusalemme dilungandosi parecchio per tratteggiare la sua visione di Poirot che è più simile ad un Asperger che al noto investigatore belga. Oltretutto da un punto di vista fisico lui sta al buon Hercule quanto Woody Allen a Conan il Barbaro! In più aggiunge parentesi sentimentali ed affettive totalmente estranee al personaggio.

Fin da subito il buon Kenneth ci offre suoi intensissimi primi piani e soliloqui che ricordano più Carson Clay, il regista vanesio ed egocentrico interpretato da William Dafoe in Mr Bean’s Holiday, che la creatura letteraria della Christie. Non mi dilungherò sulla trama che tutti noi conosciamo ma direttamente sugli errori tecnici.

In primis le scene d’azione totalmente assenti nel libro e in qualsiasi altra sua incarnazione. Poirot, poi, era tutto meno che un uomo d’armi qui lo vediamo sparare, cosa mai fatta da lui in nessun romanzo o trasposizione televisiva e cinematografica[1], e schivare addirittura i proiettili!

Ma veniamo ai personaggi e al casting vera piaga di questo film. Cominciamo con le poche note positive: Johnny Depp che interpreta l’anima nera della storia ossia Samuel Rachett, alias John Cassetti, “vittima” della storia e, in un certo senso, asso portante di tutto il racconto. Depp come sempre è magistrale e riesce a rendere alla perfezione un personaggio innegabilmente odioso e detestabile. Solo una noticina benché il cognome Cassetti compaia scritto ovunque nella versione originale Branagh lo pronuncia Cassevich, slavizzandolo.

Ora è probabile che il buon Kenneth abbia letto la versione italiana del 1935 che aveva subito talune rivisitazioni e edulcorazioni da parte del Regime Fascista. Difatti era stata tagliata una parte in cui gli italiani venivano descritti come dei tagliagole e delinquenti e i cognomi Cassetti e Foscarelli furono ribattezzati nell’irlandese O’Hara e nel brasiliano Pereira.

Quest’ultimo poi lo mantiene latino-americano ma inventandosi un nome completamente diverso Biniamino Marquez interpretato da Manuel Garcia Rulfo. Pertanto, vien da chiedersi se Branagh abbia del risentimento verso noi italiani…

Mentre invece è forte la sua simpatia per gli ispanici visto che pasticcia con il personaggio di Greta Ohlsson che nel romanzo è svedese, e nel film del ’74 ha il volto della Bergman, e qui diventa Pilar Estravados, per far lavorare Penelope Cruz, con un tentativo, maldestro, di omaggiare l’omonimo personaggio che compare ne Il Natale di Poirot.

Michelle Pfeiffer è invece Caroline Hubbard, mente e anima della congiura, in quel ruolo che fu di un mostro sacro quale Lauren Bacall, e bisogna dire che le tiene testa molto bene. Solo che anche qui viene sovraccaricata di una presenza ed uno spessore esagerati con tanto di finta pugnalata alle spalle totalmente assente nel romanzo.

Il personaggio di Mary Debenham che illo tempore fu di Vanessa Redgrave qui viene affidato alla sopravvalutata Daisy Ridley. Ovviamente il paragone è massacrante per quest’ultima. Poiché dove la prima è espressiva, femminile e di classe l’altra è mono espressiva e si muove come un T-rex con i tacchi a spillo che calpesta le noci di cocco!

Poi abbiamo il personaggio di Hector McQueen che viene interpretato da Josh Gad il quale purtroppo collassa dinnanzi al suo predecessore in questo ruolo ossia il sempre compianto Antony Perkins. Difatti dove quest’ultimo fu tormentato, introspettivo ed umano troppo umano Gad risulta solo goffo, nevrotico e a tratti effeminato.

Altra chicca sono i coniugi blasonati ungheresi Helena e Rudolf Andreyi. Che nel ’74 furono interpretati dai talentuosi Jacqueline Bisset e Michael York, ficcantissimi nella parte, mentre oggi hanno i volti dei misconosciuti e assai poco valenti Lucy Boynton e Sergei Polunin. Anzi Branagh spinge il piede sui clichè e le debolezze dei personaggi trasformando lei in una depressa cronica tossicodipendente e il marito in un rozzo picchiatore slavo secondo l’adagio “spaco bottilia ammazo familia”. Ah, oltretutto il nobile in questione elargisce calci volanti da karateka in guisa delle strette di mano.

Ora viene al piatto forte del cast che è il tripudio la politicamente corretto nonché la “pecionata” peggiore che il buon Kenneth potesse fare. Nel libro compaiono due personaggi l’anziano medico greco Dottor Costantine e il colonnello Arbuthnot che fu interpretato dal compianto Connery. Ebbene il regista decide non solo di fondere i due personaggi, ossia un reduce di guerra divenuto medico, ma gli cambia etnia da bianco in afroamericano (Leslie Odom Jr)!

Ora è probabile che il nostro autore sia un po’ digiuno di storia contemporanea poiché se è vero che ci furono dei coscritti afroamericani nell’esercito statunitense[2], era praticamente impossibile, esistendo una cosa chiamata segregazione razziale, che uno di essi potesse accedere a studi superiori e addirittura laurearsi in medicina. Quando vuoi fare una marchetta tokenista e rimedi solo la figura dell’ignorante! Eh Branagh dai apriamolo un libro di storia!

Errore che commette anche a fine film mostrando tra le file della polizia jugoslava un nero… ecco se mai sia esistito un paese logorato dai odii etnici è stato proprio l’ex stato jugoslavo, pertanto, com’è minimamente pensabile inserire questo tocco multietnico? Però il caro Kenneth è fissato con la società multietnica difatti nel suo Thor del MCEU inserisci asgardiani neri e asiatici… allora il paganesimo, nonostante le storpiature hippie delle Wicca, è una religione fortemente etnocentrica, nazionalista e per niente inclusiva. Fosse anche solo per il fatto che si basava sul mondo allora conosciuto e quindi Africa ed Asia, nel mondo norreno nello specifico, non erano contemplate. E semmai ci fossero stati interscambi tra i popoli sarebbero stati rappresentati in chiave negativa in quanto stranieri ed avulsi al contesto della comunità d’origine.

Dunque, non vi è nulla da salvare del film? No, la scenografia è favolosa e solo ammirando le ricostruzioni degli interni del treno e i vestiti restiamo rapiti e ci dimentichiamo, per poco invero, degli strafalcioni presenti nella sceneggiatura.

Invero Kenenth Branagh, come molti artisti, è troppo pieno di sé è un mausoleo di sé stesso ormai. Forse è divenuto la versione umana di un suo personaggio ossia Gilderoy Allock il professore sbruffone, egotista e vanaglorioso della saga di Harry Potter.

 

[1] Ecezzion fatta per l’ultimo episodio della serie tv britannica con David Suchet intitolato Sipario.

[2] 350.000 di essi prestarono servizio nell'American Expeditionary Force sul fronte occidentale, con un'unità di combattimento, la 369ª fanteria Hell Fighters di Harlem che fu insignita della Croix de Guerre dagli alleati francesi per il loro coraggio e competenza in combattimento. La 370ª fanteria ricevette il nome di "The Black Devils" dai tedeschi e, in seguito alla loro organizzazione prebellica nell'Illinois, era l'unica unità americana ad avere ufficiali neri.

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