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Edoardo Bennato: un cantautore che nei suoi dubbi è sempre coerente con la sua vena rock

«Gli impresari di partito/Mi hanno fatto un altro invito/E hanno detto che finisce male/Se non vado pure io/Al raduno generale/Della grande festa nazionale/Hanno detto che non posso/Rifiutarmi proprio adesso/Che anche a loro devo il mio successo/Che son pazzo ed incosciente/Sono un irriconoscente/Un sovversivo, un mezzo criminale».


Edoardo Bennato

È questo il momento centrale di Sono solo canzonette, canzone manifesto di Edoardo Bennato del 1980, che dà il titolo al disco omonimo. È il culmine di un discorso che Bennato porta avanti fin dal primo disco del 1973 NON FARTI CADERE LE BRACCIA col brano Rinnegato, proseguendo poi con Feste di Piazza in IO CHE NON SONO L’IMPERATORE (1975), Cantautore in LA TORRE DI BABELE (1976) e Il Gatto e la Volpe in BURATTINO SENZA FILI (1977). Cosa stava dicendo Bennato? Per capirlo dobbiamo scavare nel passato, e soprattutto nella storia del mercato delle feste musicali anni ’60 e ’70 organizzate dai partiti. Il PCI aveva dato vita a una rete capillare di feste, le Feste dell’Unità, dove gli artisti che facevano parte della “scuderia ideologica”, trovavano spazio. Inoltre, i contatti del PCI con i partiti comunisti degli altri paesi europei, anche oltrecortina, faceva sì che chi fosse stato nel giro “giusto” potesse contare su trasferte in festival organizzati dalle federazioni giovanili degli altri partiti comunisti, con cachet e tutto pagato. Bennato, giovane cantautore emergente napoletano, era in questo giro, e poteva contare su un “minimo garantito lavorativo” oltre che visibilità. Solo, se e quando gli fosse stato chiesto di partecipare a qualche evento avrebbe dovuto, come tutti gli altri, rispondere al richiamo dell’organizzazione.


Come facciamo a dirlo? Sulla base di colloqui con chi era il referente dell’epoca del PCI per questo specifico settore. Non relativamente alla figura di Bennato in prima persona, ma riguardo alla struttura in senso ampio. Il coinvolgimento di Bennato in questo discorso lo ricaviamo dai suoi testi, quando lascia balenare il retroterra di “impresari di partito” che gli fanno “un altro invito”.  La strofa di Sono Solo Canzonette non è quindi una metafora di quella situazione, come è invece Il Gatto e la Volpe, ma una descrizione oggettiva e sarcastica di cosa succedeva.


Edoardo Bennato

Ora, perché partiamo da qui? Perché fa capire come Edoardo Bennato, ben lungi dall’essere un cantautore impegnato, è sempre stato un artista che ha voluto essere libero, anche a rischio di vedere la propria carriera perdere di consistenza.

 Nel 1998 Sbandato, dal disco omonimo, riprende questo argomento, in chiave più poetica e meno descrittiva, tratteggiando la figura di un uomo che vede davanti a sé quel mondo un tempo granitico e ideologicamente compatto, svuotarsi progressivamente di numeri e seguito «Alle veglie anti America, quasi più nessuno/Tutti quanti alla carica dei cento e uno». La certezza ideologico-partitica di vent’anni prima ha lasciato il passo alla resa di oggi.


Eppure Bennato è sempre stato coerente. La sua musica, i suoi testi, la sua poetica hanno sempre avuto al centro l’individuo, i sentimenti, l’amore come forza irriducibile alla logica (Si tratta dell’Amore), la solidità pura e invincibile della donna (Le Ragazze fanno grandi sogni) e l’unica salvezza che viene dalla creatività e dall’immaginazione (L’isola che non c’è). In oltre 50 anni di carriera Bennato ha messo assieme un catalogo di brani e dischi assolutamente imprescindibili per chi voglia comprendere la storia della musica popolare italiana. Eppure dal 2011, quando Bennato presentò il brano Italiani, per le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia,  è sceso come un velo su questo immenso autore. Quando nell’aprile 2020 sulla spinta della pandemia scrisse assieme al fratello Eugenio il brano La Realtà non può essere questa, con un video che mostrava le strade di Napoli deserte per il lockdown riprese con un drone cantando che la realtà non poteva essere quella e che era necessario trovare altre strade e non accontentarsi, nessun esponente della critica ufficiale lo degnò di una citazione, di un commento, di una riflessione. Una canzone di grande speranza, di nessuna rassegnazione, ma lucida e ferma nell’affermare che si poteva sognare un modo diverso di vivere, passata sotto silenzio.


Bennato nasce come cantautore folk blues nel 1973 con NON FARTI CADERE LE BRACCIA. Costruisce il successo disco su disco fino al 1980, quando diventa una rockstar assoluta dive bissa il successo del trionfale BURARRINO SENZA FILI con SONO SOLO CANZONETTE, disco che contiene brani classici come quello omonimo e soprattutto L’isola che non c’è, vero e proprio invito a non arrendersi mai alla pesantezza del quotidiano e a lottare con tutte le forze per volare fino alla Seconda Stella a Destra.


Edoardo Bennato

Passa gli anni ’80 e gli anni ’90 mantenendo il successo, sia pure in dosi sempre minori, grazie ad altri dischi come OK ITALIA (1987), ABBI DUBBI (1989) e LE RAGAZZE FANNO GRANDI SOGNI (1995). Poi con SBANDATO (1998) inizia il declino. Il disco, malgrado il valore, non viene promosso dalla casa discografica, ed è un flop. Nei successivi 26 anni Bennato porta avanti l’attività live, e pubblica, solo cinque dischi (L’UOMO OCCIDENTALE, 2003; LE VIE DEL ROCK SONO FINITE, 2010; PRONTI A SALPARE, 2015, BURATTINO SENZA FILI 2017 e NON C’È, 2020), tutti sostanzialmente ignorati dalle classifiche. Nel 2000 però c’è un ritorno di fiamma, quando la Tim usa il brano Afferrare una stella presente nel dico del 1995, nel suo spot per la Tim Card estate. A quel punto Bennato riacciuffa una popolarità che più o meno mantiene tra alti e bassi fino al 2011 quando appunto il 16 marzo nel corso della trasmissione su RAI 1 Centocinquanta, presenta Italiani. Da quel momento in poi è come qualcuno avesse detto «ora basta». Bennato non riesce a trovare una casa discografica per il suo nuovo disco PRONTI A SALPARE, e solo dopo tre anni riesce a pubblicarlo. Malgrado il brano omonimo abbia vinto il premio Lumezia come miglior testo, critica e radio non danno spazio al disco. Ancora oggi mentre in TV va chiunque abbia pubblicato anche solo un 45 giri apparso al cinquantesimo posto in classifica negli ultimi 50 anni, Edoardo Bennato resta ai margini.


Nell’autunno 2020 l’ultimo disco, NON C’è, e anche qui silenzi, solo un’illuminante intervista reperibile sul sito di Rolling Stone che svela tutti (o quasi tutti) i motivi di questa situazione.

Nel corso dell’intervista, con data 19 novembre 2020, a un certo punto Giancarlo Aimi, autore dell’articolo, chiede:


«RS: Sei stato il primo cantautore italiano a riempire lo stadio di San Siro, hai venduto milioni di copie, hai una carriera eccezionale, eppure da qualche tempo non ti si vede più così presente. È una scelta o una costrizione?

EB: Bennato non c’è, hai ragione! Negli anni di San Siro pubblicai due album insieme per evitare che dopo Pinocchio con Burattino senza fili si aspettassero Peter Pan. Purtroppo, sono sempre sotto accusa, da quando ho ricevuto la “patente” da una fazione politica ben definita e quindi vengo aggredito sia da loro che dalle fazioni avverse e ne pago le conseguenze. Non voglio dire che sono un perseguitato, però la mia vita artistica è abbastanza complicata, dai rapporti con le radio a quelli con le istituzioni politiche che sovraintendono le arti. Mi sembra chiaro, comunque, che pago le conseguenze del mio essere iconoclasta, provocatore, sobillatore, eversivo. Pago per le mie idee, insomma, e forse è giusto così».

 

A rafforzare questa tesi arriva il suo pensiero su Sanremo al quale si nega senza rimorsi.“No, perché è l’emblema della musica stantia e rancida, del carrozzone maleodorante degli impresari senza scrupoli. Negli anni ’70 era ridotto a poco più di una recita parrocchiale. Non rappresenta altro che la superficialità del baraccone dorato della musica leggera dove i personaggi vengono enfatizzati e poi distrutti. Ci si diverte sadicamente a creare gli eroi e poi a distruggerli. Io ti ho creato e io ti distruggo, questa è la logica dell’industria discografica, delle radio e dei media in questo momento».

 

Ed ecco forse il motivo vero per cui Edoardo Bennato è “fuori”. Un certo sistema è riuscito ad inglobare e anestetizzare quasi tutte le voci dissidenti, in nome di una inclusività posticcia. L’autoesclusione operata da Bennato allora ci si rivela come una scelta contro un modello di intrattenimento, quello portato avanti da industria discografica, radio e media «in questo momento”, sotto la regia, a volte manifesta, a volte dietro le quinte di una classe politica che ha messo le mani su tutte le principali rassegne e premi, portando avanti, nello stesso momento, un lavoro di presenza live che un po’ ovunque registra il sold out.


Edoardo Bennato

Bennato non è dimenticato o escluso dal pubblico di carne e ossa. È escluso dal sistema, perché ha scelto di non assimilarsi al sistema stesso. La sua non è la colonna sonora dello status quo, il rock “responsabile, socialmente impegnato, e politicamente corretto”. La sua è la colonna sonora di chi ha dubbi, su tutto e tutti, e non accetta supinamente quello che decidono altri «Idee, bandiere, che non mi dicono niente». E siamo tornati da dove siamo partiti. Ancora oggi ci sono impresari di partito che fanno altri inviti, e ricordano alle star le cambiali «io ti ho creato, e ora devi venire alla grande festa nazionale, perché il successo lo devi a me, che ti ho costruito per i miei scopi». E ancora oggi Bennato a «quelli in malafede, sempre a caccia delle streghe», risponde nell’unico modo sano: con lo sberleffo del giullare che sa che il Re è nudo, e non ha paura di dirlo.

 

Una carriera lunga 51 anni, 43 dischi pubblicati (20 in studio, 10 live, e 13 raccolte) almeno tre capolavori assoluti (BURATTINO SENZA FILI, SONO SOLO CANZONETTE, SBANDATO), e una serie di brani diventati classici inamovibili nel canzoniere italiano. Eppure, oggi mentre guitti, nani e saltimbanchi occupano radio e TV Bennato dov’è? La risposta è facile: sul palco a cantare sempre e comunque «Ebbi dei dubbi si/Ebbi dei dubbi no/Ebbi dei dubbi mamma/E tanti ne avrò/Chi dubbi non ne ha/Chissà cosa farà/Dimmi dimmi dimmi dimmi/Tu quanti dubbi hai»


Credevate avessimo finito? Ingenui. Come in ogni mega produzione di intrattenimento che si rispetti non poteva mancare la “scena dopo i titoli di coda”!

Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 Bennato è all’apice della popolarità. OK ITALIA (1987) con uno dei video più iconici di quel decennio, e ABBI DUBBI (1989), che nel brano omonimo vedeva il manifesto del Bennato-pensiero (aggiornato poi in Si tratta dell’amore del 2001) avevano portato la popolarità di Bennato a livelli tali che la Federcalcio lo scelse, assieme a Gianna Nannini, per il brano sigla dei campionati mondiali di calcio che si svolsero in Italia nel 1990. Notti Magiche fu la canzone dell’estate ’90. Tutti si ritrovarono a canticchiare almeno una volta il ritornello, e Bennato ormai era IL cantautore. A questo punto la vena da rocker e bluesman (ricordiamo che è stato “benedetto” da B.B.King in persona) prese il sopravvento e Bennato decise di evadere da questa gabbia, creando una nuova identità: Joe Sarnataro. Il progetto Sarnataro vide Bennato inventare un personaggio che è una versione alternativa di Bennato stesso, se le cose fossero andate in modo diverso. Joe Sarnataro è un bluesman che vive negli USA, ma è nato a Napoli.


A un certo punto decide di tornare in Italia, nella sua città natale per incidere un CD. Frutto di questo lavoro furono un lungometraggio di 85 minuti pubblicato come home video e successivamente suddiviso in dieci puntate da circa 10 minuti l’una, trasmesse in sequenza quotidiana dal 27 aprile all’8 maggio 1992, e un disco che riprende i brani presenti nel film, e che in teoria dovrebbero essere i brani che Joe Sarnataro intendeva inserire nel suo disco. Il lavoro, intitolato È ASCIUTO PAZZO 'O PADRONE, esce nel 1992, e pur essendo un disco di blues/rock cantato in napoletano stretto diventa disco d’oro, con oltre 100.000 copie vendute.


A riprova dell’autorevolezza che Bennato aveva è il cast che riesce a mettere assieme per il lungometraggio: Lina Polito, Peppe Lanzetta, Lino Banfi e Renzo Arbore, che interpreta il Commendator Renzo, una versione autoironica che rispecchia molto del vero Arbore.

L’autorevolezza di Edoardo Bennato fa sì che oggi sia membro del Consiglio Superiore dello Spettacolo assieme, tra gli altri al M. Uto Ughi e a Enrico Ruggieri. E non sarebbe male, vederli impegnati in un duetto tra punk, rock’n’roll e musica cantautoriale.

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