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Elena Romanello

IL RITORNO DELLE CUGINE DI CANDY

Aggiornamento: 9 ago 2023

La giornata di Italia 1, momento importante per gli otaku anni Ottanta e Novanta, inizia da un po’ di tempo con due classici degli shojo, le storie rivolte alle ragazzine: Charlotte, della Nippon Animation del 1977, e Lady Georgie del 1983.

Il primo è stato assente dai teleschermi per parecchi anni, era riapparso nel primo decennio del nuovo Millennio su Rai Gulp con un nuovo, buon doppiaggio rispetto a quello del 1980, mentre il secondo viene trasmesso praticamente ogni anno. Entrambe le vicende sono incentrate sulle disavventure di due ragazzine, o meglio di una bambina che sta diventando ragazzina Charlotte, e di una ragazza che cresce Georgie, nel primo caso i toni sono più infantili e soft, con qualche citazione di classici della letteratura, Il piccolo lord in primis, nel secondo invece il registro cambia dalle prime puntate con la protagonista sorta di Heidi in salsa australiana, per diventare una vicenda che parla di grandi amori, passioni e drammi.


Charlotte e Georgie sono senz’altro due anime che si fanno guardare, più curato dal punto di vista tecnico il secondo rispetto al primo, che però essendo stato assente per parecchio tempo, ha il sapore della novità vintage.

La Nippon Animation, famosa poi per gli adattamenti di romanzi ottocenteschi europei per l’infanzia, produsse i trenta episodi di Charlotte nel 1977, con un finale aperto che poteva preludere ad una seconda stagione che non arrivò mai. La serie arrivò nel nostro Paese nell’estate del 1980, sulle reti locali, e fu replicata varie volte prima di sparire per poi tornare all’inizio del Millennio. In Italia il periodico La Banda TV Ragazzi, diventato poi Cartoni in TV, pubblicò una serie di fumetti  ispirati alle avventure della ragazzina canadese. La sigla era cantata da I Papaveri Blu, ed è rimasta questa.

Georgie arrivò in Italia invece nell’autunno del 1984 su Italia 1, partendo come una storia dai toni abbastanza infantili, ma svelando subito grazie all’album Panini gli svilupppi poi più maturi, anche se non come nel manga. Prodotto dalla Tokyo Movie Shinsha, vide la sigla italiana cantata da Cristina d’Avena.

Appunto, due anime godibli e piacevoli, ma che fanno sentire ancora di più la mancanza di un altro personaggio iconico di manga e anime, a cui sono chiaramente ispirati e sull’onda del quale arrivarono qui in Italia: Candy Candy.

La storia di Charlotte prende da Candy diversi spunti, dalla caratterizzazione anche come vestiario della protagonista al personaggio del Cavaliere passando per la figura della perfida Marie, fermandosi prima nella crescita della protagonista.

Georgie è della stessa autrice di Candy, Yumiko Igarashi, che volle arricchire la sua seconda opera di successo ad essere poi trasposta in animazione da toni più adulti: ma senza togliere niente alla bionda fanciulla australiana divisa tra vari amori, Candy funziona meglio, sia in fumetto che in cartone animato, anche se soprattutto in quest’ultimo ci sono vari episodi filler che rallentano la storia. Tra l’altro, la prima volta che uscì il manga fu proprio sulle pagine del settimanale Candy Candy della Fabbri, che purtroppo non seppe continuare come contenitore di shojo manga, ma preferì la strada della censura. Il manga fu quindi troncato di fronte ai toni molto più adulti rispetto all’anime che prendeva (droga, molestie sessuali, amore carnale, morte e tanto altro), per poi essere riproposto negli anni Novanta da Star Comics e nel nuovo Millennio da Magic Press.

Candy Candy fu all’epoca un successo molto maggiore rispetto a Charlotte e Lady Georgie, trasmesso sulle reti locali, con diversi tempi di trasmissione tra le varie Regioni e spoiler e leggende metropolitane scambiati sotto l’ombrellone nell’estate del 1980, ma anche via lettere rigorosamente cartacee o telefonate a parenti residenti in altre città. Forse qualcuno dei 115 episodi è di troppo, ma ha una vicenda avvincente, in cui la protagonista cresce da bambina a donna, si ribella, piange, vive varie avventure, si innamora, subisce lutti e angherie, ma non perde mai la fiducia nella vita e la voglia di fare del bene.

Dal punto di vista tecnico, Candy batte Charlotte a mani basse, come trama e come personaggi, mentre resta anche lei un po’ deludente nel finale, e senza una vera scelta dell’eroina tra Terence, per molti fan il vero amore, e Albert, una soluzione più consolatoria ma piatta e senza emozione.

Lady Georgie è a prima vista realizzato con più cura rispetto a Candy Candy, come disegni, scenografie e personaggi, ma presto perde il suo vantaggio: certo, la Signorina Tuttalentiggini ha qualche anacronismo di troppo, ma immerge in un mondo tra fiaba e realtà ancora iconico oggi, e la figura di Terence è imbattibile rispetto al melenso Lowell e ai due gelosi fratelli adottivi Abel e Arthur.

Quindi, si torna al solito discorso: Candy Candy è assente da troppi anni dai nostri teleschermi e dalle nostre pubblicazioni, a causa della lite tra le autrici Keiko Nagita e Yumiko Igarashi, e ci manca. In America latina è stato trovato un inghippo sia per continuare a trasmettere l’anime che per far uscire pubblicazioni in tema, qui resta una grande assente dei cartoni animati giapponesi rimasti nel cuore dei boomer, ed è un peccato. A Torino Comics ultimo è girata la voce di un possibile ritorno, speriamo che non sia l’ennesima leggenda metropolitana, perché Charlotte e Lady Georgie sono carini, ma Candy Candy è un’altra cosa.

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