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Stefano Coccia

Osannaples: intervista a M. Deborah Farina

Aggiornamento: 7 gen 2022

Gli Osanna e la passione per cinema e musica, nella nostra conversazione con la regista


Qualche mese fa, in occasione di un appuntamento prestigioso come il “Los Angeles Italia Film, Fashion and Art Festival”, ci eravamo entusiamati di fronte alle immagini di Osannaples, lo spumeggiante documentario che M. Deborah Farina ha dedicato agli Osanna. Duplice omaggio, quindi, al progessive italiano e alla controcultura musicale di una Napoli riproposta sullo schermo con grande vivacità, sia nel presente che nell'accurata ricerca di vecchi e rari filmati. Dalla visione del film le cose hanno continuato a muoversi. Ed essendoci novità sia riguardo al cammino di tale rockumentary che per la storica bad, giunta particolarmente arzilla ai 50 anni di attività, ne abbiamo approfittato per fare il punto con la vulcanica (il Vesuvio sullo sfondo c'è, del resto...) cineasta!


L'interesse per la musica, Deborah, pare essere uno dei fili conduttori della tua carriera di cineasta. Ci potresti dire quali sono i "precedenti" più significativi, in tal senso?

M. Deborah Farina: Sì, la musica è sempre stata al centro dei miei interessi artistici e culturali. Da una parte sarei voluta diventare flautista perché amo il suono del flauto traverso (mio nonno era flautista e clarinettista) dall’altra, da piccolissima, volevo essere come Madonna di “Into the groove”, non a caso ho fatto danza classica per circa quindici anni seguita da tutti gli stili fino ad oggi. Ho quindi iniziato a suonare la chitarra e, soprattutto, a cantare in rock band. Ho trascorso anni tra concerti e jam session della mia città, Roma, quando c’era ancora una scena rock autoctona. Contestualmente, attraverso l’agenzia d’opera e sinfonica di Christian (il rock singer Chris Catena), a cui devo molto, ho approcciato il mondo dell’opera lirica. ll mio interesse principale era rivolto verso l’hardrock anglosassone di matrice Seventies e il cinema che era sorto intorno alle varie gigs e festival che rappresentavano anche una proposta di avanguardia e controcultura dell’epoca (dal flower power di “Monterey pop” e “Woodstock”, alla brutalità di “Gimme Shelter” passando per l’Isola di Wight). Se da un lato, una volta laureata in Cinema (con un tesi dal titolo “Direct cinema e Film concerto”), iniziavo a pubblicare libri tra cui il significativo “Rockumentary & Concert Films. Manuale del cinema rock”, su cui avrei realizzato anche diverse retrospettive, dall’altro la centralità della musica, mi portava a realizzare il mio primo ‘portrait’ sul soprano Eteri Lamoris, girato alla Washington Opera House sul palco de “I puritani” (un mediometraggio documentario con interviste a Placido Domingo e Franco Zeffirelli). Erano i primi anni del secondo millennio (tra le varie, ancora in ambito operistico, avevo anche elaborato tagli sulle partiture, ideando e scrivendo piani prosaici da integrare a “Manon Lescaut” e “Don Giovanni”). I miei film a seguire, hanno avuto tutti il comun denominatore della musica: “Folk Singer”, sul cantautore folk-rock Enrico Capuano che ho seguito nel tour estivo del 2003; “Paranoyd. A visual sensorial experience”, i cui 76 minuti poggiano interamente su un ambient sonoro e, per entrambe le due versioni, sull’uso della musica (sia per la versione con brani editi, sia per quella -ufficiale- con colonna sonora originale elettronica, che io stessa ho realizzato con mezzi digitali); ” Anarchitaly”, il cui montaggio si basa sul ritmo dato dai brani musicali; “Down by Di Leo” per il quale ho ricercato suggestioni sonore dalle canzoni in background nel tessuto filmico e, naturalmente, “Osannaples”, vero e proprio film musicale e rockumentary, a coronare finalmente tutto il percorso fin qui descritto.


Venendo alla genesi di Osannaples, una curiosità nasce spontanea: preso nota della tua passione musicale, quale spazio occupa il prog (italiano e non) nei tuoi ascolti?

M. Deborah Farina: Il progressive, essendo una branca del rock, certamente ha uno spazio importante nei miei ascolti. Già in “Paranoyd”, per alcune scene primarie, avevo scelto (nella versione con musica edita), brani sia dal prog italiano che da quello internazionale: da “Cemento armato”, de Le Orme e da “Thick as a brick” dei Jetrho Tull, vero e proprio album-manifesto della musica progressiva. Ma ho ascoltato di tutto: dagli Area ai primi New Trolls, dai Van Der Graaf Generator ai King Crinsom, agli Elp. Tuttavia, in tutto questo panorama e non solo, ovvero in tutto il panorama rock italiano la mia band preferita, sono sempre stati gli Osanna. Ho consumato i loro album degli anni Settanta: “L’uomo”, “Milano calibro 9” , “Palepoli”, “Landscape of life” (e anche “Suddance”, sebbene più fusion), ritenendoli tra i maggiori capolavori della musica psicheledelica italiana tra progressive e hard rock. In particolare sono legata alla colonna sonora di “Milano calibro 9” (Luis Bacalov, Osanna), a cui ho voluto dare, non a caso e in tempi non sospetti, il “Premio Piero Umiliani per la musica da film”, della prima edizione del festival che ho ideato e dirigo “Le Giornate del Cinema di Genere”. Realizzare “Osannaples”, con gli Osanna e la loro musica quali protagonisti, rappresenta per me un grande traguardo della mia costanza e tenacia nel perseguire un obiettivo. Oggi faccio parte integrante della Osanna Prog Family e ho nel mio film proprio quei musicisti che negli anni ho ascoltato: da David Jackson a David Cross, Carl Palmer, Gianni Leone, Vittorio De Scalzi, Enzo Vita, Aldo Tagliapietra, Corrado Rustici.

Osannaples, quindi Osanna. Lo hai in parte anticipato, ma come sei entrata in contatto con la band campana e come è partito il progetto che ha portato a questo film coloratissimo, ricchissimo di storie, deliziosamente in bilico tra passato, presente... e futuro?

M. Deborah Farina: Come detto prima, ho sempre seguito gli Osanna, quale mia band italiana preferita. Il contatto con loro è nato attraverso Lino Vairetti, che ho incontrato personalmente il 9 giugno 2017 a Napoli. Avendo realizzato il documentario su Fernando Di Leo “Down by Di Leo”, ho contattato Lino per invitarlo, quel giorno, alla proiezione e al talk sul film al Teatro Zona Vomero. Lui ha accettato e ci siamo incontrati li, per la prima volta. E’ nata da subito una grande empatia e gli ho quindi proposto la mia idea di poter realizzare un film documentario sugli Osanna che avesse lui come protagonista-narratore della storia, attraverso i suoi ricordi, tra passato e presente. Lino si è rivelato da subito entusiasta, divenendo anche co-produttore di quello che sarebbe diventato “Osannaples”, titolo che ho tenuto nascosto anche a lui, identificando il film con il sottotitolo “L’uomo de Prog”, fino all’uscita al “Seeyousound Music Film Festival” di Torino lo scorso 25 febbraio. Nel doc c’è anche il futuro! Alcuni brani realizzati per la colonna sonora originale di Osannaples (”: “L’uomo del Prog”, “Tu” e parte del brano “Spirit” di Lello Brandi.), saranno presenti nel nuovo disco di prossima uscita degli Osanna “Il diedro del Mediterraneo”.


Napoli, anch'essa protagonista: in che modo hai scelto di rappresentarla, nel documentario?

M. Deborah Farina: Io amo Napoli e con “Osannaples” ho voluto renderle un mio personale omaggio. Non volevo dare un’immagine oleografica della città, o definirla attraverso i suoi ‘luoghi comuni’, bensì una visione poetica sia attraverso le mie riprese, sia montando le immagini di repertorio dal passato, in bianco e nero, sgranate, sporche a volte, ma infinitamente suggestive. Le ho alternate al presente, le ho rallentate a volte per dare un tempo più dolcemente rarefatto a quelle vite che si trovarono addosso, casualmente, l’occhio di una macchina da presa. Anche della notissima e maestosa visione del Golfo di Napoli con il Vesuvio a disegnare l’orizzonte, ho voluto dare un’immagine diversa, psichedelica: avevo immaginato i musicisti della band, truccati e vestiti come antichi sacerdoti sopra la città, come delle entità sospese sulla collina (di San Martino): la scena di “Mirror Train”, ad apertura film, rappresenta il passaggio tra il passato e il presente, il tempo che scorre come un treno allo specchio. Quel panorama, questa idea, mi ha fatto pensare alla vigna, il punto più alto della collina, come il giardino dei Getsemani in cui i discepoli seguono i loro maestri, in questo caso rappresentati dagli Osanna storici Lino Vairetti, Lello Brandi e Massimo Guarino


Sulle ricerche di archivio inerenti a Osannaples penso si potrebbero scrivere pagine e pagine... sintetizzando al massimo, quali sono state per te le scoperte più belle e interessanti, effettuate "rovistando" nel materiale audiovisivo della band?

M. Deborah Farina: Si infatti potrei parlarne all’infinito! Le mie ricerche sono durate anni, ho scandagliato passo passo, in primo luogo, tutto l’archivio personale di Lino: cinquant’anni e più di storia musicale partenopea ed internazionale, scoprendo materiali che neppure lui sapeva ormai di avere. Ho potuto avere di fronte agli occhi i materiali editi originali (dalla ripresa di “Milano calibro 9” del 1972 all’Auditorium della Rai di Torino, all’esibizione al “Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze” del Centralino del Tennis al Foro Italico), a quelli inediti come una ripresa di una esibizione live de “L’uomo” a bordo piscina di un locale di Gallipoli o decine di foto, incredibili, mai pubblicate, realizzate negli anni Settanta. Ho provato una grande emozione vedendo le immagini della ‘vecchia’ Napoli, inediti meravigliosi del “Festival di Napoli” dei primi anni Sessanta con un Pino Mauro in gran forma; dei giovanissimi Eugenio Bennato, Fausta Vetere e Patrizio Trampetti della Compagnia di Canto Popolare, le strade adiacenti la ex base Nato di Bagnoli su cui ho montato “Ma l’amore no” cantata da Lucio Amelio con Lino e Giorgio Verdelli ai cori, in una serata particolare nella piazzetta di Capri. Altra grande emozione l’ho provata ascoltando la registrazione inedita di Pino Daniele realizzata da Lino nella sua casa del Vomero, nel 1975, quando ancora Pino cercava una strada musicale e Lino fu il suo talent scout. Devo dire però che il ritrovamento che più di ogni altro mi ha colpita sono stati i super8 girati da Lino in un ambito privato di feste con gli amici di sempre, viaggi in tournèè, interni familiari, prove di travestimenti rock, tutte immagini che ho rimontato ed inserito in “Osannaples”, sempre nell’ottica del poter fissare il tempo, per poi superarlo. Tra gli inediti ho trovato insomma i materiali piu' suggestivi, come le immagini del Be-in, il festival organizzato nel 1973 sulla collina dei Camaldoli a Napoli, tre giorni sullo stile di Woodstock. E proprio con quelle immagini ho voluto aprire il film, per dare subito un'idea di rivoluzione.

Le prime presentazioni pubbliche del documentario ai festival, col fiato lungo di "lockdown" e "zone rosse" ancora sul collo, pare abbiano rappresentato un saliscendi di emozioni, tra l'accoglienza calorosa del pubblico e certi addii dolorosi, improvvisi; addi da cui è facile immaginare che gli stessi Osanna siano rimasti molto colpiti, trattandosi di un pezzo di storia della band. Cosa puoi dirci a riguardo?

M. Deborah Farina: “Osannaples” è nato in modo avventuroso, ha avuto una lavorazione lunghissima che forse ha avuto anche una ‘svolta’ durante il lockdown (essendomi io completamente assorta, giorno e notte, al montaggio), e la sua ‘storia’ continua sul filo dell’emozione. Il 26 febbraio, il giorno dopo l’anteprima al “Seeyousound”, Danilo Rustici, co fondatore, compositore e chitarrista degli Osanna ci ha lasciati. “Osannaples” è la sua ultima ‘performance’ da protagonista, la sua ultima apparizione e forse, alla luce di oggi, una sorta di suo testamento spirituale. La sua dipartita, appena dopo l’uscita del film, la sento come un regalo che ci ha voluto fare, rimanendo vivo per questo evento. Sia io che Lino, che i compagni degli Osanna, siamo stati trafitti da questa notizia. Tuttavia sono felice di avelo potuto conoscere, di aver potuto parlare con lui e di averlo fissato per sempre su “Osannaples”. La notte tra il 25 e il 26, ho sognato delle strisce nere su onde agiate del mare che, lentamente, si dipanavano facendo tornare il mare calmo e il sole splendente; voglio pensare che questo sia il saluto d Danilo che, libero dai fardelli della malattia terrena, è tornato a viaggiare alla scoperta di nuovi approdi sconosciuti e bellissimi.


Adesso però occorre guardare avanti: come si interfaccerà il tuo film, entusiasmante cavalcata di suoni e immagini, col percorso artistico degli Osanna, che stanno affrontando con grande creatività e dinamismo l'anniversario dei 50 anni di attività? Ci piacerebbe insomma sapere, per concludere la nostra chiacchierata, se ci sono già appuntamenti importanti in vista...

M. Deborah Farina: Dopo la premiere al “Seeyousound Music Film Festival” nella sezione “Into the groove” e la selezione nella sezione “Docu is beautiful” del “Los Angel Italia Film, Fashion and Art Festival”, “Osannaples” sarà a luglio all’”Ischia Global Film and Music Festival” e in alcune arene estive di cui stiamo definendo luoghi e date, accanto alla presentazione del tour Osanna50, celebrazione del cinquantennale di carriera della band (che il 10 agosto festeggerà i cinquant’anni dall’uscita dell’album “’L’uomo”). Le date previste, dove sarà possibile assistere a questo speciale tour, per ora sono: il 5 agosto al “Blubar Festival” di Francavilla al Mare, il 6 agosto al “Porretta Prog Festival” di Porretta Terme, il 7 agosto al “Trieste Music Festival”, il 21 agosto al “Trasimeno Prog Festival” di Castiglione del Lago, il primo settembre a Piacenza, il 5 settembre al “Veruno Music Festival”. Ci sono altri appuntamenti importanti in via di definizione che non posso svelare ancora. Oltre al tour, festival e eventi, stiamo preparando l’uscita del DVD di “Osannaples” in un cofanetto doppio, accanto al nuovo degli Osanna “Il diedro del Mediterraneo”. Stay tuned e rocknroll sempre!

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