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Prima Fornero, Poi “Elly”. La tre giorni infelice delle donne dem

Aggiornamento: 9 ago 2023

Non Floris ma Sallusti. Il giornalista di destra si dimostra per l’ennesima volta più lucido e irreprensibile del collega dagli occhi strabuzzanti. Il momento fatale è quello in cui la signora Fornero attacca prima il Premier Meloni, ritenendola inadeguata e incapace di tenere a freno i suoi ministri, poi attacca con Salvini, al qual rimprovera non solo di avere poca testa ma anche poco cuore. A quel punto entra in gioco Sallusti. Sallusti ha il pregio di farti a pezzi con nonchalance. Non urla come Formigli e Parenzo, non è melodrammatico come Floris, non si abbandona alla teatralità come Telese e Gruber. Ti folgora, senza apparente sforzo. E così, con quel tono monocorde che ne determina la distanza siderale, ricorda all’ex ministro che lei è stata responsabile della più fallimentare e dolorosa manovra sul lavoro della storia della Repubblica, ma non solo, seguendo il suo teorema, se i morti di Cutro gravano sulle coscienze dell’attuale governo, per lo stesso motivo lei è responsabile delle migliaia di perdite avvenute negli anni del suo mandato, dato che comandava lei. A questo punto, la signora che ha sulla coscienza la tragedia di milioni di lavoratori nonché l’abolizione dell’articolo 18, replica nel modo più sconcertante possibile “Io non ho mai comandato. Sono stata un servitore dello Stato”. Capito? Un ministro a capo di uno dei dicasteri cardine del Consiglio dei ministri, non comanda. Quindi non si assume responsabilità. Quindi è un fantoccio. Un pupazzo di pezza buono per le platee televisive dotate di clack a comando.

Quando pensiamo che il fondo non possa essere più profondo, va in scena il tanto atteso scontro dialettico tra le due donne della politica italiana. Intanto fa impressione vedere Debora Serrachiani livida in volto, ancora evidentemente sotto choc, fare da clack alla neo eletta “speranza di rinascita progressista” per poi spegnarsi come un fiammifero consumato non appena il Primo Ministro mette a segno il suo perentorio 6-0, 6-0. Gioco, partita e incontro. Elly ne esce malconcia. Ridimensionata. Fine delle ole digitali.

Tale fiasco doveva essere nell’aria se è vero che Bonacini sconfitto appena una decina di giorni fa, è rientrato dalla finestra presidenziale. Va bene le mode delle donne al comando perché sia mai che si lasci il primato ai “fassisti”, ma poi la politica è un’altra cosa.

La politica non s’improvvisa. Non si fa per hobby. Non si fa per darsi un tono. Non si fa per i selfie. Non si fa per compiacere Soros. Elly è una foto di copertina. È lo status symbol che ti dà una pacca sulla spalla. È la vanità che cerca un palco su cui esibirsi. Circondata dalle dive progressiste, si sono sciolte lei e le ancelle, come neve al sole. Da un lato, una donna che ha sposato la politica e che senza scomporsi, come posta di fronte a una trascurabile seccatura, ha puntualizzato glaciale come la grandine e terribile come un destino ineluttabile. E nel farlo è penetrata in profondità. Lei è una lama nel burro, una lama rovente che lascia cicatrici indelebili, stigmati della propria supponente mediocrità. Dall’altra una salottiera farneticante dal repertorio limitato. La voce improvvisamente sale di un’ottava. Diventa stridula, acuta. Dà forma a concetti senza capo né coda. Appollaiata sciattamente e presuntuosamente su uno scranno del Parlamento in forza di un mandato che non vale la carta su cui è scritto. La politica è una cosa seria. Torni ai party e ai selfie con Soumahoro. Chiami Obama, se ancora le risponde.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il PD è in caduta libera e se l’elettore piddino ritroverà un grammo di dignità e coscienza, chiederà la restituzione dei 2€. Sereni, è un’iperbole, chi vota ha sempre ragione ma da ieri è certificato: Elena Ethel Schlein, detta Elly è più inadeguata di Debora Serracchiani. Una specie di record.

Se però se ne osserva il fenomeno, balza agli occhi come il problema non sia lei ma il suo elettorato costantemente nonché caoticamente in cerca del nobile che per luce riflessa ne elevi la posizione sociale. Alla fine della fiera lei è lo specchio di chi vota PD. Le palazzine bene e i vorrei ma non posso. A proposito di palazzine bene, ma ai Parioli e a Via Montenapoleone che ne pensano del concetto di trasferimento dell’eredità che ha in mente il neo segretario del PD?

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