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SE RENZI E’ IL RE DEGLI SCACCHI… VIVA SUPER MARIO DRAGHI


La crisi di governo sembra finalmente in via di risoluzione, grazie al nuovo re degli scacchi Matteo Renzi, sulla cui capacità di manovra e di resistenza, in pochi - e noi tra questi - avrebbero scommesso un euro. É in virtù di ciò che il nome di Mario Draghi si appresta a cancellare cioè quello del suo predecessore Giuseppe Conte, di cui in pochi, anche tra i suoi sostenitori, sentiranno la mancanza.


É accaduto così, che il più antipatico nei sondaggi (Renzi), sconfiggesse il più simpatico (Conte) e si aprissero le porte all’ultima e più autorevole riserva della repubblica italiana, l’ex capo della Banca centrale europea, l’uomo che ha immesso liquidità nel sistema negli anni delle crisi dell’Euro. Si dirà: con Draghi è la vittoria dell’economia sulla politica. Già, ma di quale politica stiamo parlando?


Sul campo dove si è svolta la battaglia ci sono due eserciti in rotta: il primo è il Partito democratico che ora dovrà digerire un governo di unità nazionale dopo essersi immolato su una sola maggioranza e un solo nome, dopo aver lasciato al solo Renzi il ruolo di dominus della crisi; gli altri sconfitti sono i Cinque stelle che in più, hanno dato prova di saper andare molto oltre i loro, spesso patetici, “no”.

Quanto al mondo economico che prevale su quello politico, pensiamo che quella vista in azione nelle scorse settimane, non sia la politica di cui è sacrosanto rivendicare il primato. La politica vista in azione nei giorni della crisi è figlia dell’empasse della democrazia italiana, da anni degenerata in partitocrazia, in cui la difesa del particolare, viene sempre largamente prima del bene comune.

In questo scenario poco consolante, la coalizione di centrodestra si è quantomeno distinta per coerenza. Era all’opposizione e da quella posizione è riuscita a parlare ad una sola voce, chiedendo di percorrere la vita maestra dello scioglimento delle camere e attraverso le elezioni anticipate, di dare voce all’elettorato. Ma anche qui, gli interessi particolari dei partiti in maggiore crisi hanno vinto sugli interessi della nazione.


Il governo che nascerà - per quanto sia presieduto da un tecnico - non sarà un’imitazione di quello di Monti, chiamato a rimettere in sesto i conti nazionali in nome e per conto dell’Europa. Qui c’è da indirizzare a buon fine, un notevole gruzzolo di risorse economiche per costruire un futuro ed attuare coraggiose politiche di riforme che possano rimettere l’Italia nelle condizioni di vincere le sfide che l’aspettano.


La figura del nuovo Presidente del consiglio, non va caricata di aspettative, possiamo presumere che il suo essere un’espressione estranea alla nuova partitocrazia, possa produrre effetti migliori di quelli messi in campo da quei partiti, che in una partita simultanea hanno subito lo scacco matto da Matteo Renzi, uno che per quanto brillante si sia rivelato nell’occasione, è il perfetto esempio dello stato attuale della politica italiana.

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