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Roberto Iacopini

Arte e Fascismo. Dal Futurismo alla Metafisica; la mostra di Sgarbi fino a fine settembre

Aggiornamento: 4 giorni fa

“Lui se ne va. La cultura resta”. Lui è Benito Mussolini. La frase di Vittorio Sgarbi e chiude la mostra Arte e Fascismo nella sala in cui, davanti ai volumi dell’Enciclopedia italiana troneggia un busto mussoliniano di Wildt trivellato dai colpi dei partigiani nel giorno della liberazione.


Arte e fascismo

La mostra analizza i vari e complessi modi in cui il regime fascista utilizzando i linguaggi dell’arte, influì sulla produzione figurativa italiana. Diversamente da altri regimi, quello fascista non impone un gusto, ma cerca di egemonizzarli tutti.


Il movimento del Novecento animato da Margerita Sarfatti, che predicava il “ritorno all’ordine”, inteso come recupero della classicità delle forme. Ma anche l’avanguardia storica futurista, tesa addirittura a voler ricostruire l’universo.


Arte e fascismo

Un modello in equilibrio tra tradizione e modernità gode delle attenzioni del regime, che punta a definire un sistema delle arti organizzato che valorizzi la cultura italiana nel suo insieme, dando vita ad un secondo rinascimento dell’arte.

Un fitto apparato di premi, esposizioni pubbliche, convenzioni e mostre permette al regime di valorizzare gli artisti più significativi e di inserirli nel più ampio progetto di promozione generale. E gli artisti ricambiano, facendosi “cantori” del Regime.


Un percorso fatto di 400 opere che abbracciano la grafica e l’architettura mostrandone la grande contemporaneità, con il Duce che diventa una icona pop come nel “Profilo continuo” di Renato Bertelli riprodotto in dimensioni e diversi materiali.


A fare la parte del leone Mario Sironi, che fascista lo fu fino al 25 aprile del 1945 quando rischiò di essere ucciso in un posto di blocco partigiano a Milano, salvato dalloscrittore Gianni Rodari che l’aveva riconosciuto firmandogli un lasciapassare.


Arte del Fascismo

Le sue tele cupe e i bozzetti per la sua arte muraria celebrativa e monumentale ne fanno il fondamentale anello di congiunzione tra Novecento italiano, Futurismo e la nascente pittura metafisica.


Notevole la presenza di opere di Fortunato Depero con i suoi arazzi e marionette che rimangono tali anche in orbace, ma qui a Rovereto l’artista è di casa e senza le sue donazioni il Mart non sarebbe probabilmente mai nato.


A colpire maggiormente il visitatore sono le opere di Ubaldo Oppi e Antonio Donghi esponenti di quel realismo magico, che in ogni tela lascia trapelare qualcosa di trascendente e quasi ai confini del sogno.


E ancora: Achille Funi, Leonardo Dudreville, Marino Marini, Massimo Campigli e Renato Guttuso. Ma anche i plastici delle moderne architetture del Razionalismo di Adalberto Libera e Angiolo Mazzoni per le poste o le stazioni ferroviarie.


I vent’anni del regime fascista erano una sorta di buco nero dell’arte su cui era meglio sorvolare e su tutta questa produzione di cultura era calata la damnatio memoriae. “Arte e fascismo”, al Mart di Rovereto fino al 29 settembre, va oltre la provocazione e ripristina una verità storica.

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