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Italian Horror Stories. Il film del terrore a episodi, un gradito ritorno

Aggiornamento: 7 gen 2022

I film di genere a episodi hanno conosciuto, in decadi passate, notevole fortuna. Specie quando è l'orrore ad essere messo in scena. Si potrebbero citare tra i "classici" titoli come Le cinque chiavi del terrore (1965, produzione Amicus, per la regia del britannico Freddie Francis), La morte dietro il cancello (1972, diretto da Roy Ward Baker), L'occhio del gatto (1985, alla regia Lewis Teague, ispiratosi per l'occasione ad alcuni racconti di Stephen King) e Due occhi diabolici (datato 1990, con firme eccellenti per entrambi gli episodi: parliamo infatti di George A. Romero e Dario Argento).

Come si può intuire dalle date, è più o meno dagli anni '60 alla fine dei mitici '80 che questa prassi produttiva ha beneficiato di maggior interesse, venendo incontro a esiti commerciali generalmente molto soddisfacenti, cui si univa non di rado qualche folgorante intuizione cinematografica dovuta ai Maestri dell'incubo chiamati in causa. Tuttavia, in anni più vicini a noi non sono certo mancate sporadiche rivisitazioni di tale formula, riesumata un po' per nostalgie cinefile e un po' per il desiderio di portare una ventata di ossigeno al genere, la cui crisi creativa si fa a volte sentire. Molti sono i paesi o le aree geografiche i cui cineasti più rappresentativi si sono "coalizzati" per ritentare l'esperimento. In primis ci viene spontaneo citare l'Estremo Oriente, con Three (datato 2002, i registi dei tre episodi sono il coreano Kim Ji-woon, il thailandese Nonzee Nimibutr e l'honkonghese Peter Chan) e il successivo, correlato Three... Extremes (operazione del 2004 che ha scomodato nomi ancora più importanti: Fruit Chan da Hong Kong, Park Chan-wook dalla Corea e per finire il sempre cruento giamburrasca nipponico Takashi Miike). Significativa anche la posteriore replica tedesca: nel 2016 viene infatti girato German Angst, cui partecipano Michal Kosakowski, il macabro Jörg Buttgereit e il più talentuoso di tutti, Andreas Marschall. Tra i più validi del lotto ci mettiamo anche Little Deaths (2011), film realizzato mettendo insieme i cortometraggi di tre dei più brillanti film-makers di una tostissima new wave britannica, ovvero Sean Hogan, Andrew Parkinson e Simon Rumley. E l'Italia? Non è rimasta di certo a guardare. Ed è proprio del più recente prodotto a tema, prodotto e distribuito dalle nostre parti, che vi vogliamo ora parlare...

Su Amazon Prime Video, reduce dal trionfo presso la terza edizione del Bloody Festival Roma dove è stato valutato miglior horror tra quelli in concorso, risulta ora disponibile il progetto collettivo Italian Horror Stories: ben 6 storie da brividi sotto la pelle, raccontate da altrettanti registi emergenti, che vengono a comporre quel mosaico cinematografico che mani più esperte hanno saputo poi confezionare con un certo stile. Il film è stato infatti prodotto da Alberto De Venezia per Ipnotica Produzioni con la supervisione del navigato Claudio Fragasso, che gli appassionati ricorderanno senz'altro per La casa 5, After death – Oltre la morte e Palermo Milano solo andata. Sua anche la cornice che unisce le diverse storie, coi protagonisti di ciascun racconto chiamati a turno da una misteriosa veggente a consultare i Tarocchi: un riferimento, questo, neanche così vago al già menzionato Le cinque chiavi del terrore (in originale Dr. Terror's House of Horrors), omaggiato da Fragasso al pari delle altre pietre miliari del genere, di cui si possono trovare tracce negli altri brevi lavori incorporati in codesto film collettivo, peraltro assai gustoso e spigliato.

Come è giusto che sia, ogni spettatore si farà catturare maggiormente dalle atmosfere di certi episodi, apprezzandone di meno altri. Il gioco è anche quello. Così è capitato pure a noialtri, sebbene la qualità media dei corti in questione appaia insolitamente curata. Passiamoli comunque rapidamente in rassegna. In La trappola si introduce persino il versante meta-cinematografico, giacché il protagonista scelto dall'autore Antonio Losito, ovvero un importante regista sul viale del tramonto circuito dal giovane collega che vorrebbe dedicargli un documentario, si ritrova da questi invischiato in un autentico gioco al massacro che avrà esiti fatali. Meta-cinema più crudele thriller psicologico, volendo sintetizzare al massimo. Tra i cineasti che conoscevano già per altri interessanti lavori vi è invece l'emiliano Daniele Malavolta cui si deve L’ultima tomba a sinistra. Ambientato in un inquietante cimitero da cui risulta praticamente impossibile uscire, il suo lavoro può lasciare qualche dubbio d'impronta narrativa strada facendo, ma è anche uno dei meglio strutturati a livello di atmosfere e personaggi, questi ultimi inclini decisamente al grottesco. Come fosse un Dellamorte Dellamore dal più accentuato tratto felliniano. Interessante invece lo spunto iniziale ma non sempre all'altezza la realizzazione, per quanto concerne Il fantasma di Claudio, corto di Andrea D'Emilio che vede un giovane rampollo cocainomane alle prese con una residenza maledetta e con l'ingombrante spettro del padre.

Uno dei vertici più alti di Italian Horror Stories arriva però, a nostro avviso, con l'irresistibile horror comedy in salsa partenopea di Vincenzo Della Corte: Dotato di un titolo a suo modo irresistibile, Amore non è “ammore“ se muta quando scopre mutamenti mescola allegramente neomelodici napoletani, vampiri e lupi mannari, con tanto di "tamurriate" in sottofondo. Praticamente un "Twilight" come lo avrebbe immaginato Nino D'Angelo dopo un'indigestione di friarelli, in cui ben figura anche il cast, con il regista che si propone anche come protagonista ed è ottimamente coadiuvato dai vari Jano Di Gennaro, Giovanna Rei, Salvatore Mazza e Massimo Bonetti. Godibilissima anche la mattanza portata a termine da Gianluca Bonucci in Vendetta, slasher movie ma soprattutto revenge movie tutto al femminile, che trova in una grandguignolesca festa di Halloween il suo epicentro. Dulcis in fundo, The midnight special di Francesco Giorgi allarga ulteriormente la cerchia dei sottogeneri rappresentati, affrontando coraggiosamente contesti apocalittici e da distopia fantascientifica. Tirando le somme, al netto di tutte le difficoltà da budget ridotto che i singoli autori hanno dovuto sostenere, ciò che ne è uscito fuori è un buon collage cinematografico, vivace, sfaccettato, in cui si intravvedono spunti interessanti e personaggi di un certo impatto, grazie anche a un casting maggiormente curato (e con qualche valido interprete pescato dal teatro) rispetto alla media di simili produzioni.

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