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“Quel gran genio di mio zio”. Intervista ad Andrea Barbacane, nipote di Lucio Battisti

Aggiornamento: 19 gen 2022

Chi non ha mai cantato almeno una volta nella vita una canzone di Lucio Battisti, o non ne ha mai dedicato almeno una strofa alla persona amata?


Di questo cantante conosciamo tante delle sue canzoni, ma molto poco della sua vita privata che in parte è avvolta nel mistero; sappiamo che dopo il divorzio artistico da Mogol avvenuto dopo l’ultimo disco composto insieme “Una giornata uggiosa” del 1980, Lucio Battisti decise di intraprendere un nuovo percorso artistico con il poeta ermetico Pasquale Panella, allontanandosi però dalle scene, non rilasciando mai più interviste ed isolandosi completamente dal mondo dello show business; la sua frase più celebre volta a spiegare questo suo atteggiamento fu: “l’artista deve seguire la propria arte, non il suo pubblico”.

Di lui si sono dette molte cose, soprattutto dopo la sua prematura scomparsa avvenuta il 9 dicembre 1998. Ma c'è qualcuno che ha deciso di raccontarne la sua storia, non solo di artista ma anche di uomo mettendone a nudo pregi e difetti, ed è suo nipote Andrea Barbacane, figlio della sorella di Lucio, che in due libri, ci racconta tutto sul suo amato zio.

Il primo libro intitolato “Il grande inganno (Quel gran genio di mio zio e quel che non è mai stato detto su Lucio Battisti)” uscito nel 2019, è una sorta di diario in cui il c’è il racconto di una famiglia, quella di Lucio, il suo rapporto con i genitori e con la sorella Albarita. Troviamo all’interno una raccolta di fotografie, lettere scritte a penna da Lucio alla madre, alla sorella, qualche testo di canzoni inedite e le immagini dei quadri dipinti dallo stesso Battisti.

Nel secondo libro “Lucio Battisti. Il padrone del tempo” uscito a marzo 2021, Andrea analizza l'opera del famoso zio, le sue più belle canzoni, facendo un excursus storico ed inserendole nel contesto sociopolitico del periodo in cui sono state scritte.


Andrea, quando e perché hai deciso di scrivere un libro su tuo zio Lucio Battisti?

Su Lucio Battisti in questi anni si sono dette e ridette molte cose, tante assolutamente non vere come la sua presunta lazialità, oppure la connotazione politica schierata a destra. Ho iniziato a fare video sul mio canale Youtube in cui smentivo molte di queste storie che hanno dato un'idea sbagliata al grande pubblico, ed ho cercato di raccontare quello che io ho vissuto di Lucio Battisti, dell’uomo, e l’ho fatto attraverso i miei ricordi raccontando episodi familiari, e non solo, che hanno segnato il percorso artistico ed umano di mio zio. I video hanno avuto successo poi ho incontrato Silvia Denti, che mi ha proposto di scrivere un libro e da lì è partito tutto, compreso il titolo della mia prima pubblicazione che vuole spiegare come certe teorie su mio zio siano “un grande inganno”.


Il tuo primo libro è una sorta di diario dove racconti pagina dopo pagina la storia della tua famiglia non è vero?

Si sono tanti gli episodi che raccontano la mia famiglia, il rapporto tra Lucio e mia madre Albarita e quello con mio Nonno Alfiero e mia Nonna Dea, fino ad arrivare al difficile rapporto tra mio padre e zio Lucio, il perché è spiegato pagina dopo pagina nel mio primo libro.

Qui sono raccontate le vacanze fatte insieme, gli incontri a casa dei nonni, episodi legati alle ricorrenze come le festività natalizie, perfino il ricordo della famosa cavalcata ecologica quando zio Lucio e Mogol nel 1970 andarono da Milano a Roma a cavallo; in quell’occasione io con nonno Alfiero e nonna Dea decidemmo di andargli incontro nei pressi di Viterbo e ci fermammo a mangiare tutti insieme in una trattoria.


Quando vi riunivate a casa dei tuoi nonni per esempio durante le festività, Lucio ha mai cantato solo per voi?

No io in realtà l’ho visto poche volte cantare dal vivo una sicuramente a Rimini insieme ai “Dick Dick”, ricordo benissimo che Pietruccio Montalbetti mi prese in braccio, allora ero molto piccolo, e poi un’altra volta lo vidi a Poggio Bustone (unico concerto nel suo paese natio) dove suonò con i “Formula Tre”.

Però ricordo benissimo un giorno in cui lo sentii strimpellare le note di quella che sarebbe poi diventata la bellissima “Ancora tu”.


Che rapporto aveva Lucio con la sua famiglia d’origine?

Molto lo si può capire leggendo la raccolta di lettere che sono contenute all’interno del mio libro, scritte di pugno da zio. Sicuramente voleva molto bene a mia madre Albarita, ma non ha mai avuto un buon rapporto con mio padre, infatti negli anni il loro legame si erano molto freddato soprattutto dopo il divorzio dei miei genitori.

Come mai Battisti ad un certo punto decise di lasciare artisticamente Mogol e di cambiare totalmente modo di fare musica dopo l’album capolavoro “Una giornata uggiosa”?

Le versioni sono tre, non so quale sia la più vera anche se una mia idea ce l’ho, la prima riguarda i motivi economici e la spartizione dei diritti, la seconda è legata a Grazia Letizia Veronese la moglie di Battisti che scrisse i testi delle canzoni del primo album post Mogol intitolato “E già” usando lo pseudonimo di Valenzia. La terza è quella che ha sempre raccontato mio nonno Alfiero, ed è quella a cui io credo di più, cioè la voglia di seguire nuovi percorsi artistici, di cambiare e sperimentare, e che quindi presupponeva un cambiamento in cui Mogol non poteva seguirlo.


Come mai Battisti decise di sparire e di non farsi più vedere dal grande pubblico?

Zio Lucio è sempre stato molto geloso della sua privacy, si era stufato anche di un certo modo di fare giornalismo, gli venivano fatte sempre le stesse domande ad ogni intervista, così come era sempre accusato di non avere una bella voce.

Di carattere poi è sempre stato schivo, non gli piacevano i rompi scatole, negli ultimi anni si è nascosto anche alla sua famiglia di origine. Si era rifugiato nella sua casa in Brianza e lì ha trascorso gli ultimi periodi della sua vita. Quando è scomparso io non lo vedevo da tempo, mi è sempre dispiaciuto non poterlo frequentare e conoscere di più, è un dolore che mi porto dentro.


Con la famiglia di tuo zio, quindi tuo cugino Luca e con la Veronese ti senti ancora? Ed hai mai avuto modo di conoscere meglio Mogol?

Con mio cugino e la Veronese non ho rapporti, mentre Mogol l’ho incontrato pochissime volte di cui l’ultima in un momento terribile per me, al funerale di mia madre.


Il tuo secondo libro “Lucio Battisti. Il padrone del tempo” è un omaggio a tuo zio, dove cerchi di farne emergere la sua grandissima capacità nel leggere i tempi attraverso le sue canzoni.

Si ho deciso di analizzare i suoi brani, connotandoli nel periodo storico e sociale in cui sono stati scritti, ne è emerso un bel quadro della società di allora.


Quale è il periodo artistico che preferisci, quello con Giulio Rapetti in arte Mogol o quello con il poeta ermetico Pasquale Panella?

Preferisco quello con Mogol, però soprattutto grazie al pubblico che mi segue ho avuto modo di riscoprire anche gli album scritti con il poeta ermetico Panella, e mi sono dovuto ricredere, ci sono delle canzoni molto belle come ad esempio “Ecco i negozi” (una delle prima canzoni italiane in stile rap), “Però il rinoceronte”, o “Potrebbe essere sera” oppure “Timida molto audace”. Inoltre ho apprezzato molto la capacità di zio Lucio di riuscire a mettere in musica le parole di Panella, questo a partire dal loro secondo album insieme “L’apparenza” del 1988. Un poeta ermetico non scrive in rima quindi riuscire ad adattare la musica alle parole è stata la dimostrazione della genialità di mio zio. Forse le canzoni di questo periodo hanno avuto poco successo perché mancava la famosa melodia di cui sono invece intrise le canzoni scritte insieme a Mogol.


Andrea hai intenzione di scrivere ancora su tuo zio Lucio Battisti?

Per il momento no, ma non si può mai sapere, se qualche anno fa mi avessero detto che avrei scritto due libri su mio zio Lucio e sulla sua musica mi sarei fatto una grossa risata, e invece poi è successo tutto in modo naturale.


Grazie mille Andrea per questo tuo racconto sul nostro amatissimo Lucio Battisti.

Grazie a voi

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