top of page

Riflessioni eretiche sulla pandemia (le olimpiadi ai tempi della COVID)

In questi giorni siamo tutti sportivi, ma anche stavolta non serve essere un atleta medagliato per poter amare lo sport e per commentarlo. Ho sempre pensato che è bello vedere, per esempio una mostra di pittura, senza sapere nulla dell’artista e sentire le sensazioni che le opere ci evocano, il che non significa che non bisogna studiare la storia dell’arte, ma che a volte quell’essere a digiuno da nozioni rende il nostro sguardo più puro, in fondo se l’artista voleva lanciare un messaggio, non voleva che ce lo spiegassero i critici d’arte ma che arrivasse diretto allo spettatore; così per lo sport, li vediamo combattere, correre, saltare, nuotare, volteggiare e il messaggio arriva diretto: fatica, impegno e talento che diventano ARTE. In ogni caso io lo sport lo amo davvero, sono stata da bambina una judoka, sport che amo moltissimo, ma soprattutto lo ritengo un’attività importantissima, più ancora dello studio, mente sana in corpo sano è un motto che tutti dovrebbero fare proprio.

Non piango quasi mai, eppure le lacrime sgorgano copiose quando sento l’inno italiano risuonare per l’atleta sul podio, in realtà mi commuovono tutti, medagliati e non, italiani e non, storie umane diverse eppure tutte accomunate dallo stesso sogno.

Ma queste sono le olimpiadi della pandemia e, se è vero che una volta le guerre si fermavano per i giochi olimpici, se persino Hitler ha dovuto sopportare che un nero, Jesse Owens vincesse sotto i suoi occhi la medaglia d’oro nei 100 mt nel 1936, proprio nella Berlino nazista, la pandemia non si arresta, mostrandosi così più spietata di Hitler.

Tanto per cominciare sono le prime olimpiadi in un anno dispari, continuiamo a chiamarle “Tokio 2020” ma è il 2021, e già suona strano, è come se un anno della nostra vita fosse stato cancellato, viviamo in una continua distonia; poi ogni giorno, Giovanna Botteri da Pechino, si da Pechino, vi sarete chiesti anche voi perché da Pechino? Mica sono in Cina ma in Giappone! Comunque da Pechino come a ricordarci quanto siamo fuori fase, e ad evidenziare quel tanto di pregiudizio per cui per noi europei “gli asiatici sono un po’ tutti uguali” ci ricorda che i contagi aumentano, dentro e fuori la bolla e di orde di giapponesi che protestano contro i Giochi, insomma nelle nostre menti si compone un immagine un po’ da film distopico anni 80.


Ma poi arrivano gli atleti, la commozione e tutto sparisce, o meglio dovrebbe sparire, perché sul podio i nostri eroi salgono con una bella mascherina che copre i loro bellissimi volti, e non c’è nessuna spiegazione per questo, sono tutti vaccinati e tamponati, ma soprattutto si sono abbracciati e baciati fino ad un minuto prima. L’unica spiegazione è che quella mascherina è un messaggio, un monito: ricordate che il covid è meno pietoso di Hitler, non si ferma nemmeno per le olimpiadi! Ma c’è in aggiunta una pandemia ancora più pericolosa e strisciante, ed è la pandemia del politicamente corretto, se per un attimo ci scordiamo delle maschere delle proteste e di Pechino in Giappone e del 2020 nel 2021, allora dobbiamo almeno sentirci in colpa perché, anche se non lo sappiamo, siamo sicuramente un po’ omofobi, o razzisti o perché no? Entrambi; non passa giorno che non ci dicano di questo o quell’altro atleta gay, come se ci interessassero le inclinazioni sessuali di chi porta sul gradino più alto del podio!

Le storie degli atleti sono bellissime; Federica Pellegrini, la divina, a 33 anni gareggia per la quinta finale olimpica, Aldo Montano a 43 sale sul podio, le ragazze del Judo fanno innamorare, Vanessa Ferrari di anni ne ha 30 ma nella ginnastica è come averne 100 eppure sale sul podio, favorita anche dall’assenza di Simone Bales tormentata dai sui demoni, già perché questi eroi sono anche fragili e la prima battaglia che combattono ogni giorno è contro

le loro paure, ci sono passati anche Aldo, Federica ecc. e questo li ha resi più forti, il pugilato femminile esulta con una ragazza con un visetto così dolce che sembrerebbe una ballerina, Vito dell’aquila, Burdisso che sta prendendo 3 lauree in parallelo, ripeto tutte storie meravigliosamente commoventi. Poi il miracolo, arrivano i 100 metri, l’Italia non è mai stata forte in questa specialità eppure arriva uno sconosciuto, Marcel Jacobs e siamo sul gradino più alto del podio! Lui è bello che leva il fiato, ci siamo innamorate un po’ tutte di quel fisco scultoreo ipertatuato e un sorriso dolce come quello di un bambino, anzi semmai vi foste chiesti cosa vogliono le donne, beh vogliamo uno così! Festeggia, ringrazia la sua mental coach (non è una figura che amo moltissimo ma questa dev’essere proprio forte!), la sua la sua mamma, la sua fidanzata ci commuove e ci esalta; a seguire la sua mental coach ci parlerà di un uomo con delle enormi doti che correva come se avesse un peso sulle spalle, e il suo lavoro è stato quello di liberarlo da questo peso, la cosa ci fa riflettere, anche i semidei sono insicuri, hanno le loro paure e le loro questioni irrisolte.

Insomma questo semidio non fa in tempo a salire sul podio che già la macchina del politicamente corretto è pronta a strumentalizzare “ci vuole lo ius soli”; allora a parte il fatto che lo ius soli si applica a chi per l’appunto nasce in una nazione che non è sua, il che è proprio il contrario di quello che è successo a Jacobs il quale da madre italiana è nato negli Stati Uniti, come altri milioni di Italiani che riportano sui loro documenti nato in Germania, Svizzera e così via, quindi se proprio volete strumentalizzare usate un’altra bandiera. Mi pare evidente che se Jacobs non fosse stato un miscuglio di razze (oddio stavolta mi arrestano ho detto razze!) non avrebbe avuto quella potenza, il genere caucasico, non ha le doti fisiche per questa specialità, c’è stato Mennea ma si parlava dei 200mt e comunque erano altri tempi un’altra atletica.

Ma che sia chiaro ai signori della sinistra caviale e champagne, il nostro problema non è mai e poi mai stato il colore della pelle, ma la cultura e l’amore per la propria patria ed in questo senso scusatemi, ma Jacobs è più italiano di me, non parla nemmeno bene inglese! Addirittura qualcuno tira furori un post pseudo omofobo di qualche anno fa e pretende scuse e la partecipazione al PRIDE di Rieti; con le mie orecchie sento il direttore del Messaggero approfittare delle vittorie nell’atletica, che fino a qualche anno fa non erano nelle nostre corde, per una bieca propaganda a favore di una nuova economia lanciandosi in un parallelismo fra economia e olimpiadi, siamo andati forti in sport in cui non eravamo quotati e meno bene in sport in cui ci davano per vincenti, così alcune attività si chiuderanno (causa lockdown) ma rinasceranno nuove attività nelle quali prima non eravamo così forti (tipo il delivery). Insomma la strumentalizzazione politicamente corretta è partita a tutta birra e sinceramente non se ne può davvero più, lasciateci gioire in pace ogni tanto ce lo meritiamo anche e soprattutto durante una pandemia!

Stay tuned

60 visualizzazioni

Post correlati

bottom of page