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Se Mephisto suona il nostro tempo. Il nuovo album di Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi

Aggiornamento: 7 gen 2022

Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi suonavano insieme da ragazzi, poi hanno condiviso a lungo la comune militanza nei Litfiba, in seguito ciascuno ha fatto la sua strada e se Maroccolo ha continuato a far musica, Aiazzi si è dedicato ad altro, tornando a mettere le mani sui tasti solo saltuariamente, come nel 2013 per VDB 23, il disco realizzato da Maroccolo con il compianto Claudio Rocchi e diversi ospiti come Piero Pelù, Ghigo Renzulli e Massimo Zamboni. A quel disco seguì un tour, al termine del quale un po’ di voglia di suonare dev’essergli rimasta appiccicata alle dita e dev’essere rimasta lì fin quando non si è presentata l’occasione di soddisfarla. “Ci sono state - ci spiega - una serie di coincidenze che hanno macinato questa situazione e quando è partita è partita a razzo”.

E come al solito fra i due, benché non suonino insieme da anni, basta uno sguardo, un cenno e la connessione si riavvia, come non fosse mai stata interrotta. Il risultato è il loro disco in duo Mephisto Ballad, un’opera che porta con sé echi dei primissimi Litfiba e delle atmosfere d’ombra e tensione che realizzarono nel 1982 per l’opera teatrale Eneide della compagnia Kripton di Giancarlo Cauteruccio, uno spettacolo che ancora oggi rimane un vero e proprio cult del teatro di ricerca grazie a una messa in scena multimediale allora di assoluta avanguardia. Quindi l’avvertimento è di non aspettarsi canzoni, anche perché l’unica voce presente nel disco è, non per caso, proprio quella di Cauteruccio, che declama sulfuree liriche faustiane. Del resto il titolo dell’opera non lascia adito a dubbi di sorta. Mephisto Ballad è l’ideale colonna sonora del tempo sospeso e claustrofobico in cui siamo immersi, letto da Maroccolo e Aiazzi, con la sensibilità propria degli artisti.

È il respiro faticoso con cui procediamo, attraversando la prova dell’oscurità in cerca di un po’ di luce, di un atteso ritorno al futuro. Ne abbiamo parlato con loro, cercando le chiavi segrete di questa lunga ballata.

“La miccia-racconta Maroccolo- l’ha accesa Bruno Casini, l’ex manager dei Litfiba, proponendoci di partecipare, nel modo da noi preferito, ad un progetto sulla Firenze degli anni ’80 che coinvolgeva l’Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze e il Museo Marino Marini. Così con Antonio abbiamo pensato di riprendere in mano E.F.S. Quarantaquattro un pezzo storico dei Litfiba, per quanto poco conosciuto e considerato piuttosto sperimentale. Poi, causa Covid, quel progetto è saltato, ma nel frattempo noi ci avevamo preso gusto e abbiamo riflettuto sul fatto che, al di là dei Litfiba e di altri incroci e collaborazioni, lui ed io un disco in duo non l’avevamo mai fatto. Visto che le cose venivano, che l’empatia storica che ci lega è ancora viva e potente, ci siamo messi lì ed è venuto fuori questo lavoro abbastanza particolare, che parte sì da quell’atmosfera anni ’80, ma che poi si sviluppa in una piccola opera musicale moderna”.

Diciamo anche contemporanea, ma sicuramente la definizione di opera musicale è quella giusta perché è un disco strumentale, senza cantato, con Cauteruccio nei panni di un inquietante Mefistofele che soffia sinistre locuzioni e insinua tentazioni evocando le atmosfere di Eneide.


Ma perché Mephisto?

“Perché ci sembra molto attuale - risponde Aiazzi - oggi siamo un po’ tutti dei Faust, affascinati dai Mefistofele che ci fanno credere a tante cose, ci illudono di poter fare tutto, ma che alla fine fanno solo i loro interessi, che certo non corrispondono ai nostri. Credo che una riflessione su questa cosa si possa anche fare”.


Pur essendo un lavoro che richiede un ascolto attento per poter essere gustato e compreso appieno, Mephisto Ballad riesce a non essere zavorrato da pesantezze. In un’opera di questo genere il rischio c’era. Per raggiungere il risultato avete scartato o modificato qualcosa in corso d’opera?


Maroccolo

E’ venuto tutto abbastanza di getto, come sempre capita quando io e Antonio ci si mette dietro agli strumenti. Se il rubinetto si apre nel verso giusto a un certo punto siamo noi che siamo costretti a chiuderlo. E stavolta è stata una piena. Abbiamo dovuto togliere 4 o 5 cose dal disco che però inseriremo sicuramente nella scaletta del concerto quando avremo la possibilità di suonare dal vivo. Il problema della pesantezza non ce lo siamo proprio posto, anche perché se avessimo voluto fare

una cosa più leggera avremmo chiesto la collaborazione di qualche cantante, mentre già pensare di fare un disco strumentale, se si eccettuano gli speech diabolici di Cauteruccio, è di per sé una scelta precisa in questo senso. Credo che siamo riusciti ad essere pesantii a livello di sostanza ma con leggerezza. L’album finisce con la parola “luce” e ci sono molti temi, molte melodie che riescono a catturare il cuore e portarti nelle dimensioni più complesse, oscure e sperimentali.


Aiazzi

Io e Gianni andiamo perfettamente d'accordo su quest'idea di sottrazione. Io per anni ho fatto tappeti sonori anche complessi con i Litfiba. Oggi sono arrivato a un punto in cui quel tipo di sound non mi interessa più, cose del genere le faccio solo se sono veramente necessarie. È un po' finito quel modo lì di fare le cose, si cerca di guardare avanti anche nel modo di suonare.

Maroccolo Eh sì, pensa che su Das ende, che è il mio brano preferito, quello che più mi emoziona, ci sono questi tappeti sonori ma, sapendo che lui non li avrebbe mai fatti, li ho registrati io, poi Antonio ci ha messo i pianoforti e ha trovato dei temi pazzeschi.


Gianni, tu sei notoriamente uno dei migliori produttori musicali italiani, Come hai affrontato il disco da questo punto di vista?


Maroccolo

La mia filosofia è che quando hai un buon materiale di partenza non serve modificare, abbellire, strutturare troppo. In tutti i gruppi in cui ho suonato sono sempre stato quello che cercava di salvaguardare l’energia primigenia del momento compositivo, di mantenere viva il più possibile la verità originaria della composizione. Anche come musicista devi saperti regolare, non puoi pensare di mettere il 100% di te stesso, perché quel 100% moltiplicato per 4 o 5 persone diventa un eccesso, quindi devi mettere solo le cose giuste e saper fare sintesi. Saper togliere è importante quanto saper mettere. Ad esempio, quando abbiamo fatto Linea Gotica con i Csi, poiché Ko de mondo ci era sembrato un po' troppo ridondante di suoni, arrangiamenti e sovra incisioni, la scelta di produzione che io proposi e che venne accettata da tutti fu "abbiamo una pista a testa" niente sovra incisioni e appesantimenti.. Anche con i Litfiba, soprattutto all'inizio era così, senza tanti fronzoli. Con Antonio questo processo è naturale, automatico, va da sé e questo disco sublima proprio quel tipo di approccio alla musica: ci si lascia andare nel flusso, non ci si crea problemi se un pezzo è lungo, corto, chiaro o scuro, deve semplicemente avere un senso nella logica dell'opera. Le uniche scelte che abbiamo fatto a tavolino sono state quella di non fare una roba nostalgica per nostalgici e quella di utilizzare noi stessi per come siamo: un basso un po' di elettronica e Antonio che ha ritrovato il piacere di suonare il pianoforte. Abbiamo fatto giusto un'eccezione molto gradevole con Flavio Ferri che ha messo qua e là un pochino di psichedelia con i suoi strumenti analogici.


Flavio ha curato anche la parte visiva di Mephisto Ballad e immagino che, considerate le suggestioni cinematiche evocate dalla musica, i visuals faranno parte integrante dei vostri live… Aiazzi Flavio vorrebbe realizzare un cortometraggio che comprenda l'intero album. Per ora siamo ancora nella fase della acquisizione delle immagini, una parte delle quali è stata usata per realizzare dei video e delle pillole promozionali. In questo momento siamo impegnati a fornire a Flavio delle immagini, chiaramente con il nostro gusto e il nostro stile e devo dire che ci stiamo divertendo molto, ma non sappiamo ancora cosa ne verrà fuori, alla fine.

Quanto vi manca suonare dal vivo? Aiazzi Essendo io un musicista “intermittente” riesco sicuramente a sopportare questa cosa molto meglio di Gianni ma al live, come dicevo, ci stiamo già pensando, stiamo costruendo delle idee che siano in linea con le suggestioni che la musica propone e che sin dall’inizio della composizione sì è dimostrata fortemente visiva. Maroccolo A me manca e non manca, un po' per il mio carattere da orso a cui piace stare rinchiuso nella sua tana, un po' perché da una decina d'anni ormai ho deciso di suonare solo dove e quando posso farlo come voglio io, con i musicisti che dico io e in spazi adeguati. Quando ho l'opportunità di farlo torno ad essere un ragazzino entusiasta. Questa rinnovata collaborazione vi ha stuzzicato l'idea di fare qualche altra cosa insieme? Aiazzi Per quanto mi riguarda sicuramente sì. Ora pensiamo a far crescere e a portare dal vivo questo progetto, ma da parte mia la disponibilità c'è sicuramente, Gianni è stato capace di farmi tornare la voglia di suonare. Maroccolo Dopo essere riuscito a far togliere le pantofole ad Antonio sarebbe assurdo fargliele rimettere fra sei mesi, una volta finito il tour. Non credo che Mephisto Ballad sia un punto di arrivo di due musicisti che per una volta tornano a far musica insieme. lo vedo invece come un ottimo punto di partenza per proseguire questa collaborazione. Come avete detto Mephisto Ballad non è un disco nostalgico per nostalgici, ma gli anni ’80 ci stanno comunque dentro, soprattutto la parte più creativa e sperimentale di quel periodo. Io ricordo che ovunque ti giravi era possibile incontrare cose sorprendenti. Risalgono ad allora la leggendaria Mephistofesta di Firenze, le collaborazioni teatrali dei Litfiba e dei Beau Geste con compagnie e artisti destinati a un lungo e duraturo successo come Kripton, la Gaia Scienza, Raffaello Sanzio, La Fura dels baus. C’era un’aria creativamente molto frizzante, non vi manca un po’?


Maroccolo

Quelli che citi oggi sono nomi di respiro internazionale e fanno parte di quello che viene definito il mondo dell'arte contemporanea, che però è un ambito circoscritto. Le loro opere non sempre sono a disposizione di un pubblico ampio, che magari avrebbe voglia di conoscerle. E questa, rispetto ad allora, è sicuramente una possibilità di arricchimento culturale personale che ci perdiamo. Fra gli anni '70 e '80 siamo stati tutti coraggiosi e incoscienti nello stesso momento, non solo chi faceva musica, ma anche chi si occupava di teatro, di video arte, grafica, moda, fumetti, etc Io credo che il coraggio non manchi neanche agli artisti di oggi, ma manca a coloro che decidono di occuparsi di cultura, di venderla e di divulgarla. Se parliamo di musica ad esempio, è molto più facile sentire un discografico dire: "questo disco assomiglia a quest'altro, bene, allora lo prendiamo" piuttosto che "questa roba non l'ho mai sentita prima, proviamo a investirci perché magari rappresenta qualcosa di nuovo, di diverso, di plausibile".

Aiazzi Riguardo ai ragionamenti di cui ti parlavo prima su come impostare il live di Mefisto Ballad, fra le ipotesi c'è anche quella di realizzarne due versioni, una più vicino all'idea classica di concerto e una teatrale con Giancarlo Cauteruccio, Ma naturalmente questa è un'ipotesi più complessa e costosa e quindi dipenderà molto dalle possibilità concrete che avremo di farla, per ora è solo un bel desiderio. Rispetto al paragone con gli anni ’80 mi sembra che manchi la contaminazione, che allora era molto più forte. Voglio dire: io mai mi sarei sognato di andare a vedere delle sfilate di moda, che cosa me ne poteva fregare? Ma allora erano tutti elementi di un discorso più ampio in cui ogni cosa trovava il suo posto nel dialogo culturale. Oggi invece tutti sono concentrati sulla ricerca delle cose "che funzionano" e qualsiasi progetto che non sia inquadrabile in quest'ottica, spaventa. È chiaro quindi che certe cose possono esistere solo in una dimensione di nicchia.

Pensate che cambierà qualcosa alla ripartenza rispetto a prima? Come immaginate la ripresa dei concerti? Maroccolo Ora siamo dentro a una mutazione, quindi quando il Covid finirà credo che si ripartirà in modo diverso. Non so se migliore o peggiore ma sicuramente diverso, perché ovviamente saremo anche obbligati dal contesto ad essere più coraggiosi. E allora la domanda sarà questa: cosa conviene fare? Assimilarsi a qualcosa che funzionava o provare nuove strade? Noi crediamo nella seconda ipotesi e non credo che saremo i soli. Ci sono modi diversi di fare le cose se lo si vuole. Prendi il nostro disco: se lo avessimo pubblicato normalmente in modo tradizionale, con 700 copie di prodotto fisico vendute in preorder saremmo intorno al quarantesimo posto in classifica, il che ci darebbe una visibilità maggiore. Noi invece con Contempo, abbiamo scelto il rapporto diretto con chi è appassionato di questa musica e gli abbiamo detto “se prendete il vinile in pre order vi regaliamo anche il cd”. Non si deve necessariamente sottostare al marketing, si possono anche fare delle scelte diverse. Come sappiamo il mercato ci propone il 10% della musica che si suona nel mondo e nel rimanente 90% spesso si trovano cose che sono vera arte. Ecco, io spero che ci sia la possibilità di far entrare in contatto chi cerca le cose che fanno parte di quel 90% con chi le produce da anni, credo che sia questa la scommessa.


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