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Big Pharma, Piccola Europa

Aggiornamento: 19 mar 2021

Diffuso dal web e divenuto virale, tanto a sinistra quanto a destra, è l’intervento di Manon Aubry della sinistra radicale, che al parlamento europeo ha tuonato contro le big pharma accusate di speculare sui vaccini e di essere gelose custodi dei loro brevetti.

Un intervento apprezzato dalle tante “anime belle” che evidentemente non sanno quanto costa sviluppare un vaccino in meno di un anno, quando in genere ne occorrono almeno cinque.

Si dirà, prima viene la salute dei cittadini, ma prima di dirlo si dovrebbe sapere quanto costa la ricerca e ricordare che le aziende farmaceutiche sono pur sempre aziende, il cui costoso investimento nella ricerca deve essere remunerato nel tempo.

Il problema dei vaccini che mancano all’Europa, invece, è racchiuso in una semplice premessa: se vuoi essere garantito nel risultato, investi nella ricerca. Ampiamente disattesa dalla Commissione europea.


Nella rincorsa ai vaccini anti Covid-19, l’Europa ha investito praticamente zero preferendo essere cliente delle aziende farmaceutiche, e i ritardi nella consegna dei vaccini sono il risultato finale di questa strategia.

Una dimostrazione lampante dell’insipienza politica nella valutazione della pandemia da parte della Commissione europea, che si è così legata mani e piedi alle aziende farmaceutiche extraeuropee.

Qualche cifra può illuminare l’errore fatale che ha messo l’Europa in condizioni subalterne.

Su decisione di Donald Trump, già dal luglio 2020, l’autorità americana per lo sviluppo di farmaci innovativi (Barda), ha stanziato 2,48 miliardi di dollari per finanziare il vaccino di Moderna; 1,92 miliardi di dollari per prenotare 100 milioni di dosi del vaccino a cui hanno lavorato, l’americana Pfizer e la tedesca BioNTech. Tanto per fare una proporzione, quest’ultima ha beneficiato di 445 milioni di dollari, concessi dal ministero tedesco della ricerca e lo sviluppo.


Tra i potenziali vaccini che hanno raccolto più fondi pubblici dal governo Usa c’è quello sviluppato dalle società Sanofi e Glaxo Smith Kline: 2,1 miliardi di dollari per lo sviluppo e la consegna delle prime 100 milioni di dosi.

A Novavax, che non ha mai prodotto vaccini, sono andati 1,9 miliardi di dollari.

L’azienda farmaceutica Janssen del gruppo Johnson&Johnson ha invece ricevuto 1,5 miliardi di dollari dal Barda per ricerca, sviluppo e produzione di 100 milioni di dosi del vaccino.

Prima di Novavax, il ministero della salute americano aveva incentivato i lavori di ricerca e produzione dell’anglo svedese AstraZeneca con 1,2 miliardi di dollari - con cui collabora la società Irbm di Pomezia - ai quali si sono aggiunti 86 milioni di dollari dal governo britannico (girate all’Università di Oxford) per prenotare 100 milioni di dosi.


Altre industrie farmaceutiche finanziate dall’amministrazione statunitense sono state la Merck and Iavi con 38 milioni di dollari e Sanofi con 31 milioni di dollari.

L’insieme delle cifre fa un totale di circa 12 miliardi di dollari ricevuti dalle aziende farmaceutiche statunitensi.


Tale cifra appare uno sproposito, ma probabilmente è il costo “pubblico” che gli Stati Uniti hanno ritenuto giusto di dover pagare per uscire dalla pandemia nel più breve tempo possibile, vaccinando gratuitamente tutti i propri cittadini.

Ciò che non sappiamo, invece, è quanto spenderà la Commissione europea, che non ha detto quanto ha pagato e quanto esattamente dovranno pagare gli Stati membri dell’Unione Europea per l’approvvigionamento, pure ritardato, dei vaccini.


La Commissione europea pagherà alle aziende un contributo per i costi di sviluppo e produzione del farmaco “in cambio del diritto - per gli Stati membri - di comprare un determinato numero di dosi di vaccino in un dato periodo e a un determinato prezzo”. Questo significa che se i vaccini saranno efficaci e sicuri gli Stati membri dovranno acquistarlo alle condizioni stabilite dalla Commissione, mentre se non lo saranno, il contributo europeo sarà stato comunque erogato.


Per paradossale che possa sembrare, la cifra potrebbe anche arrivare vicino all’importo dell’investimento statunitense, con lo svantaggio che l’Europa non ha sviluppato un proprio vaccino anti Covid-19, dipendendo totalmente dalle aziende farmaceutiche straniere.

In attesa di conoscere questi costi, appare certificato che nell’unica emergenza sanitaria che ha dovuto affrontare nella sua storia, l’Europa ha fallito rivelandosi, una volta di più, “un gigante economico e un nano politico”.

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