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Andrea Gualchierotti

Draghi e Anelli a contendersi il telecomando. Dalla padella alla brace?

Aggiornamento: 22 ago 2022

Anche se di trailer e preview pare che non si possa che dir bene per forza, dato il nuovo paradigma per cui se le anteprima piacciono, ok, altrimenti scatta in automatico il classico “aspetta almeno di vedere il prodotto finito!” (e allora che le fanno a fare, ci si chiede), di quello che assai probabilmente ci aspetta a settembre con Rings of Power abbiamo già detto un po’ di tempo fa qui (inserire link).

E quanto visto da allora fino ad oggi, non ci ha fatto cambiare idea. Anzi, ha confermato buona parte dei timori. Ma oggi c’è altro su cui aguzzare la vista.

Cosa? Ma è ovvio!


Tra il molto non detto dietro la gigantesca produzione a marchio Amazon, spicca anche un obiettivo coperto da un velo di lievissima organza, ignoto solo alle anime più pure: assurgere al rango di nuovo Games of Thrones, divenire il successo fantasy pop definitivo, intestandosi gli allori di serie cult dei prossimi anni.

Intento sulla carta reso più facile proprio dalla “controversa” (eufemismo) fine della vicenda ispirata ai romanzi di J.R.R. Martin, e poiché il pubblico – al pari della natura – aborre il vuoto, ecco che la materia tolkieniana – dovutamente omogeneizzata - ben si appresta, sempreverde com’è, a saziarne gli appetiti.

Ma c’è un ma. Siccome il diavolo fa le pentole e non i coperchi, capita che proprio mentre Rings... sta per compiere l’ultimo passo della lunga marcia fino ai nostri schermi, lo stesso stia per avvenire anche per House of Dragons, l’altrettanto atteso prequel della sanguinosa saga ambientata a Westeros.

Anche qui, sebbene in minor grado, un po’ di polverone si è già alzato.


Fan sospettosi e fan speranzosi si scambiano ciclicamente invettive e ruoli, man mano che la messa in onda si avvicina, alcune polemiche - che strano! - assomigliano in parte a quelle riguardanti Rings… (ma con Martin, si sa, le questioni di ortodossia contano meno, e sono passate in cavalleria da tempo). E tuttavia la sensazione che la storia dei vecchi Targaryen sia tutto sommato meno ideologizzata, probabilmente un puro divertissement rosso sangue, la rende un concorrente esiziale per la serie Amazon.


E arriviamo al punto: come mai, a differenza di altri generi, nel fantasy serializzato mancano le vere, buone, produzioni originali? Perchè si investe e si punta solo su contenuti già noti e vincenti d’ufficio, provenienti da un consolidato successo sugli scaffali? Domanda stupida, è vero, i soldi parlano chiaro e bastano da soli a spiegare tutto. Meno il fatto che, parebbe, gli sceneggiatori d’oltreoceano (non parliamo di scandali nostrani come Luna Nera, per pietà…) soffrono di una qualche crisi creativa dai sintomi sempre più gravi.


Ma come! In un’epoca in cui qualsiasi prodotto fantasy è ormai sdoganato, ecco, proprio ora gli viene il blocco dello scrittore, e non riescono a buttar giù un soggetto originale, a imbastirci una sceneggiatura. Proprio in una stagione in cui il pubblico è così ricettivo! Che sfortuna! Se di sfortuna si tratta, e non invece di saccheggio silenzioso, in cui si raccolgono frutti e non si piantano mai semi.

D’altra parte, scrivere fantasy – buon fantasy – non è facile come alcuni affermano. E la tentazione di fare i big money con saghe che è risaputo scaldino il cuore dei probabili spettatori, è difficile da scacciare.


Qualcuno dirà: quante storie, ma divertitevi e basta, no?

Consiglio sensato, sì – che pure di solito viene da coloro a cui piacciono proprio tutti i trailer... – ma con il difetto di allontanare per l’ennesima volta la riflessione su quello che guardiamo, in favore dei popcorn sul divano. Proprio l’atteggiamento che ci ha portato a dover temere il peggio per l’arrivo di Rings of Power.



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