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Eleonora Beni: la sua moda per il tempo presente

Settembre porta alla nostra attenzione le idee creative di Eleonora Beni, stilista emergente che dalla sua Arezzo punta alla conquista delle passarelle, passando per declinazioni contenutistiche col cinema e il settore dell’estetica.



Eleonora Beni

Alla Biennale della mostra del Cinema, Claudia Conte è stata ammirata con indosso una tua splendida creazione, vuoi dirci qualcosa del tuo processo creativo?

Certo, con gioia, il mio processo creativo cambia in base alla tipologia di capo che devo realizzare ma come prima cosa serve l’ispirazione e il tema.

Per Claudia ho scelto di pensare a lei come donna e al suo impegno sociale, alle sue origini e al suo essere “forza vitale femminile” . Ho unito arte moda e cultura e collegato le nostre due storie in un unico abito.

 

Da Ferragamo ad altre firme del lusso e alta gamma, quindi un bagaglio notevole tanto nell’abito che nella calzatura, ora che ti stai proponendo col tuo nome cosa pensi di aggiungere allo stile?

Beh, spero di non risultare eccessivamente presuntuosa, la mia idea è quella di restituire un senso di leggera eleganza. Una raffinatezza che per sua stessa definizione non può essere vistosa ostentazione e invadenza ma che tuttavia tracci una linea ben precisa tra ciò che è di classe e ciò che non lo è. Ci stiamo abituando con eccessiva passività al brutto, al dozzinale. A un uso non razionale della plastica e al fast fashion, che una volta si chiamava pronto-moda ma se non altro era italiano, quindi con tessuti e lavorazione locali. Detto ciò, ho una predilezione per i colori tenui, quasi autunnali e sfumati e per le linee morbide.




Eleonora Beni

Allargando il ragionamento: in un’epoca di globalizzazione compiuta, si può ancora parlare di “stile italiano “?

La globalizzazione ha messo in contatto lingue ed estetiche diverse, dissolvendo confini ma anche creando nuove necessità di riconoscibilità. Paradossalmente, questa mescolanza può rafforzare ciò che chiamiamo «stile italiano»: quando il mondo è tutto accessibile, ciò che conta diventa la profondità del fare.

La mano esperta dell’artigiano, la scelta dei materiali, il rispetto per tempi e luoghi della produzione. Lo «stile italiano» non è mai stato solo un catalogo di forme o un insieme di stereotipi: è un qualcosa di sottile fatto di proporzioni, cura del dettaglio, rapporto tra corpo e tessuto, e un modo di raccontare la vita quotidiana con dignità.

In pratica: lo stile italiano sopravvive se resta legato a competenze locali e a un’etica del progetto con una forte ricerca prima della collezione.

Lo stile italiano non vive come nostalgia, ma come capacità di restituire significato a un capo che viaggia nel mondo, con un ‘identità precisa. In tutti questi casi, dove si riconosce la differenza, si deve parlare di stile italiano. Poi penso che oggi si ponga la necessità che è anche un’opportunità di difendere il nostro settore portandolo fuori dalle passarelle. Penso ai grandi saloni di bellezza, i musei, i ristoranti stellati, le discoteche…


E parlando di stile, proprio nei giorni di Venezia è scomparso Giorgio Armani, un genio che tra le altre cose aveva legato il su nome a un rapporto di particolare vicinanza col cinema, un pensiero sulla sua figura…

La sua figura non è stata solo quella di un grande stilista, ma di un interprete capace di rendere universale una sensibilità tipicamente italiana. La scomparsa di una voce così centrale accende due reazioni: il lutto per un Maestro e la responsabilità per chi resta.  La sua scomparsa è un invito a mettere al centro il mestiere: qualità, coerenza, rispetto per il tempo della lavorazione. Più che un’epoca chiusa, la sua eredità è una bussola: non per ripetere formule, ma per interrogare ogni collezione sulla sua eticità, sulla sua abilità di essere utile e desiderabile insieme.

Per chi crede nello «stile italiano», c’è tutto il senso del futuro che vogliamo

 


Da un evento cinematografico all’altro, dopo l’incursione a Venezia, hai presentato  suscitando parecchio interesse, la tua collezione col défilé curato da Federica Taranto, per l’apertura del Ferrara Film Festival; ho l’impressione che non siano due circostanze isolate ma che piuttosto pensi al cinema come vettore. Il che sarebbe coincidente con la concomitanza tra costume e moda.

Per me è esattamente così! (sorride). Cinema e moda, moda e cinema sono in costante dialogo. Allora ti do un’anticipazione! I miei abiti sono dentro Prendiamoci una pausa, in uscita nei prossimi mesi!…non sai la soddisfazione che provo nel vedere le mie creazioni in questo film Camaleo. Ha un cast femminile pazzesco! Sono felicissima per questa collaborazione e ci tengo davvero a ringraziare il produttore, Roberto Cipullo. Spero che questa sia la prima di tante collaborazioni col cinema.

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