Mettete un bel sabato mattina con vostro figlio. Un allenamento a base di kata e kumite finalizzato al perfezionamento, ma pure per predisporsi col giusto spirito al sushi di cui siamo ghiotti. Terminata la scorpacciata, ci si fionda ad ammirare Robotizzati, la splendida mise en scene firmata Dominella e Mariotto, in cui la moda è trasfigurata e dialoga mirabilmente con la fantascienza. Terminata la visita, si lascia Trastevere per Prati, meta: Profondo Rosso. È giunto il momento del battesimo del fuoco per il mio compagno di ventura. L’occasione è un’intervista a Luigi Cozzi. In realtà non vedeva l’ora e poi se lo merita. Mi ha suggerito più di una buona domanda, anzi, l’intervista che state per leggere è tanto mia quanto sua. Luigi Cozzi, figura apicale e uomo dai mille volti del fandom nazionale e internazionale. Cineasta, romanziere, proprietario di un luogo magico e di culto, saggista cinematografico, docente, editore. Anche solo lo scegliere l’ambito da esplorare è un’impresa. Cosa trattare? Cosa scartare? Ma ad averne sempre di simili amletici dubbi…
Ciao Maestro è un piacere rivederti, come stai?
Ciao, molto bene, grazie, piacere anche per me. Lui è…
Eh, già! Mi ha fornito delle ottime dritte per l’intervista e poi moriva dalla voglia di vedere Profondo Rosso! Dunque, la prima domanda che abbiamo per te è questa: quanto e in cosa è cambiato l’horror in questi anni nel passaggio dagli Argento, Carpenter, Cozzi, Cronenberg, Avati, ai Roth e Wan?
Di differente c’è il cinema che è cambiato. È molto più veloce. Ora i personaggi non camminano più. Vanno sempre di corsa. O scappano dal mostro o scappano dall’esplosione. Questo sull’horror ha avuto un certo effetto perché quello precedente era soprattutto d’atmosfera. I tempi lenti, le angosce…quello moderno è invece di aggressioni improvvise, di attacchi violenti. È molto diverso, non è più cinema d’atmosfera ma è un cinema d’azione orrorifico.
Non potrei essere più d’accordo. Questa tua considerazione mi fa pensare alla lezione di Hitchock circa la suspence nella quale sosteneva che se piazzi una bomba sotto a un tavolino intorno al quale ci sono due persone che parlano, e mentre lo fanno, vediamo il ticchettio della bomba inframezzato ai dialoghi, la tensione nello spettatore aumenta se invece la fai solo esplodere senza alcun preavviso, hai solo fatto un effetto. Ecco può essere in qualche modo riassumibile in questa la differenza tra la velocità su cui s’impostano i film oggi, e invece il lavoro in crescendo che era proprio del cinema di cui tu e gli altri siete stati grandi narratori?
Principalmente è proprio questo. I film d’oggi sono pieni d’esplosioni. Di sangue, diciamo, per usare un’immagine e c’è poca suspence. C’è poca costruzione, anche perché il pubblico, ormai, persino al cinema guarda il telefonino per controllare se qualcuno l’ha cercato o gli ha scritto, mentre guarda il film e quindi è difficilissimo catturare l’attenzione dello spettatore. Lo spettatore moderno ha poca disponibilità o capacità di seguire a lungo gli eventi.
Ecco, ma in assoluto, perché si guarda volontariamente qualcosa che ci spaventa, che cosa genera il piacere, la voglia, il desiderio o persino la necessità di guardare un film horror? Insomma perché li guardiamo se poi ci terrorizzano a morte?
Mah… il cinema è immaginario e serve soprattutto a scaricare le tensioni. Il cinema dell’orrore ha sempre vissuto i suoi grandi momenti durante le crisi sociali, quando la gente era preoccupata da quello che poteva succederle, per esempio, economicamente…
E oggi?
È diverso perché oggi c’è la paura di un virus. Oggi l’horror è infatti in calando, quello che fa paura alla gente è la realtà. Durante la 2° Guerra Mondiale l’horror precipitò perché c’erano orrori tutti i giorni dal vivo, per davvero.
Tu sei un maestro della fantascienza, perché noi italiani scarseggiamo nella definizione di una fantascienza identitaria che in qualche modo ci racconti attraverso la narrazione epica, la suggestione e la metafora?
Direi che dipenda soprattutto da due fattori: il primo, scarsa consapevolezza della storia. Il secondo, un certo scetticismo culturale.
C’è stata una fiammata in questi anni in ambito supereroistico, per qualche imperscrutabile ragione sono usciti tre/quattro film che gravitano intorno all’idea del supereroe ma sono casi episodici, che non hanno creato un vero e proprio filone.
Episodici e direi, in qualche caso, parodistici. Perché comunque in Italia, il genere che da sempre è campione d’incassi è la commedia e quindi c’è poco da fare.
Prima o poi quel disco volante a Lucca dovrà pur atterrare se è vero che ne sono scesi in modo credibile, persino a Johannesburg. Dicci qualcosa circa I cavalieri delle Stelle, che hai ripubblicato di recente. Tu le stelle le cerchi costantemente…
A me piace l’avventura spaziale, riguardo Star Riders, sì, l’ho ripubblicato quest’anno, diciamo a grande richiesta (sorride. N.d.r.). Si tratta in realtà di una stesura del 1977 che sviluppai dopo l’uscita di Guerre Stellari su richiesta di un produttore. Subito dopo me ne fu chiesta un’altra, Star Crash e anche questa fu presa da un produttore, poi una divenne un film e l’altra, no, come spesso succede…
Quindi sarebbe ora di farlo…
Beh è una grande avventura spaziale scritta e pensata per il cinema. Una specie di Emilio Salgari trasposto nello spazio…
Mica male…
Eh sì però è anche molto costosa. Al di fuori delle possibilità non dico italiane ma europee, addirittura. Ormai questo tipo di film si può fare soltanto nel Stati Uniti.
Addirittura? Nonostante il digitale?
Il punto è che qui non c’è più il cinema. Non c’è più la distribuzione. Tutto il cinema in Italia in realtà è nelle mani della televisione. Medusa-Mediaset, Rai- 01, Netflix. E loro sono interessati a produrre unicamente il prodotto tipicamente italiano. Manca tutto il genere, dalla fantascienza, al film di guerra, d’avventura. Questo prodotto lo prendono dall’estero, lo pagano molto meno e hanno un prodotto di gran lunga superiore.
Il Tunnel sotto al mondo realizzato assieme al grande Alfredo Castelli, è finalmente distribuito su Amazon Prime…
È stata veramente un’esperienza fantastica. Eravamo giovanissimi, abbiamo fatto tutto da soli. Io avevo già esperienza con l’audiovisivo, lavorando in pubblicità. Ero anche stato assistente al doppiaggio e aiuto sincronizzatore, aiuto montatore, insomma un infarinatura sul 35mm.
Una fantascienza nouvelle vouge
Sicuramente. A me Alphaville era piaciuto tantissimo, qualcosa m’era rimasto dentro. E poi era l’unico modo di farlo
Riscosse un certo consenso
Sì, direi proprio di sì. Fu presentato al Festival di Fantascienza di Trieste. Ricevette un gran numero di critiche positive. Non fu stroncato, e già questo fu gratificante. E così poi fece il giro dei cineclub…
Dal debutto nella fantascienza passiamo all’ultimo lavoro filmico, il docufilm storico, La Battaglia di Roma-1849 che hai presentato presso la Biblioteca Angelica di Roma in occasione del 170° anniversario della Repubblica Romana, evento organizzato con il patrocinio del Ministero della Cultura e poi, prima che tutto si bloccasse, a Torino, in una sede d’elezione come il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano. Si direbbe che tu sia ritornato sui tuoi passi, dopo Le cinque giornate.
Sicuramente. Ho scelto di girarlo perché a suo tempo avevo scritto con Argento Le Cinque Giornate, avevo fatto l’inizio di quella straordinaria pagina della nostra storia e volevo concludere un’opera che avevo iniziato tanti anni prima. Una vicenda grandiosa, quasi fiabesca, che dovremmo sempre tenere a mente.
Capisco, se scordi il tuo passato non puoi avere un futuro…personalmente Garibaldi (a cui ho rubato il cognome per un mio personaggio) e Colomba Antonini, invece tu quale tra i tanti eroi e protagonisti di quella avventura ti è particolarmente caro?
Solo uno? E come si fa? Ma se devo indicarne uno, certamente Garibaldi. Un personaggio incredibile. Non è neppure definibile da romanzo, perché si è spinto ben oltre. Ha fatto tantissimo per l’Italia. Non solo da condottiero, basti dire che quando era in Parlamento i bastioni di Roma che contengono il Tevere ancora oggi li fece costruire lui.
È di prossima pubblicazione il decimo volume della tua applaudita collana enciclopedica Il Cinema di fantascienza, titolo: Scrutate il cielo! (Profondo Rosso)
Esatto! Il prossimo mese. Credo sia un buon testo, una guida esauriente. Spero piaccia e soprattuto si riveli utile ad appassionati e addetti ai lavori
Concludiamo con una battuta sul Maestro Vince Tempera, con cui sei tornato a lavorare in occasione de La battaglia… di quale gigante stiamo parlando e che legame avete?
Con Vince siamo amici da tantissimi anni, lui è un appassionato di fantascienza e un compositore straordinario. È il pianista di Guccini e un grande arrangiatore, ci ho fatto tanti film, assieme, è sempre bello tornare a lavorare con lui.
Grazie, caro Luigi. Ascoltarti è sempe illuminante.
Grazie a te, e complimenti per il giovanotto. Tale padre, tale figlio.
Terminata l’intervista andiamo in esplorazione. Nel seminterrato di Profondo Rosso c’è il tunnel dell’orrore. Da sempre costituisce un richiamo per milioni di turisti, ci reclama. E noi, non ci facciamo pregare…
Pier Luigi Manieri & Roberto Manieri
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