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Il fumetto italiano è monocorde? Colpa dei lettori

Aggiornamento: 7 gen 2022

Perché in Francia o in Giappone il fumetto esprime una ricchezza di temi quasi abbacinante? Perché in Francia possiamo trovare serie dedicate a famiglie di birrai, o trilogie dedicate alla Campagna id Russia di Napoleone e in Italia i fumetti sul risorgimento sono visti come la peste nera? Perché in Francia è possibile trovare decine di serie di fumetto di aviazione, dove metà delle pagine sono dedicate ad aerei che volano (Buck Danny, ad esempio), o fumetti dove metà albo è dedicato a gare automobilistiche, e in Italia i fumetti dedicati allo sport sono del tutto assenti? E perché in Giappone troviamo fumetti dedicati alla cucina, al Golf, al Baseball, a qualsiasi cosa, all’antica Roma, al medioevo giapponese, e in Italia no? Perché, in sintesi, in Italia si pubblicano sempre le stesse cose?

Ovviamente qui si parla del fumetto da edicola, che è il fumetto popolare che arriva a migliaia di lettori. I volumi da fumetteria o libreria sono tanto belli e meritano rispetto, ma diciamoci la verità: non vendono una sega. Quasi sempre a fronte di sbrodolamenti e recensioni entusiaste sui siti di settore, da parte di giovani critici che hanno ricevuto la copia o il PDF gratis, le vendite di un volume di editore blasonatissimi (bonelli, Feltrinelli Comics, Bao, ecc… fate voi) si contano nell’ordine di qualche centinaio di copie. Ovvio, ci sono sempre Zerocalcare e Sio. Ma il fatto che Mondadori Comics abbia chiuso non vi fa riflettere almeno un pochino?


Ma non divaghiamo. I fumetti da edicola in Italia seguono una linea editoriale ben precisa (o se volessimo metterla più in negativo sono monocordi), che non ammette deviazioni. Ma perché? Colpa degli editori vigliacchi e pigri? Quasi sempre quando i critici parlano di questo argomento risolvono tutto dando la colpa agli editori che non “sperimentano”.

Beh, è una stupidaggine. Gli editori da edicola sono imprenditori, che vogliono investire e guadagnare. Quando Sergio Bonelli tentò di fare il mecenate con Pilòt buttò milioni di lire dalla finestra. Oltretutto oggi, con margini di guadagno ridotti all’osso e una situazione dove le vendite sono in calo costante, è facile per i critici giocare a fare gli editori con i soldi altrui. Ma è sbagliato.


Di chi è la colpa allora se le case editrici non osano, non tentano? Di chi è la colpa se in Italia non c’è un Michel Vaillant, o se nessun editore per i 150 anni dell’unità d’Italia ha messo in cantiere una serie di volumi dedicati alla storia d’Italia (Mente in Francia la Histoire de France a fumetti esiste, e comprende oltre 20 volumi)?


È dei lettori.


I lettori vogliono leggere sempre le stesse cose, e quindi logicamente gli editori, non potendo permettersi di rischiare, danno ai lettori quello che vogliono.

Nel 99% dei casi quando un editore ha provato a pubblicare qualcosa che si è scostato dai cliché classici del fumetto da edicola, i lettori lo hanno snobbato. Dagli anni ‘90 a oggi solo due prodotti sono stati promossi dai lettori: Lazarus Ledd e Samuel Stern. Tutti gli altri (miniserie, serie regolari), magari hanno ricevuto lodi e plausi, tanti “mi piace” e tanti “bravi!”. Ma poi alla resa dei conti i “mi piace” non si sono tradotti in altrettante copie vendute.

Allora cari lettori, se volete sapere perché in Francia esiste una serie come i Maestri dell’Orzo, e da noi no fate una bella cosa: guardatevi allo specchio. Il responsabile vi fisserà.

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