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Il nuovo disco di Avincola non è suo e non è neanche un disco

Aggiornamento: 20 set

Formato unicamente digitale per “Avincola canta Carella” prezioso ripescaggio dell’opera di un artista unico e mai dimenticato. Ma c’è anche il libro “Dolce tu per tu” a ripercorrerne storia e carriera con decine di testimonianze.

 


Avincola canta Carella

Avincola di nome fa Simone, di mestiere fa il cantautore, di casa sta a Roma. Incide dischi da un decennio abbondante e finora ne ha pubblicati quattro, In quegli album ci sono le sue canzoni, belle, personali, dense di quel talento tangibile quanto discreto di chi ama concentrarsi più sul suo lavoro che sulla ricerca del consenso ad ogni costo. Ora arriva il quinto, che è certo un suo album, ma anche no. Perché dentro ci sono le canzoni di un altro. L’altro, più di qualcuno lo ricorderà, si chiamava Enzo Carella, anche lui cantautore, scomparso nel 2017 dopo una carriera un po’ ballerina, fra successi come “Fosse vero”, “Malamore”, “Barbara”, “Amara” e disillusioni. Ha lasciato un’eredità di sei album che risentiti oggi sono ancora freschissimi e attuali. Però si sa, a volte quel che risulta attuale oggi era più difficile da apprezzare a suo tempo. Un po’ perché Carella era effettivamente avanti sui tempi in cui viveva, un po’ per il suo carattere a tratti incostante, poco incline agli adattamenti che l’industria discografica richiedeva, un po’ per la nota e spesso cronica mancanza di lungimiranza di chi la dirigeva.

Insomma, era tempo, è tempo, che venga resa giustizia al signor Carella e Avincola ha pensato bene di farlo in prima persona, senza attendere rivalutazioni commerciali e quant’altro la discografia italiana potrebbe fare per scusarsi di non aver promosso a sufficienza il suo talento quando avrebbe dovuto. Così ecco “Avincola canta Carella”, che mette in fila una “carellata” di 14 brani che ripercorrono cronologicamente la carriera dell’indimenticabile artista romano. A modo suo, certo, ma con gran rispetto e senza alcuna tentazione di crearne delle versioni fantasiosamente alternative. Canzoni che trasudano affetto per l’artista, un affetto così concreto da indurre Simone a indagare oltre gli spartiti e i testi (firmati dal fraterno amico e collaboratore di tutta la sua produzione Pasquale Panella) fin dentro la vita di Enzo, mettendosi sulle tracce di parenti, amici, collaboratori e artisti dichiaratamente influenzati da lui e dal suo lavoro. Quell’indagine ha preso la forma di un libro appassionante e appassionato che Avincola ha scelto di intitolare con un frammento del testo di “Barbara” che è un’altra evidente dimostrazione d’affetto, “dolce tu per tu”. E per non farsi mancare niente anche per la copertina ha scelto un disegno di Hurricane.

 

Dunque, Simone, hai messo in pausa il lavoro personale per dedicarti a questo progetto doppio e certamente impegnativo. Risultati eccellenti, ma non basta apprezzare il lavoro di qualcuno per imbarcarsi in un simile impegno, qual’è stata la spinta che ti ha indotto a farlo?

 

Gli artisti di nicchia o comunque meno esposti alle masse mi hanno sempre affascinato perché ci trovo contenuti originali e stimolanti; infatti, come sai nel 2013 realizzai un documentario su Stefano Rosso per lo stesso motivo. Ho una lista lunghissima che di volta in volta allungo e ho scoperto che siamo pieni di artisti, anche ancora viventi, con una qualità oggettiva, una creatività molto personale e una complessità nel raccontare, che sono rimasti in ombra. Carella mi ha stimolato questo spirito di investigazione, la voglia di mettere l'occhio nel buco della serratura. Volevo capire quanto certi “fallimenti” dipendessero dal periodo storico, quanto dal carattere dell'artista, o altro. Spesso ho notato che dipende da quello che c'è sotto l'apparenza. Uno sente le canzoni senza conoscere bene la persona che le canta, ma è quasi impossibile separare l'artista dalla sua opera perché è sua. Questo vale ancor di più per Carella, che mi ha sempre affascinato, ovviamente anche per i testi di Panella, molto criptici e surreali. Musicalmente invece, quando ho scoperto quelle canzoni mi hanno colpito gli accenti funky, che all’epoca nella musica pop italiana non c’erano. Lui sapeva mescolarli sia con il pop che con il prog e nessun altro lo faceva. Quindi tutti questi fattori messi insieme e in più questa casualità del collaborare con Panella per il mio brano “Barrì” mi hanno stimolato e mi sono detto: adesso ci butto un occhio e vediamo quanto mi rapisce questa storia. Da lì in poi è stato un susseguirsi di link che portavano ad altri link, persone che mi indirizzavano ad altre, tanto che a un certo punto ho dovuto dire basta perché il materiale era davvero tanto. Ho messo tutta la storia e le testimonianze in ordine cronologico da quando era piccolo fino alla fine.

 

Nel libro ci sono decine di testimonianze, è un lavoro ampio e accurato, quanto tempo ti ha preso?

Il grosso l’ho concluso in sei mesi, anche perché non volevo fare pause, questo mi succede anche quando scrivo le canzoni, se sono molto fomentato, molto preso, ci metto poco tempo. Mi serviva restare dentro quella sensazione, se avessi preso delle pause forse delle cose mi sarebbero sfuggite, non avrei vissuto la storia così intensamente come l'ho vissuta.

 

Un’ intensità che trasmetti anche al lettore, non solo attraverso le testimonianze, ma anche con il racconto stesso di come le hai scovate, è come seguire un’indagine, un modo di raccontare molto coinvolgente.

 

Io non mi reputo certo uno scrittore, ma ho cercato di mettermi nei panni del lettore perché volevo provare a fargli vivere la mia stessa esperienza, a condividerla, che in fondo poi è un po’ quello che faccio con le canzoni.

 

Però nel libro manca la testimonianza di Panella. Un’assenza che si nota, anche se mi rendo conto che il peso del personaggio nella vicenda di Enzo avrebbe richiesto un libro intero solo per lui. Però uno se lo chiede; perché?

 

Bèh, è vero, non c’è, ma è come se ci fosse perché, l’esserci senza esserci è perfettamente coerente col suo percorso. Lascia che siano gli altri a parlare di lui e va bene così. Tra lui e Carella c’era questa amicizia così stretta proprio perché erano tutti e due dei personaggi talmente fuori dal normale che si sono trovati. Se ci pensi l'unico artista con cui Panella ha scritto, dal primo all'ultimo album, è Carella, non ce ne sono altri. Certo, sarebbe stata una meraviglia avere la testimonianza di Pasquale, ho anche provato a chiederglielo, ma senza insistere perché rispetto molto la sua discrezione e sono contento che esista una persona come lui in questo tempo in cui tutti vogliono apparire, che potrebbe apparire quando vuole per tutto quello che ha fatto e che invece sceglie di stare comunque nell'ombra.

 

So che oltre ad essere un autore di canzoni tieni anche dei corsi di songwriting e sei particolarmente attento ai testi. Cosa ti ha colpito di più del lavoro di Panella in generale e con Carella in particolare?

 

Il fatto che ogni volta che leggi ascolti o leggi quei testi è come se vedessi la stessa scena ma da un punto di vista diverso, da una telecamera che prima ti fa il totale, poi il particolare, poi te lo fa vedere dall'alto, allora c'è tutta un'altra prospettiva.  Come se quelle parole fossero una cosa viva, ogni volta diventando qualcosa di diverso, ci trovi cose che non avevi visto la volta prima, e questo vuol dire che hanno anche una grande profondità, uno spessore forte. Una volta gli chiesi “che cos'è per te la canzone?” e lui la definì quel momento in cui le parole è come se camminassero mano nella mano con la musica, e ogni tanto la musica lascia il passo alle parole e le parole lasciano il passo alla musica e questa cosa crea una dinamica, una tensione.

Nonostante io abbia iniziato scrivendo i testi e poi mettendo le musiche, ho deciso di applicare questa lezione facendole nascere insieme e i risultati sono molto più interessanti.

 

Nello scegliere le canzoni per il disco invece, come ti sei regolato? Erano semplicemente quelle che ti piacevano di più o c'è anche un'altra logica dietro?


È stato complicato perché io ovviamente le avrei fatte tutte. Ho innanzi tutto stabilito un ordine cronologico, che suggerisco di seguire anche nell’ascolto, anche se so che ormai non si fa più in questi tempi di playlist e consumi frettolosi, ma aiuta a capire l’evoluzione della scrittura e degli arrangiamenti nel tempo. Poi ci ho messo i pezzi che non si potevano omettere, che sono quelli un po' più famosi, ma ho cercato di dare spazio anche agli ultimi album, che secondo me sono molto belli. Tra l'altro Panella mi ha confidato che l'ultimissimo album è il suo preferito. Quindi sì, è stato un po' a gusto personale ma anche cercando di dare un senso a tutto il progetto che è quello del libro, cioè di far riscoprire o scoprire un artista anche nei suoi aspetti meno noti, considerando anche il fatto che i pezzi preferiti dal pubblico non sempre sono quelli preferiti dell'artista.

Quando eravamo in studio i miei musicisti mi dicevano, così scherzando, ma siamo sicuri che nel 2025 brani che durano 4- 5 minuti, con assoli finali che durano un minuto siano adatti alla sensibilità del pubblico di oggi? Ho risposto freghiamocene, è bello così, torniamo a quella naturalezza che poi è quella che mi raccontano pure i Goblin nel libro: quando registravano si mettevano là, c'era Carrella al centro, loro in cerchio intorno e cominciavano a improvvisare. Mi hanno detto guarda che molte di quelle cose che si sentono nel disco sono improvvisazioni, è proprio un modo di parlarci tra di noi attraverso gli strumenti, di fare attenzione a quella parola, di dargli spazio, di dar respiro.

 

Una scelta premiata dal pubblico romano che il 13 settembre al Largo Venue ha affollato la prima data live di presentazione con un concerto molto partecipato, Avincola sarà ospite anche domenica 28 alle 15,00 al Music Day Roma e nuovamente in concerto all’Apollo Club di Milano il 2 ottobre. D’ora in poi quindi sarà il pubblico a dover dare spazio e respiro a questo progetto costruito con amore e dedizione e realizzato da Avincola in totale autonomia e indipendenza per evitare qualsiasi rischio di interferenze. Sia l’album, realizzato per ora solo in digitale, che il libro, sono totalmente auto-prodotti e Simone é anche manager e ufficio stampa di se stesso. Una scelta inusuale di questi tempi, che comporta un impegno notevole su più fronti ma che garantisce totale libertà di scelte. E anche in questo Simone è perfettamente accordato con lo spirito di Enzo Carella, irregolare per natura come il suo partner in crime Panella.

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