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Truppi: l’artista dentro la canottiera

Aggiornamento: 11 feb 2022

C’è una canottiera che gira da ormai un decennio per i palchi dei club e dei festival italiani. Non è sempre la stessa ovviamente, può cambiare stoffa e colore ma è divenuta nel tempo un riconosciuto marchio di fabbrica dell’uomo che la indossa, Giovanni Truppi. Con lei (la canotta) viaggiano anche una chitarra intera e un pianoforte (utilizzato anche sul palco sanremese) in due pezzi, creazione artigianale dello stesso artista che, avendo originariamente a disposizione per i i suoi spostamenti niente più che un furgoncino, ha fatto di necessità virtù e segato in due parti lo strumento per farlo entrare nel limitato spazio a disposizione. Ovviamente dopo aver realizzato un sistema di cerniere tale da poterlo ricomporre e farlo tornare alla sua forma originaria. Una soluzione decisamente inedita, che dà la misura di un’innata genialità artigianale. La stessa che Truppi mette nelle sue composizioni, canzoni apparentemente semplici, con orchestrazioni assenti o ridotte all’essenziale, a quello che conta veramente. Come quel capo che indossa sempre come una seconda pelle.

Una semplicità che è l’opposto del semplicismo, al contrario è il distillato finale di un lavoro che sottrae il superfluo per arrivare al centro delle cose. Giovanni è nato a Napoli e fa il cantautore. Fosse nato in Veneto o in Friuli magari avrebbe aperto una distilleria, ma in quel caso non staremmo qui a parlarne. E’ un cantautore, dicevamo. Modernissimo, ma comunque della vecchia scuola, quella che insegna a diffidare delle scorciatoie e ad accollarsi tanti chilometri, centinaia di concerti, spesso in posti improbabili, pagati generalmente pochi soldi e ad accumulare tante esperienze umane ed artistiche che sono ricchezze enormi benché non contabilizzabili. Però Giovanni ci si è comunque guadagnato da vivere e continua a farlo. Ora che lui e la sua canottiera sono arrivati sul palco del Festival di Sanremo, con “Tuo padre, mia madre, Lucia” anche chi non conosceva né lui né i suoi quattro album (più la raccolta “Solopiano” e l’Ep “5”) può mettere le orecchie sul suo originale e personalissimo stile musicale, anche grazie a “Tutto l’universo” la raccolta appena uscita che racchiude il meglio dei primi dieci anni di canzoni da lui firmate. Giovanni è un tipo riflessivo, un attento osservatore di se stesso e della realtà che lo circonda, capace di mettere in relazione le cose in modi non consueti. Uno, per dire, che approfitta del break estivo della pandemia subito dopo il lockdown del 2020 per farsi un incredibile viaggio lungo il perimetro dello Stivale con un camper, suonando qua e là in un coast to coast sulle orme de “La lunga strada di sabbia” di Pier Paolo Pasolini, partendo da Ventimiglia per arrivare infine a Gorizia.


Una storia affascinante, ricca di episodi e riflessioni, raccolta in un affascinante diario di viaggio edito da La nave di Teseo con il titolo “L’avventura”. Il Festival, diciamolo, non è proprio il suo ambiente d’elezione, fa un po’ strano trovarselo sullo stesso palco della Zanicchi o dei giovani rapper alla moda, ma il contesto è relativo, quel che conta è, come sempre, la sostanza, quando c’è, e nel suo caso davvero non manca. Di forte sostanza anche la cover scelta per la quarta serata, “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè, originariamente compresa nell’album “Storia di un impiegato” e il partner con cui cantarla, Vinicio Capossela: “Ho scelto questa canzone in particolare –spiega Giovanni- perché me ne sento molto rappresentato. Ha un testo che è un compendio di istanze che mi sembrano importantissime in questo momento storico, come sempre del resto. Pur presentando al Festival una canzone d’amore, ho scritto anche di altri argomenti che mi sembravano importanti e interessanti e mi è sembrato opportuno, nel momento in cui ne avevo la possibilità, raccontare anche quest’altra parte di me. Per farlo ho pensato subito a Vinicio, il cui percorso è sempre stato un faro per me, quindi sono onorato e anche confortato dal fatto che abbia accettato di essere al mio fianco nel reinterpretare Fabrizio De Andrè, che è una cosa di cui avverto tutta la responsabilità”. C’è poi anche la scelta, che forse non tutti hanno notato, dei colori e delle simbologie scelte per eseguirla all’Ariston: “Con Vinicio abbiamo deciso di utilizzare questi due colori, rosso e nero,che sono i colori dell’anarchia. Ci sembrava giusto dal momento che portavamo una canzone dell’anarchico De Andrè. Nello specifico il cuore rosso e nero che avevo sulla canottiera è un’opera di Gogliardo Fiaschi, un anarchico italiano, fondatore del circolo anarchico di Carrara, che ha fatto il partigiano in Italia già dall’età di 12 anni ed ha combattuto poi in Spagna contro i franchisti”.

A dare una sorta di imprimatur al tutto, è poi arrivato, a sorpresa, anche Mauro Pagani, che di De Andrè è stato amico, sodale e collaboratore stretto: “Pagani in realtà non sapeva nulla di quello che avevamo in programma di fare. Quando è venuto a saperlo ci ha chiamato e ci ha detto che si era ricordato che nella versione originale della canzone lui suonava l’armonica e ci ha proposto di farlo anche con noi. Stare sul palco con lui oltre che con Vinicio a suonare un brano di Faber è stato davvero emozionante per me, una cosa speciale”. Ma naturalmente quel che conta di più è la canzone originale che Truppi ha presentato al Festival, scritta insieme a Pacifico e Nicolò Contessa dei Cani, oltre che con i suoi collaboratori “storici” Marco Buccelli e e Giovanni Pallotti: “Marco Buccelli è il co-autore di quasi tutte le mie canzoni e il produttore di quasi tutti i miei dischi. Con Giovanni collaboro da un po’ meno tempo ma molto felicemente. Però sicuramente scrivere con Pacifico e Contessa, due autori “puri” di canzoni rappresenta un po’ la novità di questo momento per me. Avevo quest’esigenza artistica, questa sana curiosità, di provare a scrivere con altri autori partendo da delle mie idee, da cose che avevano una connessione emotiva importante con me stesso, sviluppandole con altre penne. Sono molto contento del risultato e mi pare che questa collaborazione sia stata una buona idea, oltre che una bellissima esperienza per me “. Anche la partecipazione al Festival è per Giovanni una novità assoluta, un’esperienza nuova, su quel palco che intimidisce perfino i più avvezzi: “Me la sto vivendo con molta concentrazione, è un’occasione importante per tutti noi che lavoriamo in questa filiera. Quel che non avevo messo in conto è quanto questa manifestazione sia sentita dalla pancia del Paese. Ho avuto risposte sorprendenti, grandi dimostrazioni di affetto anche da persone che mi sembrava non considerassero tanto il Festival. Cose belle ma che mi hanno anche caricato di responsabilità”. E poi, quando le luci dell’Ariston si saranno spente inizierà subito un altro impegno, quello per la promozione di “Tutto l’universo”, con un instore tour che parte già l’8 febbraio e poi il tour vero e proprio, finalmente, se come sembra il covid non si metterà più di traverso: “Le date del tour le comunicheremo a breve, per ora il prossimo impegno è presentare nelle librerie Feltrinelli di tutta Italia questa antologia, che è un’iniziativa per introdurre la mia musica a chi non mi conosce. Sto lavorando anche ad un album nuovo ma ultimamente l’ho messo in pausa per concentrarmi sul festival, spero di tornare a lavorarci presto”.


Queste le date dell’instore tour nelle librerie Feltrinelli:

martedì 8 Febbraio a Roma (ore 18.30 – La Feltrinelli, Galleria Alberto Sordi)

mercoledì 9 febbraio a Napoli (ore 18.30 - La Feltrinelli, Piazza Martiri)

giovedì 10 febbraio a Firenze (ore 18.30 - La Feltrinelli, Piazza della Repubblica)

venerdì 11 febbraio a Bologna (ore 18.30 - La Feltrinelli, Piazza Ravegnana)

lunedì 14 febbraio a Milano (ore 18.30 - La Feltrinelli, Piazza Duomo)

martedì 15 febbraio a Palermo (ore 18.30 - La Feltrinelli, Via Cavour)

mercoledì 16 febbraio a Torino (ore 18.30 - Cap 10100, Corso Moncalieri 18).

Il video di “Tuo padre, mia madre, Lucia”: https://youtu.be/oO7P6cz8vxM)

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