Nel volgere di una manciata di anni si è imposto con oggettivo merito all’attenzione della scena italiana e internazionale della fantascienza letteraria, scalandone posizioni fino ad attestarsi tra le figure più interessanti. Predatore seriale di riconoscimenti letterari, solo nel biennio 2019-2020 si aggiudica un Premio Urania con Il Pugno dell’uomo e l’ultima edizione del Premio Italia, grazie al romanzo ucronico sulla Seconda Guerra Mondiale, Übermensch. Quattro amabili chiacchiere su ucronia, space opera e pandemie con Davide Del Popolo Riolo, 43 anni, avvocato e romanziere, in attesa del Premio Italia 2021 e di Operazione Europa…

De Bello Alieno è l'invasione aliena di un'Antica Roma alternativa. Dunque, il risultato della somma di tre sottogeneri: l'invasione aliena, appunto, l'ucronia e lo steampunk (che comunque vanno abbastanza d'accordo), è riassumibile in questo la chiave del suo successo?
Non saprei dire quale sia la chiave del suo (peraltro modesto) successo. Quello che so per certo è che quando ho iniziato a scriverlo non avevo in mente generi o sottogeneri. La mia idea era di ambientare una storia di fantascienza nella Roma repubblicana, che mi sembrava uno spunto piuttosto originale. Il resto è venuto un po' da sé...
Caio Giulio Cesare inquadrato come geniale inventore fa pensare al siracusano Archimede che sbaragliò i romani, come sei arrivato a questa riscrittura?
Questa è una storia interessante che non ricordo se ho mai raccontato. Una volta deciso di scrivere un romanzo di fantascienza ambientato nell'antica Roma, rimaneva da creare la trama e i personaggi e su questo mi sono tormentato un bel po'. Poi un mattino mi sono svegliato con un'immagine in mente: Cesare e Pompeo che guidavano legioni armate di fucili e cannoni. Su questo ho cominciato a ragionare: per avere romani armati in quel modo era necessario che la rivoluzione industriale fosse avvenuta nel I secolo a.C. (ipotesi molto molto improbabile ma non tanto inverosimile da non poterla sviluppare). Perché fosse possibile immaginai necessario una grande figura a promuoverla. E chi poteva essere il protagonista di una simile rivoluzione? Secondo me, gli unici due grandi romani abbastanza rivoluzionari da farlo sono stati Caio Gracco e Giulio Cesare. La mia passione per il secondo mi ha fatto scegliere lui. E quindi ho pensato che una simile rivoluzione la poteva guidare meglio dall'esterno della politica, come imprenditore/tecnologo. Del resto non è strano che cambiamenti epocali vengano introdotti da figure non politiche: pensiamo per esempio a Bill Gates o Steve Jobs, che hanno cambiato il mondo assai più dei politici loro coetanei, direi (o pensiamo ai baroni dell'industrializzazione di fine '800, anche). Ecco, il mio Cesare è una specie di Gates/Jobs ante litteram.

Il Pugno dell'Uomo si è aggiudicato il Premio Urania 2019 e per una volta pare abbia messo tutti d'accordo...
Tu trovi? Se vai a vedere i voti su Amazon troverai lettori che non sarebbero d'accordo! Però in generale hai ragione, le recensioni sono state tutte per lo più positive e mi sembra che abbia avuto un riscontro più favorevole che sfavorevole, anche se alcuni l'hanno trovato poco "sf classico". Meglio così, no?
Mah…è proprio il concetto di classico a lasciarmi sempre un tantino perplesso. Classico rispetto a cosa? A determinati canoni? Dal mio punto di vista, Gibson è ormai un classico, non foss’altro per il fatto che le società che prefigurava quaranta anni fa, sono realtà. Ma per alcuni è ancora un inedito. Il Guerre Stellari di Lucas fu visto come una cosa rivoluzionaria eppure era in linea di discendenza diretta con Flash Gordon. Comunque qualora fosse necessario etichettare, la tecnologia a vapore e gli alieni ai tempi dei Romani hanno trovato spazio in Aquliade di Somtow Sucharitkul e nel Videssos di Turtledove, quindi puoi rasserenarli: sei un po’ classico anche tu (almeno nel caso di De Bello Alieno). Detto ciò, sviluppare nove punti di vista e altrettanti stili espressivi, è stato più complesso o stimolante?
Li hai contati? Io non l'ho mai fatto! A parte gli scherzi, è stato estremamente stimolante. Una storia come quella che volevo raccontare, nelle dimensioni ridotte imposte da Urania, non poteva che essere corale. E lo sforzo di dare a ciascuno degli interpreti una voce propria è in qualche modo più agevole se riesci anche a differenziarli stilisticamente, il lettore riconosce più facilmente la loro voce credo.
Allora non posse esimermi dal servirti un’altra perla delle mie capacità d’osservazione: Patrizia Clarke, è un omaggio ad Arthur C. …
(Ride. N.d.r.) Secondo te può essere un caso che tra i personaggi principali alcuni hanno come cognome Anderson-Brown, Clarke e Dick? Ogni tanto mi piace omaggiare i grandi. Pensa che all'inizio volevo chiamare la Città Mievillia, poi ho pensato di non esagerare...
In medio stat virtus! Comunque Mievillia funziona. Gli Inumani hanno particolari caratteristiche, a quale immaginario, se così è stato, hai attinto per concepirli?
Gli inumani principali sono i pallidi, che devono ovviamente molto alla figura del vampiro, a cui però ho cercato di togliere ogni connotazione oscura o horror. I miei pallidi hanno semplicemente esigenze alimentari particolari e una speciale sensibilità alla luce, ma per il resto sono persone ordinarie, persino troppo. E questo vale anche per le altre specie, la cui conoscenza per ora il lettore non ha potuto approfondire. Se proprio devo fare riferimento a un immaginario, confesso che mentre lo scrivevo vedevo in parte Il Pugno dell'Uomo come la mia versione di Perdido Street Station, perdonate l'ambizione esagerata. Anche se poi naturalmente (e fortunatamente) è venuto tutt'altro.
Il Pugno dell'uomo è una space opera che ha come architrave lo steam punk, non è inverosimile che una civiltà possa raggiungere le zone remote dello spazio e sia dotata di tecnologia al carbone?
Mi rendo conto che questo è un problema che durante la lettura del libro ci si può porre, e gli stessi personaggi a un certo punto se lo chiedono: dov'è finita la tecnologia che ci ha permesso di arrivare fin qui? La risposta molto semplice è che quella tecnologia non era loro, perché non sono arrivati su quel pianeta con le loro forze ma trasportati da altri. La tecnologia spaziale non è che l'hanno perso, non l'hanno mai avuta.

Con Übermensch ti sei avvicinato pericolosamente al capolavoro K. Dick, The Man in the High Castle. Come sei riuscito a tenere la giusta distanza?
Quando ho iniziato a scrivere Übermensch sapevo perfettamente che il termine di paragone sarebbe stato quello, e in effetti è un'idea che fa tremare i polsi. L'ho gestita da una parte scrivendo una storia molto molto diversa, dall'altra parte con qualche strizzatina d'occhio. The Man in the High Castle, per esempio, è tra le altre cose la storia del viaggio di un uomo e una donna verso un personaggio ammirato, il primo è un agente italiano che finge di essere un italoamericano e in realtà vuole uccidere la persona che stanno cercando. Anche Ubermensch è la storia di un viaggio verso un personaggio ammirato di un uomo e una donna, il primo però è un agente americano che finge di essere un italo-svizzero, ma anche lui vuole uccidere la persona che stanno cercando. Ci sono altri richiami di questo tipo disseminati qui e là.
Il covid, specie nella prima fase, ci ha proiettati nella più cupa distopia pandemica mai immaginabile. e non solo per il suo carico di angosce e di morti ma anche per l'aver messo a nudo tanti aspetti, spesso poco lusinghieri, della nostra società, dalla delazione all'informazione a tratti terroristica, tu, coi tuoi bollettini, hai avuto un atteggiamento molto lucido. Pensi che dopo questa esperienza il sotto genere della pandemia, che regge da ben settecento anni, abbia esaurito la sua vena?
Lo spero, è un genere che ha proprio stufato, sempre uguale a sé stesso! A parte la battuta (e chiedo scusa per averla fatta su una situazione così tragica), spero davvero che se ne esca a breve perché siamo tutti in difficoltà, economicamente e psicologicamente. Però le mie competenze professionali sono altre, di pandemia so quello che leggo negli articoli giornalistici e null'altro, per cui sinceramente se esprimessi un'opinione più articolata sarebbe quella di un incompetente e non mi pare il caso farlo.
Tra gli amici in comune c'è un certo Alessio Brugnoli...
Sì, so che per te è un vecchio amico, per me invece è un'amicizia recente (5-6 anni) ma molto bella e autentica. Alessio è davvero una persona speciale: è credo la persona più colta che conosca, e per questo potrebbe "tirarsela" come pochi, invece è anche straordinariamente generoso e gentile. Mi è capitato nella vita di incrociare una persona e decidere d'istinto, a pelle, che sarebbe stato un ottimo amico, con lui è stato così.
Abbiamo praticamente la stessa età e abbiamo debuttato entrambi nella narrativa nel 2014, ce la siamo presa comoda?
Non so tu, ma prima di riuscire - improvvisamente e inaspettatamente - a pubblicare ero reduce da decenni di rifiuti. Questo esordio così tardivo (se così vogliamo chiamarlo) può però avere avuto una sua utilità: se avessi pubblicato un romanzo e vinto premi a vent'anni probabilmente mi sarei montato la testa, avrei pensato di essere un genio. Alla mia età sono invece consapevole di quanto tutto sia casuale, un momento le cose vanno bene, il momento dopo non più, e viceversa. Mi ha permesso di capire la saggezza del consiglio che diede Stephen King a Gaiman in occasione del loro primo incontro: goditi quello che hai ottenuto, senza vivere ossessionato dall'idea del prossimo libro. Io ovviamente ho un milionesimo del successo di Gaiman ma cerco di farlo, nel mio piccolo.
Mah, io avevo all’attivo testi di saggistica anche di una certa fortuna, il che avrebbe dovuto in qualche modo agevolarmi ma di fatto tra impegni professionali vari e una lentezza che è quasi esasperante… un giorno un lettore mi ha scritto dichiarandosi entusiasta e chiedendomi come mai avessi ambientato Free Lance nel 1999. Gli risposi che il grosso lo avevo scritto in quell’anno per poi tornarci sopra in altre fasi fino al duemila quattordici. Ma come datazione era rimasta quella per tutta una serie di ragioni…lui legge la risposta e replica dicendomi che tenersi nel cassetto un testo per quasi quindici anni è una follia. Che i racconti sono fatti per essere letti. E conclude dicendo che una volta steso, non appartiene più all’autore ma al pubblico. Quindi non pubblicarlo equivale ad un furto. Non me la sento dire che avesse completamente torto. Beh, il successo se c’è, e tu innegabilmente ne hai, non va rifiutato. Come concili il tuo lavoro con la fantascienza? Nel mio caso è tutto facilmente sovrapponibile, nel tuo suscita un qualche scetticismo? Anche perché chi si occupa di legge in genere scrive polizieschi. E in quel caso nessuno storce il naso…
In effetti ho notato spesso un certo atteggiamento di sospetto verso un avvocato che scrive un genere così poco serio come la fantascienza. Un atteggiamento che varia dal "ma se hai tanto tempo perché non lavori di più?" al "scrivi fantascienza, quindi credi agli UFO". Come gestisco questa cosa? Semplicemente li ignoro...
Siamo prossimi al Premio Italia, di cui sei l’attuale detentore, a chi va il tuo pronostico?
Visto che quest'anno sono potenzialmente in lizza anch'io, sia nella categoria romanzo che in quella racconto, forse è meglio che taccia…
A proposito della mia supposta lentezza, prima dell'estate vedrà la luce il nuovo volume di Operazione Europa...Adinolfi, Brugnoli, Chillemi, Cozzolino, Del Popolo Riolo, Henriet…
Niente male, direi! E io sono prossimo a consegnare. Entro fine mese arriva…
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