Artisti di varie età che continuano a catturare il volto suo e del suo eterno amore, autori che scrivono storie amatoriali con nuovi sviluppi di una vicenda che sembrava chiusa definitivamente, collezionisti con le case piene di oggetti di ogni genere e prezzo con la sua effigie, cosplayer che si mettono i suoi panni rendendola reale, utenti, anche insospettabili, che il 14 luglio su Twitter ricordano la sua morte durante la presa della Bastiglia come se fosse realmente accaduta: queste sono alcune delle prove di una passione duratura, quella provata da molte e molti per l’anime Lady Oscar, di cui ieri, 1 marzo ricorso il 41° anniversario della prima messa in onda nel nostro Paese.
Quando Lady Oscar arrivò su Italia1 quel 1° marzo alle ore 20, i cartoni animati giapponesi, allora si chiamavano così gli anime, erano già famosi, popolari e discussi soprattutto dai genitori: erano arrivati molti titoli dei quasi vent’anni precedenti, tra robottoni e orfanelli. Tra di loro, c’erano già diversi personaggi di culto, come la bionda Candy Candy, da cui Oscar riprese lo staff di doppiaggio, creando un fenomeno di divismo ancora presente oggi intorno ai due interpreti dei protagonisti, Cinzia de Carolis e Massimo Rossi, e il carismatico Capitan Harlock del recentemente scomparso Leiji Matsumoto.
Oscar, bionda eroina fuori dagli schemi, e dalla prima puntata non si capiva ancora quanto, anche se la frase del narratore nel finale ghiacciava un po’ il sangue, con quel destino di amore o morte, colpì subito, e positivamente, sia i giovanissimi che gli adulti, diventando un grandissimo e sorprendente successo, coinvolgendo non solo i cultori degli anime, allora ancora non chiamati otaku, ma anche chi non stravedeva e, anzi, era di solito piuttosto critico verso i cartoni del Paese del Sol levante.
Il successo fu travolgente, in un’epoca in cui non c’era la rete e non era praticamente possibile reperire notizie e materiale originale dal Giappone: la deliziosa ballata dei Cavalieri del Re che faceva da sigla iniziale e finale scalò le classifiche, restando poi da allora una delle sigle più amate e citate. Paradossalmente, a causa del successo, si decise di troncare la serie sul finale aperto dell’episodio 37, inventando una seconda stagione in onda nell’autunno successivo, e non bruciandosi tutto con il finale tragico, che poi colpì gli appassionati qualche mese dopo, con il traumatico spoiler sull’album delle figurine Panini.
Lady Oscar è a tutt’oggi l’anime più trasmesso in Italia insieme ad Heidi: sull’onda del successo arrivò anche il manga, in una prima edizione colorizzata e censurata sulle pagine del settimanale Candy Candy, a cui si sono succedute altre traduzioni a partire dagli anni Novanta per altri editori, integrali e con ormai dietro un’altra considerazione dei manga.
La vita si scopre vivendola, e così gli appassionati di Lady Oscar hanno saputo poi molte cose sulla loro beniamina, da che era tratta dal manga di Riyoko Ikeda Versailles no Bara, letteralmente La rosa di Versailles o anche Le rose di Versailles, a che l’anime in Giappone fu all’inizio un flop, tanto da essere accorciato dai 52 episodi previsti a 40, salvo poi essere riscoperto e diventare un cult alcuni anni dopo, sull’onda del successo de I cavalieri dello zodiaco degli stessi disegnatori Shingo Araki e Michi Himeno, ma anche della passione che aveva suscitato in giro per il mondo, a cominciare dall’Italia.
O ancora, che l’autrice era partita dalla biografia su Maria Antonietta di Stefan Zweig, inserendo poi su richiesta dell’editore Shueisha il personaggio inventato di Oscar, in cui erano confluiti un omaggio alla Sapphire di Tezuka, un’ispirazione nelle fattezze all’iconico David Bowie ma anche al giovanissimo Tadzio del film Morte a Venezia, l’interesse suscitato dalla storia della Guardia reale Pierre Augustin Hulin, passato dalla parte dei rivoluzionari, ma anche da tante vicende del passato di donne guerriere occidentali e orientali. Senza dimenticare poi la scoperta di altre versioni di Oscar, come l’omaggio in Lupin III, i musical del Takarazuka e l’imbarazzante film live action di Jacques Demy, e, in tempi più recenti, la rock opera di Andrea Palotto e i tributi del gruppo teatrale I Giocolieri delle Stelle.
Oscar affascinò e continua ad affascinare perché è un personaggio rivoluzionario e fuori dagli schemi: è una donna che fa un lavoro da uomo, mescolando coraggio e spavalderia a sensibilità e sentimento, in un insieme perfettamente armonico. Duella, vince e porta avanti valori di giustizia e libertà senza essere una super eroina, ama in maniera totale e struggente André, molto meglio del Principe azzurro, e alla fine soccombe in maniera tragica, diventando immortale come i protagonisti delle antiche leggende.
Le testimonianze di passione legate a lei, storie, opere d’arte, artigianato, cosplay, video musicali, esibizioni, eventi, gruppi social, siti Internet, sono tra l’altro spesso gestite dal basso, dai fan stessi, a cui la sensei Ikeda ha sempre lasciato libertà creativa di celebrare il personaggio. Oscar adesso sta per tornare in un nuovo film anime, che si spera che sarà all’altezza della sua fama, con un manga che è ancora rivoluzionario e un anime ancora perfetto, uno dei migliori di sempre per la cura realizzativa e la forza narrativa. Del resto, non è un caso che dopo 41 anni i fan siano ancora qui a celebrare, creare e appassionarsi nel nome di quest’eroina insolita, unica e iconica.
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