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“Occhiali neri”: Argento vivo… ma non troppo!

Il ritorno al cinema del re del brivido nostrano è un tentativo in salita di tornare ai fasti del passato.


Chi come lo scrivente è classe 77, ha avuto la fortuna di crescere in un periodo in cui il cinema e la televisione italiane godevano di un gran lustro. Pellicole di un certo pregio venivano trasmesse dal grande e piccolo schermo.

Siamo cresciuti con l’appuntamento settimanale di Italia 1 con le pellicole storiche di Dario Argento. Ammirando, quindi, capolavori che oggi non vengono più trasmessi quali Quattro Mosche di Velluto Grigio, Tenebre[1] e il Gatto a Nove Code. Pertanto, siamo stati abituati bene (o male dipende dai punti di vista) su un certo cinema di genere.

Ergo è ovvio che la parabola discendente che Argento ha avuto da Trauma in poi non ci è sfuggita. Il suo cinema è stato sempre più spento, privo di una trama organica, arrivando a copiare sé stesso in Non ho sonno, e in taluni casi, vedi La Terza Madre, era solo un grottesco tripudio di sangue e tette. Il gradino più basso lo raggiunse con il suo più grande flop al botteghino ossia Dracula 3 D. Sarà un caso che la sua stella si sia offuscato da quanto ha fatto recitare la figlia Asia?


Pertanto, l’avvicinamento alla visione della sua ultima fatica Occhiali Neri è avvenuto con un misto di speranza e paura. Il sentimento bivalente è stato confermato poiché il film è migliore delle altre pellicole ma stenta a decollare. Forse è anche vero che le ambientazioni dei primi film sono materialmente irripetibili.

Ma andiamo con la trama. Il film si apre durante un’eclissi e qui facciamo la conoscenza di Diana una prostituta di alto bordo. Quella sera stessa una sua collega peripatetica viene brutalmente assassinata da uno sconosciuto con un furgone nero. È la terza in pochi giorni, per le strade della capitale gira un serial killer. La sera dopo sarà la nostra protagonista a venir aggredita dal maniaco, che ha sbiancato il suo veicolo, ma riesce a salvarsi con un prezzo altissimo: un frontale con la macchina con una famiglia di cinesi che costa la vita ai passeggeri anteriori e a lei la vista.


Mentre Diana cerca di rientrare in società, facendo i conti col proprio handicap, aiutata da una tutor chiamata Rita, con un moto di coscienza cerca di avvicinare il piccolo Chin, unico sopravvissuto al fatale incidente, che è affidato alle cure di un istituto di suore.

Dopo un primo approccio non proprio piacevole il bambino si avvicina alla ragazza e tra i due comincerà un rapporto d’amicizia, minacciato però dall’ombra dell’assassino.

Potremmo dire che qui inizia e qui finisce il film. Difatti ci troviamo dinnanzi ad un serial killer privo di un qualsiasi retroterra psicologico (nello specifico di Diana poi un futile motivo personale). Questo fa rimpiangere i killer interpretati da Clara Calamai e Tony Franciosa. Poi la polizia che sembra uscita da una commedia de I Soliti Idioti, visto che hanno la targa del furgone e non riescono a risalire al proprietario e sanno anche che il colore della vettura è stato cambiato. Ma Argento non è la prima volta che ci mostra esponenti della PS abbastanza ridicoli come il commissario un po’ cialtrone interpretato da Eros Pagni in Profondo Rosso.

Poi c’è una scena ai limiti del ridicolo. Chin e Diana fuggono inseguiti dal maniaco e finisco in un canneto dove sono aggrediti da una nidiata di serpenti. Premesso che tra tanti rettili almeno uno velenoso potevano trovarlo ma si tratta di una “maraga” nei pressi di Formello non nella palude del Caimano di Oscar Pettinari di verdoniana memoria.


Una piacevole rivelazione è Ilenia Pastorelli che, finalmente, dismette gli abiti della caratterista per indossare quelli dell’attrice. Decisamente, la sua interpretazione della cieca (l titolo è un riferimento alla cecità della protagonista che improvvisamente vede la propria vita sconvolgersi) è profonda nonché realistica a dimostrazione di aver studiato molto per la parte. Ovviamente Dario Argento non può esimersi da mettere nel cast sua figlia Asia, probabilmente dopo il metoo non interessa più a nessuno, la quale ripulita è quasi guardabile. Però al momento clou, ossia prima di morire, la sua espressione patetica e la sua voce sguaiata e cacofonica (ci si chiede come mai non abbiano mai pensato a doppiarla come fu per la Cardinale o di filtrarle la voce come accadde a Bud Spencer) ci fanno tifare per l’assassino.


Voto finale? 6- buono l’impegno ma siamo ancora lontani dai fasti del passato.



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