Francesco Nuti, professione attore e regista, era un maledetto genio del cinema e della risata in particolare. Così genio che se non fosse vera la notizia della sua morte arrivata nello stesso giorno di Silvio Berlusconi, sembrerebbe una trovata goliardica tipica del suo umorismo toscano da esportazione, che tracimava dalle sue pellicole. Francesco Nuti era un maestro di un sensato non-sense prima che qualcuno arrivasse a definire cosa davvero significasse non-sense e che fosse addirittura un genere.
I suoi esordi con i Giancattivi, in trio con Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, ne rivelano tutta la incontenibile vena comica. L’esordio cinematografico nel 1982 insieme ai suoi primi compagni di viaggio con “Ad ovest di Paperino” mette subito in risalto che per la straripante presenza scenica di Nuti il trio è ormai già un vestito troppo stretto. Francesco decide di andare per la sua strada e grazia anche al felice connubio con il regista Maurizio Ponzi sforna la trilogia formata da “Madonna che silenzio c'è stasera” (1982), “Io, Chiara e lo Scuro (1983)” e “Son contento” (1983) che lo consacrano nuovo protagonista della comicità italiana alla pari di Carlo Verdone e Massino Troisi.
Rispetto a Verdone, Nuti però è più raffinato nelle sue scelte comiche, mentre rispetto a Troisi si rivela più leggero e ficcante nel trasformare ogni volta il suo sensato non-sense in una vera rivincita sociale. “O tu vai in Perù, o tu sposti la chiesa, o tu vinci al Totocalcio”, ovvero la battuta tormentone con cui in “Madonna che silenzio c’è stasera” viene spiegato al personaggio Francesco quali sono le tre cose importanti nella vita, sembra essere la perfetta sintesi del cinema nutiano che di lì a poco esploderà in tutto la sua originalità.
Francesco passa dietro alla macchina da presa con “Casablanca, Casablanca” (1985), ideale seguito di “Io, Chiara e lo Scuro” e dirigendosi da solo riesce dare alla propria recitazione una ulteriore profondità comica che accentua al meglio sia le sue pause che le sue battute sferzanti in situazioni paradossali in cui si rappresenta. Con “Tutta colpa del paradiso” (1985) e soprattutto con “Stregati” (1986), grazie anche alla presenza di Ornella Muti, perfetta nell’incarnare la donna nutiana, l’attore toscano riesce a portare il suo cinema ad un passo dalla completa maturità che arriverà con “Caruso Pascoski (di padre polacco)” (1988) dove riesce a (re)inventare anche il politicamente scorretto prima ancora che questo esista davvero. Memorabile la disquisizione sulle ideologie politiche abbinate ai salumi in un (quasi) monologo comico ma visionario al tempo stesso.
Ma Nuti non basta a Francesco, e così sale pure sul palco di Sanremo nel 1988 e a seguire duetta addirittura con Mina. Nel frattempo con “Willy Signori e vengo da lontano” (1989) e “Donne con le gonne” (1991) si conferma un “re mida” del botteghino essendo riuscito anche a creare un suo preciso stilema con cui mette in scena grotteschi e tragicomici amori con trovate surreali sempre nuove e originali.
Con il travagliato OcchioPinocchio, nel 1994, però si rompe qualcosa tra Nuti e il pubblico che non riesce a capire fino in fondo la spregiudicatezza del regista/attore di reinventarsi e reiventare ancora una volta la sua comicità. OcchioPinocchio è un film on the road dove Nuti mette in scena una america tutta sua. Forse troppo in anticipo sui tempi, Francesco decide allora di tornare alle origini e infila tre buoni film, “Il signor Quindicipalle” (1998), “Io amo Andrea” (2000) e “Caruso, zero in condotta (2001)”, tutti fatti con maestria, forse senza alcuni guizzi che ne hanno caratterizzato i primi tempi, ma con artigiana originalità anche questa volta. Il botteghino non lo premia. Depressione, alcolismo e un tentativo di suicidio minano la persona ma non il talento. Francesco si cimenta con grande abilità anche in ruolo drammatico. Nel 2005 è protagonista del film “Concorso di colpa”, poliziesco ben congegnato diretto da Claudio Fragasso, in cui Nuti veste i panni dell'ispettore Francesco De Bernardi, impegnato in un intricato delitto legato al caso Moro. Sarà il suo ultimo film.
Da maledetto genio della risata a genio maledetto il destino ci mette un attimo e quell’attimo per Francesco Nuti è un incidente domestico nel 2006 che lo riduce in coma. Si riprenderà ma non sarà più lo stesso. I danni fisici riportati sono gravi. Un progetto per un nuovo film, che però non attecchisce, e le iniziative editoriali e teatrali legate alla sua biografia “Sono un bravo ragazzo - Andata, caduta e ritorno”, a cura del fratello Giovanni e pubblicata dalla casa editrice Rizzoli, tengono accesa la speranza di Nuti di avere una nuova occasione nonostante lo stato di salute in cui ormai versa.
Nel luglio del 2017 la figlia Ginevra Nuti, diventata la sua tutrice legale, dichiara in un'intervista al Corriere della Sera: «Francesco è e sarà sempre il mio papà anche se non può più parlare, muovere le mani e camminare ed è giusto che mi occupi di lui». E tutti quelli che lo hanno amato come attore e regista hanno sperato fino ad oggi che un giorno qualcosa il destino a Francesco Nuti gli avrebbe ridato.
Fino a che non è arrivata la notizia che oggi, nel giorno in cui se ne è andato Silvio Berlusconi, ci ha lasciato pure lui, Francesco Nuti da Narnali, frazione di Prato. Ma forse è uno dei suoi coup de théâtre pure questo e Francesco non è morto davvero, o è andato in Perù, o ha spostato la chiesa o ha vinto al Totocalcio. Ciao Francesco, ci mancherà il tuo maledetto genio ma ogni volta che non potremo fare a meno di te, ti verremo a cercare nei tuoi film, perché tutti sono indimenticabili, anche quelli che il botteghino non ti ha premiato. E in fondo l’immortalità di un grande artista come te sta proprio lì, in quelle pellicole, mai troppo trasmesse, in effetti negli ultimi anni per quanto avresti davvero meritato.
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