Archie Battersbee è morto, o meglio è stato ucciso, da un tribunale che ha deciso, nel suo “Best Interest”, che fossero negati i sussidi che lo tenevano in vita. Gi sono stati negate anche le cure palliative che la mamma aveva chiesto come ultima opzione, si è spento quindi dopo 2 ore (leggetelo bene 2 ORE) di agonia, altro che “Best interest” sembra quasi una punizione per aver creato tutto questo scompiglio!
Dallo scorso 7 aprile Archie, rimasto vittima di una sfida su internet (anche di questo bisognerebbe parlare), giaceva in un letto di ospedale in coma, i genitori vivevano aggrappati alla speranza di un miracolo, ma i giudici inglesi hanno decretato, dopo soli 4 mesi, che il miracolo non è scientifico e che Archie deve morire.
Chi vi scrive non ha nessuna intenzione di affrontare un dibattito sull’eutanasia, suicidio assistito, testamento biologico e via discorrendo; anche perché ne sono già pieni i giornali e i TG, Marco Cappato è diventato il nuovo caronte e ogni volta si spinge un pezzetto più in la, fra gli applausi dell’opinione pubblica “lui si che ci porta verso il futuro!” ci sono però due questioni, la prima: vogliamo davvero considerare evoluto e civile un mondo dove ci si occupa molto più della morte che della vita? È evoluto un mondo dove per attivare un’assistenza domiciliare ad un malato non autosufficiente è richiesto un tempo minimo di 2 mesi (a volte l’assistenza viene attivata quando il malato è già passato a miglior vita)? Dove per fare esami diagnostici preventivi c’è una lista di attesa di anni? Viene il dubbio legittimo che facilitare il trapasso sia una soluzione di comodo, non sarebbe importante garantire una vita dignitosa a chi vuole vivere prima di parlare di una morte dignitosa?
La seconda questione è ancora più importante: LO STATO decide per scelte che spetterebbero alla persona stessa o, nel caso di un minore ai suoi genitori. In questo caso si tratta dello stato inglese, ma tutto il mondo si avvia per la stessa strada. Lo stato decide quale sia il BEST INTEREST, con buona pace dell’autodeterminazione invocata in situazioni diametralmente opposte. Non che questa strada non la stessimo già percorrendo, ma il covid ha aiutato ad “educare” non è stato preso in considerazione il Best interest di Camilla Canepa (ahimè nemmeno quello del resto della popolazione visto che il suo sacrificio non è servito a fermare il contagio) e il best interest di quella bambina lasciata morire di stenti dalla mamma a casa da sola, eppure la signora era stata segnalata ai servizi sociali. Ma del best interst dei minori, date retta, non gliele frega niente a nessuno! Invece due genitori amorevoli, non hanno il diritto di sperare in un miracolo, soprattutto perché questa speranza è un costo per i contribuenti inglesi, quindi su poche ciance, non abbiamo tempo da perdere con cose inutili come la vita di un bambino mica possiamo pagarvi le vostre pazzie… a morte! E pure con dolore.
A pensarci bene è questo che lo stato non può tollerare, che si possa credere, avere la speranza, o semplicemente amare quello che Michele Serra, in maniera del tutto inopportuna, definì, nel caso di Alfie Evans, un “mucchietto di cellule”, perché i genitori sono in grado di amare anche bambini non perfetti, come quelli scelti dai cataloghi degli uteri in affitto, amano in maniera irrazionale e questo lo stato non lo può sopportare!
Non ci faccia sentire al sicuro, l’essere stati così fortunati da non esserci trovati in questa situazione, perché se si deroga allo stato (che poi dovremmo essere noi) la possibilità di decidere del nostro corpo, e di quello dei nostri figli, senza combattere, allora arriverà il momento in cui una decisione ci toccherà personalmente. Nessuno pensi di essere immune.
Io ho il cuore in pezzi!
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