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Eroine: perché ci piacevano, perché adesso non tirano più

Aggiornamento: 7 feb 2022

Dalle serie tv ai film, passando per i fumetti, il perché le quote rose oggigiorno non hanno successo.

Di recente sono apparse sul web le prime foto in costume di Leslie Grace nei panni di Bat Girl cosa che ha causato non poche critiche da parte dei fan storici e seri per la scelta di una afroamericana come Barbara Gordon. Nessuno vuole mettere in dubbio le eventuali capacità recitative della Grace ma, come spesso accade, è la scelta del personaggio ad essere sbagliata. Non dovremmo stupirci datosi che la sceneggiatura è stata affidata a Christina Hodson che aveva curato quella del fallimentare Bird of Prey – La fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, che è stato, è giusto ricordarlo, un flop con l’incasso di esordio più basso del DC Extended Universe.

Questa querelle ha riaperto una discussione, che riemerge ad ogni fallimento cinematografico con quote rose, in cui i maschi non vanno a vedere film d’azione con protagonisti femminili. Vengono addotte teorie pseudo sociopsicologiche “sulla paura della donna forte e di carattere”, sul “tramonto del maschio occidentale” mettendo assieme parole come “mascolinità tossica” e “patriarcato”. La verità è nel non considerare, in primis, la passione e la preparazione dello spettatore che vede snaturato il personaggio e, in secondo luogo, l’ufficio stampa che usa toni denigratori e offensivi nei confronti del potenziale cliente.

Cominciando con il Charlie’s Angels del 2019 targato Elizabeth Banks. La botoxata attrice, che, come molti del jet set, si era sperticata in critiche feroci all’amministrazione Trump, aveva dichiarato in più interviste che questo non sarebbe stato un film per “i maschi, bianchi ed etero” commettendo una discriminazione spaventosa e tagliando subito fuori una grossa fetta di pubblico. E, dinnanzi ad un fallimento annunciato, rispose così alle critiche:

«Se il film non farà soldi, non farà altro che rinvigorire lo stereotipo a Hollywood secondo cui gli uomini non vanno a vedere le donne che fanno i film d'azione. Vanno a vedere i cinecomic con Wonder Woman e Captain Marvel perché i cinecomic sono un genere da maschi [...] Charlie's Angels ha sempre avuto a che fare con le donne, il suo DNA è composto da donne che lavorano insieme, in squadra. Non stiamo percorrendo uno spazio maschile.»

E pure qui casca l’asino. Difatti la serie tv delle Charlie’s Angels era, ed è tutt’oggi, tra le più amate dai fan degli anni ’80. Non a caso i due film ad essa ispirati, con il trio Diaz-Liu-Barrymore, furono un successone. Forse perché riprendevano i toni ironici e sensuali, adeguandoli ai tempi in corso, che tanto piacevano ai vecchi spettatori.

La medesima filosofia di mercato ghettizzante venne usata per il già citato flop di Bird of Prey, proprio dal protagonista maschile, in questo caso l’antagonista Black Mask, Ewan McGregor. L’ex Obi One della superba Trilogia prequel, ha difatti affermato di essere onorato di lavorare in questo film “femminista che affronta la misoginia”. Probabilmente il povero Ewan è slegato dalla Forza da parecchio tempo senza rendersi conto che tale affermazione era fuori luogo nonché invalidante ed ha fatto la figura del soyboy potenziale cuckold.

Ma ovviamente il male di questo film, oltre che nella sceneggiatura, era anche nel casting che ha scelto attrici totalmente inadatte ed inadeguate ai personaggi fumettistici che dovevano interpretare causando il legittimo sdegno di lettori e spettatori.

Parliamo poi di un altro esperimento sociologico, perché così devono essere chiamate talune pellicole, qual è il Ghostbusters al femminile del 2016. Paul Feig dirige non si capisce bene se un reboot o uno pseudo sequel dei film originali con un cast tutto al femminile in cui primeggia, non solo per la stazza, una sopra valutatissima, e straraccomandata, Melissa McCarthy. Il film ha avuto incassi così deludenti da investire tutto il franchising ad esso collegato. Inoltre, una delle poche figure maschili presente nel film, Chris Hemsworth, è un concentrato di stereotipi e cliché sugli uomini bellocci che, a parti inverse, avrebbe alzato una levata di scudi da parte delle varie metoo di turno. Di contro, però, la versione XXX targata Brazzers ha avuto un successo planetario.

Poi si arriva ad un successo “annunciato” per costrizione ossia il Capitan Marvel del MCEU. Questa pellicola è stata da subito montata parlando di un’importanza cruciale ai fini della continuità in vista di Avengers End Game, cosa in realtà vera in parte, e per l’apporto che il personaggio di Carol Danvers aka Capitan Marvel avrebbe avuto nella lotta contro Thanos. Anche qui la protagonista Brie Larson, premio Oscar non si capisce bene perché datosi che è mono espressiva con il broncio da perenne stitica, è stata osannata e ha fatto la solita propaganda femminista. Il film ha avuto successo di incassi ma ha lasciato scontentissimi i fan dei fumetti per le ennesime inesattezze madornali. Il risultato del botteghino deve essere considerato unicamente per il discorso di continuità con la saga succitato non per un vero interesse nei confronti del personaggio o dell’attrice.

Sempre in casa Marvel non possiamo dimenticare la Vedova Nera, cinematograficamente parlando Scarlett Johanson, che da femme fatale, sexy e letale, nonché comprimaria, ha acquistato uno spazio sempre più ampio nonché poteri extra. Nel film si è cercato anche di mettere delle note drammatiche (la sua sterilizzazione forzata) per dare più patos ma hanno solo reso il personaggio più smielato. Questo è il caso di come un buon personaggio fumettistico rischia di essere danneggiato dalla controparte cinematografica.

Anche Evageline Lilly, che interpreta la nuova Wasp di celluloide non ha potuto far a meno di enfatizzare il femminismo del suo personaggio. Probabilmente ignora che non solo è il meno apprezzato dei membri fondatori dei Vendicatori ma anche quello meno sopportato, e dai suoi colleghi supereroi quanto dai lettori, nonché il più inconcludente, dopotutto fu con la sua presidenza che i Vendicatori videro la loro ora più buia e rimando alla lettura del secondo Speciale targato Star Comics dal titolo Riti di Conquista.

Sorte un po' diversa è toccata alla Wonder Woman del DCEU in cui una Gal Gadot ficcante, in quanto ex soldatessa israeliana, è riuscita ad ottenere un buon successo al botteghino anche se… le è stato scippato il podio dal collega Acquaman e dal maschio Alpha per eccellenza Jason Mamoa!

E passando da un personaggio overpower ad un altro arriviamo alla regina delle Mary Sue cinematografiche ossia Ray “Skywalker” della nuova trilogia di Guerre Stellari. Già la scelta dell’attrice Daisy Ridley, scialba e inespressiva, non hanno aiutato nello sviluppo del personaggio. Fondamentalmente ci troviamo dinnanzi ad una ragazzotta che senza la benché minima formazione padroneggia la Forza come un maestro jedi di alto livello, addirittura è capace di usare i poteri del Lato Oscuro, come i fulmini della Forza, senza nessun addestramento. Ovviamente i fan diranno che è il retaggio di Palpatine… ma il DNA non influì su Luke nella Trilogia Originale.

A lei possiamo aggiungere Holdo “crine viola” che è il gradino più basso della carriera di un’attrice talentuosa come Laura Dern, e Rose Tyco che ha lo spessore artistico di un budino d’aspartame e l’utilità della forchetta nel brodo. E pensare che Lucas ci presentò i primi esempi di donne forti e coraggiose con Leia e Padme. Non trascuriamo il vecchio Universo Espanso, oggi ingiustamente bistrattato e chiamato Legend, che ci regalò donne come Bastila, l’Esule, Kreya, Mara Jade, Darth Zannah e innumerevoli altre.

Per il piccolo schermo possiamo citare la serie Timeless in cui uno dei protagonisti principali Denise Christopher, interpretata da Sakina Jaffrey, rientra a peno nei cliché tokenisti: indiana, lesbica e ha una compagna afromaricana, e nell’8 episodio della Seconda stagione (Il giorno in cui spararono a Reagan) fa colazione assieme alla sua famiglia arcobaleno sciorinando tutto il repertorio di carinerie da Mulino Bianco. E nella scena in cui esce di casa manda un bacio ad una statua del Dio indiana Ganesha. Ecco ora immaginiamo se fosse stato un maschio bianco etero a farlo verso una statua o di Giove Ottimo Massimo o a un crocifisso del Cristo Re… si sarebbe gridato al “machismo” alla “supremazia bianca” al “patriarcato” , al bigottismo veterocattolico e chi più ne ha più ne metta. In più notiamo come per taluni produttori le famiglie etero devono essere aprioristicamente devastate ed in crisi e quelle “alternative” perfette e idilliache.

Sempre in ambito fantasy citiamo il recente La ruota del tempo, tratto dal ciclo di libri di Robert Jordan, in cui le protagoniste sono una cerchia di maghe le Aes Sedai capeggiate da Moraine, interpretata da Rosamunde Pike che devono fronteggiare le orde dei Trolloc capeggiate dall’Oscuro. La Pike non ha esitato a enfatizzare il cosiddetto empowerment femminile specificando che gli uomini avrebbero avuto molto da imparare. Ovviamente non potevano mancare le caratteristiche non binary nei personaggi, allontanandosi ancora una volta dai libri, in cui non c’era nessun riferimento lgbtq ma ovviamente fa tendenza e guai a non piegarsi ai diktat delle lobby arcobaleno.

Passando poi al settore legal-thriller abbiamo All Rise con protagonista una giudice, ovviamente afromericana, Lola Charmichael, interpretata da Simone Missick, che una battuta su tre specifica sempre il duro lavoro delle donne e il continuo ostruzionismo dei maschi.

Ovviamente anche i cartoon non sono stati immuni da questa vulgata femminista toccando un cult degli anni ’80 ossia He-Man and I masters of the Universe. Questa nuova serie, chiamata Revelation, vede sparire dopo la prima puntata sia He-Man che Skeletor lasciando il ruolo di protagonista ad una Teela molto virago e con strane tendenze datasi la sua ambigua amicizia con una miliziana dalla pelle d’ebano. Ora sfido tutti coloro che, come me, sono cresciuti negli splendidi anni 80 quanto peso e interesse dimostravano per la fulva spalla di Adam e, soprattutto, quanta simpatia sprigionasse. Non è un caso che nel settore vintage dei giocattoli sia Teela che She-ra, la sorella di He-Man, non abbiano alcun mercato.

Non che a casa nostra le cose vadano meglio. Ormai non si è più in grado di fare una semplice fiction con un personaggio femminile senza lodarne il femminismo e la lotta ad un sistema maschile e maschilista…

Miriam Leone che nell’ultimo film dei fratelli Manetti (Diabolik) interpreta Eva Kant ha definito il suo personaggio una grande femminista. Vero è che la Kant non è mai stata la pupa del gangster, semmai un personaggio a tutto tondo, parimenti dubitiamo che le sorelle Giussani ne avrebbero mai voluto fare una portabandiera politica e ideologica. Pertanto, tale sparata suona tanto non necessaria, quanto fuori luogo ai limiti dell’opportunistico.

Parimenti Serena Rossi a Domenica In, ha dichiarato riguardo il suo ultimo sceneggiato, La Sposa, che il suo personaggio doveva combattere contro il maschilismo ed era una femminista ante-litteram.

Se poi andiamo su Rai 3 e vediamo Un posto al sole praticamente ogni giorno si ciancia di maschilismo e sessismo. L’inserimento, poi, del personaggio della piccola Bianca, una “gretina” ca a pummarola in coppa, simpatica quanto una micosi genitale in stadio avanzato, rende la visione del telefilm sempre più pesante.

Non parliamo poi delle fiction a sfondo poliziesco in cui, onestamente, il più delle volte ci troviamo dinnanzi a situazioni al limite e macchiettistiche con personaggi decisamente tronfi e col ditino alzato e tanta sicumera. Lo stesso Fabio Timi ha definito la serie comico-poliziesca I delitti delBar-Lume, un telefilm femminista! In pratica un personaggio donna deve essere bravo a priori perché è femmina.

Pertanto, vogliamo dire che non ci piacciono i personaggi femminili? Assolutamente falso! Abbiamo già citato la splendida serie Charlie’s Angels ma come dimenticare Linda Carter e la sua Wonder Woman e con lei Lindsay Wagner alias La donna bionica. Non possiamo dimenticare la sempre verde Angela Lansbury e la sua Jessica Fletcher in La signora in giallo a tutt’oggi la serie poliziesca più replicata della tv. E la conturbante ed efficiente Angie Dickinson nei panni del sergente Pepper nel serial Police Woman.

Poi abbiamo Laura Holt, alias Stephanie Zimbalist, che in Mai dire sì inserisce la prima donna che non fa da spalla in un poliziesco. Difatti il suo personaggio, quadrato e tutto d’un pezzo, controbilancia il più scavezzacollo Remington Steele (da cui comunque prende nome la serie in lingua originale) interpretato da Pierce Brosnan. Il personaggio di Laura fa da apripista a tutta una serie di personaggi oggi abbastanza conosciuti ed apprezzati quali Teresa Lisbon (Robin Tunney) di The Mentalist e Kate Beckett (Stana Katic) di Castle. Per non parlare poi di Elementary in cui abbiamo un Watson in gonnella che non è dispiaciuto a nessuno, vuoi per la sceneggiatura, che ha saputo contestualizzare il tutto, vuoi perché Lucy Liu oltre ad esser e sempre un gran bel vedere e anche bravissima.

In tempi più recenti in campo horror ci furono i successi di Streghe e Buffy l’Ammazza vampiri (che contò una serie di spin off ragguardarveli). In American Horror Story abbiamo visto una sequela di personaggi femminili di primordine interpretati da altrettanto grandissime attrici quali Jessica Lange, Kathy Bates, Sara Poulson e Angela Basset. Ne Il trono di spade non si contano le figure femminili di spessore spesso più interessanti di quelle maschili.

Adesso possiamo citare la serie tutta al femminile Jellowjacket, con una Cristina Ricci come sempre formidabile, che ha ottenuto il plauso di Stephen King. Per non parlare di un personaggio “cazzutissimo” come Beth Dutton, interpretata da una magistrale Kelly Reilly, di Yellowstone.

Non poteva mancare, in questa lista, il telefilm Rizzoli and Isles con il bravissimo duo Angie Harmon e Sasha Alexander (oltretutto nuora della nostra Sofia Loren) che con brio, ironia e acume rendono partecipe ed empatico lo spettatore. E come ignorare The Closer e il suo spin-off Major Crimes con due grandissimi attrici come Kyra Sedgwick e Mary McDonnell. E in NCIS – Unità anticrimine abbiamo due personaggi femminili di tutto rispetto quali l’agente del Mossad Zeeva David, interpretata da Cote de Pablo, e Debby Sciuto, al secolo Pauly Perrette. Così come nelle varie serie e sezioni di CSI ci sono sempre delle donne con ruoli chiave. E non possiamo trascurare il personaggio di Olivia Benson aka Mariska Hargitay del telefilm Law&Order – Special victims unit.

Passando al grande schermo gli amanti delle arti marziali come potranno non ricordare la mitica Cynthia Rothrock che per anni tenne banco assieme a Chuck Norris e Steven Seagal. Per la fantascienza dove vogliamo mettere la mitica Ripley, alias Sigourney Weaver, di Alien e l’originale Sara Connor aka Linda Hamilton dei primi due film di Terminator. Oppure Neve Campbell nella serie Scream.

Per il mondo di carta non possiamo citare la barbara Red Sonja, che fu soggetto sia di una serie a fumetti che di un film anni 80 con Brigitte Nielsen, amata da milioni di lettori in tutto il mondo e creata da Robert E. Howard tacciato spesso di sessismo, maschilismo e razzismo.

E come dimenticare il personaggio che ha fatto innamorare sia maschietti e femminucce: Oscar François de Jarjayes, meglio nota come Lady oscar, protagonista del fortunatissimo manga e poi anime Le Rose di Versailles.

Ergo non siamo noi a cui non piacciono i personaggi femminili ma sono quelli attualmente proposti, o sarebbe meglio dire imposti, che proprio sono indigeribili. Forse le grandi produzioni dovrebbero tenere più da conto i gusti e le opinioni del pubblico, anziché demonizzarlo, poiché è il pubblico a mantenerle.

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