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L’ultimo ronin

Aggiornamento: 7 gen 2022

Le brutte notizie spesso arrivano al mattino.

D’altronde, nella fiction di avventura, i nemici attaccano alle prime luci del giorno, dopo che la notte ha fatto lavorare i suoi demoni.

Stefano di Marino (aka Stephen Gunn, aka Xavier Le Normand e molti altri ancora) le regole dell’avventura le conosceva bene e le aveva anche spiegate nei suoi saggi. è stato il Salgari del periodo a cavallo tra il XX e il XXI secolo. Come Salgari, era molto prolifico (centinaia di pubblicazioni, tra romanzi, racconti, saggi sulla narrativa, sulle arti marziali, sul cinema). Un giorno gli chiesi come facesse a scrivere così tanto. “Semplice”, mi rispose. “Scrivo tutti i giorni”.

Come Salgari, amava le ambientazioni esotiche (ma Stefano in compenso era un viaggiatore instancabile), anche se non disdegnava le ambientazioni più vicine a noi. Infine, come Salgari, era fondamentalmente ignorato dalla critica e come Salgari era maltrattato dagli editori.

Diceva sempre che in Italia, per essere uno scrittore, devi essere un guerriero. E Stefano, esperto di arti marziali e sport da combattimento (dal Judo e Karate, alla Savate e Muay Thai, al Tai Chi Chuan all’Escrima), lo era e lo è stato fino all’ultimo.

Il mio primo contatto con Stefano è stato a metà anni 90. Comprai un libro nella collana Oscar Mondadori, Guida alle arti marziali. Un manuale indispensabile per chi volesse iniziare la pratica. Poi lessi un romanzo Urania tradotto da lui, una prefazione di una storia a fumetti della Bonelli uscita in volume per le librerie, un romanzo scritto da un certo Steve DI Marino, un romanzo di Segretissimo che iniziava a Barcellona, firmato da Stephen Gunn, autore tradotto da Stefano Di Marino, e un bellissimo racconto, uscito su una rivista letteraria (negli anni 90 esistevano), sempre di Stephen Gunn e sempre tradotto da Stefano di Marino.

Un racconto struggente su un killer romantico, una storia ispirata dai film di Melville e John Woo. Infine, lessi un saggio sul cinema d’azione asiatico, stesso autore. Chi era questo questo scrittore, marzialista, saggista, traduttore, esperto di Oriente, appassionato di cinema? Sembrava condividere le mie stesse passioni, ma con un’esperienza molto superiore.

Ma dovettero passare ancora due anni prima di conoscerlo di persona: nel novembre 2003 andai a Milano alla presentazione dell’agenda FNAC, dove c’era un mio racconto. Lì ebbi la fortuna di conoscere, finalmente, Stefano Di Marino. Una persona speciale: un mese dopo affrontai una grandissima tragedia familiare e Stefano mi fu incredibilmente vicino, con la sua amicizia, la sua umanità, mi diede consigli, venne a Genova a presentare il mio primo libro. Sempre gentile, sempre disponibile. Come diceva sempre, gli scrittori in Italia, devono essere guerrieri e tra guerrieri leali (non tutti lo sono) ci si sostiene.

L’ho visto l'ultima circa un mese fa. Una serata in pizzeria organizzata da un amico comune.

L’ho visto stanco e provato. Ma parlammo di moltissime cose, tra cui uno degli ultimi suoi lavori, un saggio sui nativi americani che, come purtroppo ultimamente succede sempre più spesso, lo aveva scritto senza compenso.

Mentre scrivo, noto che i principali quotidiani stanno parlando di lui. Spero che, come Salgari, dopo la morte possa avere il giusto riconoscimento che avrebbe meritato in vita, nei suoi oltre trent’anni di avventura editoriale.

Mi vengono in mente le parole di Bruce Springsteen, da Badlands, che possono essere il giusto epitaffio:


Talk about a dream

Try to make it real

You wake up in the night

With a fear so real

You spend your life waiting

For a moment that just don't come


Addio, guerriero. Riposa nelle celesti praterie, la grande nuvola scura sta scendendo e il Professionista è stanco di combattere.

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