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Lollobrigida, Schlein e la stampa: il paradosso di essere sé stessi

Aggiornamento: 9 ago 2023

In Aprile, Moretti incalzava D’Alema esortandolo a dire qualcosa di sinistra. Non vedendo reazioni, esasperato dal suo desistere, lo invitava a dire almeno qualcosa. Anche non di sinistra. Lollobrigida lo ha fatto. Ha affermato un concetto che come esortava Moretti, prima ancora che ideologico è di civiltà, sostiene qualcosa che nei fatti è già una realtà cosa accade? Che viene linciato!

Neppure lo sforzo di un contraddittorio, si passa direttamente alla gogna. Il Ministro ha affermato un pensiero che è nella testa e nel cuore del suo elettorato, non solo, ha riaffermato una linea antitetica in contrasto con le richieste da parte dell’industria di importare forza lavoro. Una posizione quindi coraggiosa che avrebbe meritato ben altri simposi giacché investe un gran numero di sfere dell’esperienza umana, ma niente da fare, bollato come suprematista dalla Signora delle lobby, è costretto all’ennesima rettifica. La destra italiana è come quelle vetero-compagne dure e pure, quando indossano abiti sformati e dozzinali, quando si presentano con acconciature severe e senza trucco, sono sistematicamente perculate per quella sciatteria vistosa, ostentata e compiaciuta. Quando però osano una scollatura o un abito firmato, sono fatalmente esposte alla berlina per l’ipocrisia che certe scelte sottendono. Si chiede al governo di essere sé stesso ma quando lo è, paga il fatto di esserlo. Se però non agisce in linea di mandato, gli stessi che lo accusano di essere "fascio", gli rimproverano di non esserlo.Il problema è quindi in parte il cliché. Lo stereotipo che come una spada di Damocle si abbatte spietatamente. In parte è strumentale, come la metti, la metti, Meloni, Lollobrigida, Sangiuliano, La Russa, sbagliano.

Ma per chi? Certamente non per un elettorato che chiede a gran voce di ripristinare un’identità italiana riconoscibile. Perfettamente integrata nello scacchiere internazionale ma da protagonista. Un governo di destra-centro che si faccia carico di emanciparsi da quel senso d’inferiorità indotto per convenienza dal PD e precedenti declinazioni.

Il problema non è la sostituzione etnica ma l’occupazione della stampa. E a proposito di vetero-compagne, quando Boldrini vaneggiava, La Stampa, Open, La Repubblica applaudivano. Non si soffermavano sulla gravità dei contenuti, non indugiavano sul fatto che nella più pura dialettica materialista, lei collocasse sullo stesso piano, uomini, merci e capitali, applaudivano sguaiatamente. La stampa si era chiamata fuori dal suo doppio ruolo di osservatore e coscienza per divenire fan club interessato. La stampa si sottrasse al giudizio ma non l’elettorato che l’ha sfanculata senza riguardi. Ma rileggiamone il teorema: “Dobbiamo dare l’esempio completo della cultura dell’accoglienza che sia integrale. Una cultura dell’accoglienza che deve mettere tutto al centro. L’accoglienza come un nostro valore a 360 gradi e che sappia misurarsi con la sfida della globalizzazione. Quella sfida che porta con sé, com’è ovvio, anche maggiore opportunità della circolazione di persone Perché nell’era globale tutto si muove si muovono i capitali, si muovono le merci, si muovono le notizie e si muovono le persone e non solo per turismo. E i migranti oggi sono l’elemento umani, l’avanguardia della globalizzazione e ci offrono uno stile di vita che presto sarà molto diffuso per tutti noi. Loro sono l’avanguardia di uno stile di vita che sarà lo stesso per moltissimi di noi”. Parole che oggi appaiono sinistramente profetiche, no?


Il problema non è comunque nelle farneticazioni di un personaggio ridimensionato nella sua pochezza ma nella comunicazione, sia essa di massa che d’impresa o istituzionale. Sempre a proposito di comunicazione ben fatta, chiara, efficace e non fuorviante. Chi non si identificherebbe in questi due militari così rappresentativi ? Ma il problema è Lollobrigida...

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