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Manca la cultura generalista cattolica

Aggiornamento: 9 ago 2023

La cosa che impressiona è che è successo senza che a nessuno sembrasse inconsueto. Dagli affreschi di Michelangelo e gli ornamenti del Bernini si è passati come niente fudesse, a un bisbiglio quasi irreale, eppure dato per assodato.

Così, mentre il mondo liberal si prende gli spazi dell'immaginario collettivo e li plasma secondo i suoi disvalori tutt'altro che umani e i propri fini tutt'altro che nobili, la Chiesa si disinteressa di quello che per lungo tempo è stato un suo ambito. Pare quasi aver abdicato, la Sposa di Cristo, ad un concreto sostegno all'arte, rifugiandosi dietro (absit iniuria verbis) ad una sorta di auto-ghettizzazione: ogni forma artistica è realizzata al suo interno per rimanere nel piccolo circolo del cattolicesimo, ché non c'è bisogno di importunare gratuitamente chi sta fuori.

A venire ignorato è, in particolare, il settore audiovisivo, che al contrario le forze liberal adoperano come una vera e propria arma di persuasione di massa. Certo, esse avranno sì più risorse e più appeal, più penetrabilità e linguaggi più alla portata dell'uomo e della donna comune, ma comunque tutto questo arsenale è non tale da giustificare un'arrendevolezza francamente incomprensibile.

Ciò suona come un paradosso in questo periodo storico, perché tra la fine del secondo millennio e l'inizio del terzo la Chiesa ha goduto di pontefici sensibili all'arte e alla cultura. L'esempio che viene in mente di primo acchito è sicuramente Giovanni Paolo II, che prima di intraprendere la via del sacerdozio fu rinomato attore, oltre che poeta e sceneggiatore teatrale (la sua pièce La bottega dell'orefice, è diventata anche un lungometraggio).

Wojtyła, poi, proseguì il prolifico rapporto tra l'istituzione ecclesiastica e lo scultore Tommaso Gismondi, già iniziata con Paolo VI. Pontefice che, dopo appena un anno di ministero, in occasione della “Messa degli artisti” del 1964, lanciò un appello rimasto famoso: “Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. (…) Vi abbiamo fatto tribolare, perché vi abbiamo imposto come canone primo la imitazione, a voi che siete creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità. (…) Rifacciamo la pace? quest’oggi? qui? Vogliamo ritornare amici? Il Papa ridiventa ancora l’amico degli artisti?”.

Arrivando a tempi più recenti, non può infine essere marginalizzata neanche la sensibilità musicale di Benedetto XVI, derivante, come riportava il suo segretario da una cultura di hausmusik tipica della Germania di un tempo. Lo stesso Ratzinger ha inoltre offerto diverse volte catechesi sul rapporto tra arte e fede, sulla Bellezza come porta verso lo Spirito.

Approcci lodevoli, certamente, ma estemporanei, che nulla hanno mutato rispetto alla situazione vigente: nei confronti della società, in particolare quella occidentale, permane da parte della Chiesa un'ampia lacuna comunicativa di quello che è il proprio mondo, fatto di valori immarcescibili come il matrimonio, la famiglia, l'impegno per la comunità, la carità o la sacralità della vita. Va tuttavia sottolineato che, per certi versi, il pontificato di Francesco in questo senso ha smosso le acque quel tanto che basta.

La disponibilità di Bergoglio verso i media, infatti, ha portato l'attuale Vicario di Cristo ad essere protagonista del documentario Papa Francesco: Un uomo di parola, realizzato dal regista tedesco Wim Wenders e distribuito da Universal Pictures, e della serie Netflix Stories of a generation. Oltre a queste, il 5 aprile è in arrivo Faccia a faccia con papa Francesco, produzione di Disney+ che vedrà dieci giovani incontrare francesco per confrontarsi con lui.

Iniziative sicuramente importanti ma che, esattamente come quelle di Giovanni Paolo II, finiscono con l'essere una vox clamantis in deserto senza un supporto sistematico ed un'azione più o meno coordinata e continuativa. In più, nel secondo e nel terzo caso si tratta di due player quasi totalmente compromessi con l'attuale postmodernismo relativista proveniente dall'intellighenzia anglosassone più revisionista e ignorante.

In ambito cattolico, come si diceva, la risposta è assai flebile. La Dominus Production di Federica Picchi compie un'opera di divulgazione importantissima (si pensi ad esempio al film Unplanned, che per due anni ha riempito le sale in tutta Italia), così come rilevanti sono stati il catalogo della piattaforma Vativision, da circa un anno finito su Chili, e l'apporto di una casa di produzione come la bergamasca Officine della Comunicazione.

Oltre a questi esempi, nient'altro che salti all'occhio. E non solo in Italia, si badi bene: anche all'estero sembrano emergere pochi altri casi, tra i quali è bene citare come la belga Signis o le statunitensi Blackstone Films e Catholic Movies.

Se il cattolicesimo intende adempiere completamente al mandato di Cristo (“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura ”, Mt 16, 15) è tenuto dunque anche a riappropriarsi di un discorso artistico e culturale generalista. Occorre che la Chiesa proponga un proprio immaginario collettivo che rappresenti un contrappeso, o quantomeno un'alternativa desiderabile, a quanto viene offerto sui nostri schermi oggi.

Ciò però può avvenire solo se si sostengono registi, compositori, pittori, sceneggiatori, musicisti, scultori e autori vari nella realizzazione di opere che raccontino la Spiritualità e il Divino che il mondo largamente ateo e materialista sta incessantemente provando a tacitare. La buona battaglia di cui parlava San Paolo si combatte anche così.

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