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Milan Kundera, la leggerezza nell’addio

Aggiornamento: 14 lug 2023

Milan Kundera si è spento a quasi cento anni, ha vissuto tanto, tantissimo ma soprattutto ha vissuto in modo pieno. Un’esistenza avventurosa, da romanzo, Kundera potrebbe essere emerso da uno dei suoi tanti capolavori per portare eleganza, bellezza, ironia, concentrati in uno stile inimitabile. Pochi autori del '900 hanno segnato il loro tempo come Milan Kundera. Pochissimi hanno saputo elevare la letteratura fino a essere una cosa viva. Ha inventato la scrittura “visiva”, quasi cinematografica, vi ha aggiunto un fatalismo elegante e aristocratico, ha dato rappresentazione di alcune delle più belle e affascinanti storie sentimentali del ‘900. Un intimismo che ben si compenetra con l’atmosfera rarefatta da Mitteleuropa della sua decadente Boemia dietro la Cortina di Ferro. Kundera non era comunista. Non avrebbe potuto esserlo. Il comunismo gli era stato imposto dopo la Seconda Guerra Mondiale e poi gli era entrato in casa sospinto dai carri armati. Lui aveva già 40 anni ma non avrebbe potuto esserlo come non poteva esserlo Bulgakov. Kundera è stato un esteta ineffabile, un dandy della forma scritta, decadente e sognatore. Noi, nella nostra ristrettezza di pensiero troviamo necessario l’incasellare uomini e idee all’interno di convenzioni ideologiche ma uno come lui non è classificabile. Kundera è stato e sarà sempre e solo Milan Kundera, asceso alla gloria per L’Insostenibile leggerezza dell’essere, splendido e dolente spaccato di quattro amori impossibili e inconciliabili con le proprie nature. Romanzo di culto capace di influenzare l’immaginario per un decennio, ha goduto di una trasposizione cinematografica, seppure non perfetta con Daniel Day Lewis e Juliette Binoche. Non solo, suggerì ad Antonello Venditti, che negli anni’80 abbandonò la cifra ampollosa del cantautorato d’ impegno per vestirsi di pop, il brano, Quella insostenibile leggerezza dell’essere.

Immergersi in un romanzo di Kundera è come essere avvolti da una cappa atemporale, si è proiettati in un universo demodé costituito da vasche termali, caffè e camere da letto ma soprattutto, abitato da donne che sono la quint’essenza della femminilità. In tutto ciò, Kundera potrebbe sembrare, oggi, fuori tempo. Un autore analogico per un’epoca in cui le misure dell’esistenza non erano espresse in megabyte. L’Insostenibile è il suo titolo più celebre ma l’instancabile attività letteraria e la scintillante verve creativa lo hanno condotto verso una vena inesauribile di pepite d’oro. Ne scegliamo due: Amori Ridicoli e Il Valzer degli Addii.

Due volumi particolarmente cari allo scrivente. Amori Ridicoli è una raccolta di racconti che si fanno leggere tutto d’un fiato. Storie brevi per vicende in qualche modo paradigmatiche condite di humor nero, atmosfere grottesche, personaggi umanamente imperfetti e per questo irresistibili. Una gamma infinita che va dall’idealismo più nobile alle pulsioni più basse, veleggiando senza meta tra la contemplazione dell’amore di Petrarca e la sensualità carnale delle visioni boccaccesche. Scritto in punta di penna, Amori Ridicoli scava in profondità con la leggerezza di una piuma. Della medesima leggerezza è definito Il Valzer degli Addii, delizioso romanzo organizzato sull’unità di tempo (è strutturato su cinque giornate) e spazio. In una località termale s’incrociano i destini di otto personaggi assai differenti per esistenze, professioni e nazionalità, in bilico tra dramma e farsa.

Gli impianti narrativi di Milan Kundera sono corali, poggiano su un gran numero di personaggi che questo immenso autore muove sapientemente come un valido regista dirige gli attori. Kundera mette in scena finzioni che col registro della leggerezza restituiscono il dramma del fare i conti con l’esistenza. Ma come recita la didascalia in quarta di copertina, una leggerezza blasfema che ci fa capire come il mondo moderno ci abbia sottratto anche il diritto alla tragedia.

Rileggere i suoi libri è come ritornare un po’ a sé stessi. Chi scrive ha riassaporato Amori Ridicoli un paio d’anni fa, dopo una prima lettura risalente al 1988, il piacere di ritrovare quella prosa raffinata eppure asciutta è rimasto inalterato, ma unito alla presa di coscienza dell’assenza di quel sentimentalismo a buon mercato che è la matrice della narrazione di questa epoca. Leggere un autore come Kundera, specie se retroattivamente, ricolloca i punti cardinali della morale nelle coordinate corrette. Se non avete ancora letto un Kundera, approfittate delle vacanze estive, è una piacevolissima compagnia sotto l’ombrellone. Ma meglio ancora, attendete una di quelle indolenti domeniche autunnali e abbracciati alla persona di cui siete innamorati, lasciatevi sedurre dalla lettura leggendo una riga ciascuno.

Quanto a Milan Kundera, starà lassù dissertando di bellezze femminili con Hemingway e Bukowski. A tre autori sublimi come loro non possono che essere state spalancate le porte del Paradiso.

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