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Terminator e Giulietta: ripensamenti senili e neo puritanesimo. Hollywood si estingue

James Cameron fa sapere che oggi non girebbe Terminator perché è un’ode alle armi. Quindi per lo stesso motivo dovrebbe depennare anche il suo Alien che è un’autentica fiera campionaria, ricca e raggiante nel suo sfavillare di metallo pesante. Dunque, Cameron che appartiene a pieno titolo e con assoluto merito alla tradizione dei registi reazionari, si pente. Non si riconosce più come colonna di quella corposa e orgogliosa galleria di cineasti dediti alla legge del taglione che include Cimino, Pekinpah, Eastwood, Sturges, Milius, Carpenter, Aldrich. Posto che nessuno rimane imperturbabile ai cambiamenti, che nessuno è inalteratamente uguale a sé stesso, cosa è scattato nel regista che in Terminator 2 faceva dire a John Connor” ti piace è?” rivolgendosi al T-800 rigenerato mentre entrano in un arsenale con ogni bendidio in fatto di armi? “Se ripenso ad alcuni film che ho fatto, non so se vorrei girare Terminator adesso. Non so se vorrei glorificare le armi, come ho fatto in un paio di film di Terminator più di 30 anni fa, nel nostro mondo attuale. Quello che sta succedendo con le armi nella nostra società mi fa venire il voltastomaco.”

Cameron, che ha 68 anni non dovrebbe avere difficoltà a separare la finzione cinematografica dalla realtà. Non c’è alcun nesso tra un androide corazzato e inarrestabile e ciò che avviene per le strade di Los Angeles o di Napoli o Bogotà e Johannesburg. Ma se è così affranto e pensa che ci possa essere un’effettiva correlazione anche solo sotto forma di sottointesa approvazione, allora forse potrebbe sbarazzarsi dei proventi derivanti dalla saga. Sarebbe quanto di più emblematico per mettere una distanza netta e senza fraintendimenti tra quel James Cameron e l’attuale. Le prime avvisaglie della folgorazione sulla via di Damasco, o meglio, sulla rotta per gli Studios si sono percepite nel terribile Destino oscuro in cui per ribadire quanto il girl power se la comandi, mette insieme tre scappate di casa capitanate da una Sarah Connor incartapecorita, credibile quanto Cecchi Paone quando celebra la pasta con le larve o Madame quando dice di essere stata confusa dopo aver taroccato il green pass ma non quanto Soumahoro quando piange in diretta. E siccome l’espiazione passa attraverso la mortificazione, fa stirare le zampe al povero John in un modo talmente sciatto dal vanificare tutto il phatos dei primi due capitoli. Se ormai ci stiamo abituando alle intemperanze dialettiche della ex Marvel-bona, parliamo di Scarlett Johansson, la querela da mezzo miliardo di dollari intentata dalla ex diva da Zeffirelli ci prende in contropiede. Mossa pubblicitaria a cavallo della tigre del politicamente corretto?

Mossa della disperazione per ritornare in copertina? Posto che all’epoca Olivia Hussey aveva 17 anni e non 15 come hanno disinvoltamente riportato i giornali e chiarito che era comunque minorenne, non è chiaro quando avrebbe subito gli sbandierati traumi sessuali se proprio leiin un'intervista del 2018 con Variety, aveva difeso la scena del nudo. "Nessuno della mia età l'aveva mai fatto prima", aggiungendo che Zeffirelli l’aveva girata con gusto. "Era necessario per il film”. Ma già a suo tempo quando le fu proibita la visione a causa della scena da lei interpretata, commentò come fosse possibile che non potesse vedere qualcosa che “vedo nello specchio ogni giorno”. Non fosse sufficiente, a far alzare un sospettoso sopracciglio ai più maliziosi ci pensa la seconda collaborazione con Zeffirelli. Nove anni dopo avrebbe lavorato di nuovo con lui in Gesù di Nazareth, regista evidentemente nelle sue grazie ma che ora infanga sostenendo che l’avrebbe raggirata. Nove anni non sono un periodo sufficientemente lungo per maturare dei ripensamenti? D’accordo si potrà sostenere che una donna denuncia quando se la sente e che se non l’ha fatto prima avrà scelto di evitare per non rischiare ripercussioni professionali. È giusto? Pensiamo di no. O meglio, un’attrice è libera di opporsi. Se lo fa, potrebbe finire dietro la cassa di un supermercato ma è rimasta fedele alla sua virtù. Se non lo fa, prevale il pragmatismo sul principio. Va bene lo stesso ma allora il tornarci sopra quando è precipitata nella più assoluta irrilevanza professionale, fa pensare male. Parlarne ora è cristallino. Perfetto. Anche troppo. È il delitto perfetto. Zeffirelli non può replicare e come ci ricordano i puntuali casi di Scarlett Johansson e James Cameron, il vento da neo puritanesimo corredato da denunce e abiure a posteriori soffia in poppa.

Olivia Hussey ha scritto innegabilmente pagine importanti della storia del cinema e della tv, poteva fare un dono a séstessa congedandosi con un’uscita di scena che non ne offuscasse la carriera ma contenta lei, quello che rimane a noi spettatori è l’evidenza di una deriva che non accenna a placarsi a dispetto dei risultati mediocri che produce tra botteghino e gradimento. A chi giova? La Hussey ne ricaverà qualcosa se troverà un giudice ideologicamente fulminato che le andrà incontro, ma la Johanson? Dopo aver giocato sulle sue forme sinuose da pin up per una ventina d’anni da cosa vuole emanciparsi, dal suo corpo? Ne avrà discusso con Allen o il prossimo passo prevede una citazione pure per lui? L’occidente a guida USA-Dem  si sta dimostrando fragile. Culturalmente ed economicamente aggredito dal rampantismo sino islamico e fiaccato da sottoculture pol corr, woke, BLM, Lgtbq+, cancel culture, provax, gender fluid e attivisti climatici, brancola nel buio e quando uno non vede oltre il suo naso, in genere si stampa contro un muro.

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