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Facebook, green pass, Mc Luhan e l’aggressiva virulenza del "giusto"

Non sono un immunologo, un virologo, un chimico o un biologo. E neppure un dentista. Dovrei aver messo dentro tutte le specializzazioni e pure qualcuna in più. Però sono un esperto di comunicazione. Sia essa di massa, d’impresa o istituzionale. Come tale sono affascinato dai fenomeni che vi orbitano intorno. Li studio e ne analizzo origine, cause ed effetti. Indipendentemente dalla loro portata. Giorni fa ha preso a girare un testo viralmente. Un testo "giusto". Adatto cioè al medium. Generico. Impreciso ma convincente. Immediato. E altrettanto immediatamente rimbalza da profilo a profilo meglio di una pallina da flipper. L’autore può congratularsi con sé stesso. O col committente. Eh sì! Perché è praticamente impossibile rintracciarne l’origine. Dal fabbro di quartiere al viral manager di una multinazionale farmaceutica agli uffici di comunicazione istituzionali, chiunque può averlo redatto. I suoi punti di forza sono una certa approssimazione e l’anonimato. Fattori vincenti per certificarne la "sincerità" e favorirne la presa rapida. Quelli che dovrebbero essere elementi di scetticismo, nella logica virale del social network diventano per ribaltamento, punti di forza, chi lo ha composto ha dato un taglio ben preciso e comunque, volutamente o meno, è un bene che lo sia. Anche e soprattutto perché è mirato. In che senso? Cavalca la tigre. Se l’effetto sincerità è garantito, lo è altrettanto l’altro, quello sotteso. Quello bellicoso. Chi si schiaffa il sacro testo (il target) sul profilo spara un metaforico schiaffo agli altri. Agli indecisi, agli scettici. Che improvvisamente diventano gli untori. Gli egoisti. Tutte formidabili etichette da scoccare come dardi trincerati dietro al computer. La polemica s’infiamma. Le parti si arroccano. Qualcuno cede. Altri s’inorgogliscono.

Dunque per la logica dell’ "a ognuno il suo" il post in cui ne trattavo non s’avventurava nei meandri del contenuto se non da un punto di vista della tecnica di comunicazione. Analisi che posso ritenere obiettiva se è vero che è stata apprezzata tanto da persone che il vaccino non intendono farlo quanto da altri che invece si sono vaccinati. Facendo il verso all’accattivante attacco della formuletta: tutto chiaro fino a qui? Evidentemente alla stragrande maggioranza, sì. Ma l’eccezione c’è sempre. È abbastanza tardi quando il genio di turno attacca con la consueta sparata. Se ne frega del senso del post, lui che non ho idea di cosa faccia ma di certo non è un rappresentante delle categorie citate all’inizio, dentista compreso DEVE farlo perché come dirà o farneticherà, nel suo piccolo ha il dovere d’intervenire. E quindi giù con gli insulti. Provo a chiarirgli che il post non riguarda la contrapposizione vaccino, sì - vaccino, no. Per lui il sottoscritto e chiunque abbia interagito sono una manica di settari che cospirano (su una bacheca pubblica)… poi precisa che scrive dalla stanza d’ospedale dove assiste il figlio. A me ‘sta cosa mi ha raggelato! Mi sono immedesimato. Mio figlio è ricoverato e io trovo tempo, voglia e concentrazione per vomitare una pioggia di messaggi. Ne arrivano a raffica. M’incazzo. Lo avevo invitato al ragionamento ma prende me e tutti coloro che hanno partecipato alla discussione o semplicemente condividono le argomentazioni del post, per dei deficienti, egoisti irresponsabili. E questo pur sottolineando che molti SONO VACCINATI! Lo insulto a mia volta per almeno due ragioni:

1) la “virulenza del giusto” non è più tollerabile.

2) perché per strada, al bar, in palestra o dove accidenti vi pare, le strafottenze, gli insulti, le frasi d’odio non le pronuncereste. Forse per vergogna, forse per vigliaccheria.

Il livello di conflittualità che da giorni, da quando cioè, Macron ha creato il precedente, è prossimo a quello di guardia. La cosa lascia comunque un certo margine di serenità visto che il terreno del conflitto è il social network ma le scorie sono reali. Se il consenso si cavalca attraverso un post anonimo e imperfetto significa che ci stiamo adattando al peggio. Una nuova forma di analfabetismo intellettuale per il quale qualsiasi cosa sia aderente alla convinzione personale è credibile a priori. Un testo del genere se non è fuorviante e ingannevole, è quanto meno impreciso e malizioso ma viene rilanciato infinite volte. Il che è un passo deciso verso l’accettazione passiva.

La domanda è semplice, il testo è al vostro servizio o voi siete al suo? Il medium è il messaggio, teorizzava oltre sessanta anni fa, Mc Luhan. Un enunciato pensato per la tv ma universale nel suo significato. In sostanza il "lo ha detto la televisione" è soppiantato da "lo dice Facebook". Ma la resa è se possibile esponenzialmente più forte perché ad amplificarlo sono gli stessi utenti.

Tornando al nostro caso che prendo per paradigmatico di una deriva insana e insensata, ho scelto di bloccarlo il personaggio, una cosa che non faccio mai. L’ho fatto perché alla mia età non posso farmi tirare dentro questa forma di aggressiva mitomania. L’ho fatto per non mortificare la mia reputazione scendendo a un livello di bassezza nel quale quelli come questo signore sono evidentemente a loro agio e vincerebbero per esperienza. Ma l’ho fatto anche perché dopo un certo numero d’insulti ci sono solo gli schiaffi. E quelli che in extrema ratio mi partono, metaforicamente o non, (soprattutto non), meritano migliori cause.

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